Airbus, gli enigmi e i complottisti

di Maurizio de Giovanni
Domenica 29 Marzo 2015, 23:02 - Ultimo agg. 23:15
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C’è di tutto. Veramente di tutto. La tragedia del volo Germanwings 9525 è, mediaticamente, un macigno gettato in una pentola ribollente e di per sé sempre pronta a esplodere. A farsi un giretto sulla rete si scopre che l’intera tribuna virtuale degli spettatori - ascoltatori - inventori - attori in perenne e insonne agguato per pescare e rivendere qualche pruriginoso retroscena si è messa prontamente in azione, sparando fesserie ad altissimo volume nella piena e solida consapevolezza che qualcuno, e magari molti, se ne staranno a bocca aperta davanti al display, indice sulla rotellina di scorrimento, per recepire qualche maniera di incrinare le proprie convinzioni.



La migliore che abbiamo trovato (ma confessiamo di esserci presto annoiati di andare a pesca) è questa: mettiamo, dice il sito whatdoesitmean.com (letteralmente: chesignifica), che stamattina il presidente Obama si sia svegliato molto arrabbiato. Perché, ipotizza il sito, il capo degli States non ha digerito il fatto che il volo tedesco in viaggio dalla Spagna sia stato abbattuto durante una manovra militare Nato basata su una nuova tecnologia laser. Una banale esercitazione, insomma, atta a rafforzare la sicurezza occidentale contro la rinascente velleità della Russia putiniana di riguadagnare una leadership mondiale perduta dai tempi della guerra fredda.



Un bel duello che si sposta dalla Baia dei Porci ai cieli svizzeri, e dalle profondità sottomarine ai cieli azzurri. Vedrete, dice l’anonimo redattore: verrà fuori che si tratta di una semplice spy story internazionale, con celate premesse e nascosti sviluppi: non crederete a queste fesserie paraufficiali che cercano di propinarvi, no? Pensate forse che una cosa come l’abbattimento di un volo di linea sia riferibile a un’ovvietà come un copilota depresso e ipovedente? E molti sono gli elementi a supporto della tesi complottista: i frammenti sono sparsi su un’area molto vasta, e sul fianco della montagna manca un buco che testimoni l’impatto frontale (come se la roccia, ancorché svizzera, fosse fatta di formaggio emmenthal pronto a forarsi facilmente, e come se una scoscesa parete e uno scontro a ottocento chilometri l’ora consenta una localizzazione fisica e una bassa frammentazione di una fusoliera cava). Da questi elementi si evince con chiarezza, afferma il complottista, che l’aeromobile è esploso in volo, ben prima di impattare con la montagna. E che quindi è in corso, a cura dei servizi segreti, una gigantesca operazione di insabbiamento, con alterazione delle cartelle cliniche e con la costruzione di un’identità sofferente e alterata dal punto di vista psicologico del povero Lubitz, il capro espiatorio individuato per l’occasione.



E d’altra parte, la strumentazione di volo è ormai tale che sarebbe stato possibile per gli organismi di controllo a terra portare tranquillamente al suolo l’aeromobile senza conseguenze per i passeggeri, ove si fosse rilevata l’anomalia ed essa fosse durata per il tempo che è stato definito da una delle due scatole nere; opportunamente contraffatta, peraltro, mentre la seconda non è stata ancora individuata. Ma state tranquilli, conclude l’onnisciente redattore: se anche fosse ritrovato questo secondo strumento di registrazione, sarà facile per i servizi segreti procedere all’alterazione anche di esso, predisponendo il generale quadro di insabbiamento che peraltro è già in corso di definizione.



Immaginiamo il gran numero di persone che in queste ore combattono contro l’incredulità e il dolore di una perdita troppo grande da sopportare. Ne percepiamo quasi la fragilità, la cieca furia, il desiderio irresistibile di trovare qualcuno che non sia perito nello stesso incidente al quale dare la colpa di quanto è successo; magari un individuo seduto nell’ombra dietro a una segreta scrivania, al quale riferire la responsabilità dello schianto che ha spento il sorriso dei propri cari e che perseguiterà per sempre i sogni e i pensieri di chi è rimasto.



È questo che è veramente atroce, la colpa imperdonabile di chi tesse queste romanzesche teorie: offrire un appiglio disperato e folle alla sofferenza altrui. L’informazione, su rete e su carta stampata (atroce il titolo di un Giornale italiano, perdutosi nella ricerca di un agghiacciante umorismo fuori luogo), è un congegno estremamente pericoloso. Ci si augurerebbe maggiori consapevolezza e cura nel maneggiare uno strumento che può ottenebrare le anime sofferenti di chi combatte per non impazzire di dolore. Nessun complotto, nessun servizio segreto: solo l’ultimo volo impazzito di una mente fragile. Un po’ di rispetto per il dolore che la follia disperata di Lubitz ha lasciato dietro di sé.