«L’Eav non può fallire, via chi rema contro»

di Paolo Mainiero
Martedì 28 Luglio 2015, 23:36 - Ultimo agg. 23:50
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Presidente, è seduto su una polveriera?



«Non sono così ingenuo da non sapere cosa mi aspetta. Ma è una sfida che mi stimola».



Umberto De Gregorio è pronto a rimboccarsi le maniche. La holding dei trasporti resta un grande malato ma il nuovo presidente dell’Eav è già al lavoro. Con lui, nel Cda, siedono l’ingegnere Maria Teresa Di Mattia, dirigente dell’Acam, e Ruggiero Bartocci, dirigente della Regione.



Treni in ritardo, corse soppresse, evasione da capogiro: lo sfascio dei trasporti è sotto gli occhi di tutti. Di chi sono le responsabilità, mica solo di chi ha governato negli ultimi cinque anni?



«Nei trasporti serve una discontinuità politica con gli ultimi dieci anni. C’è stato un periodo in cui la qualità dei servizi era migliore ma c’era uno scarso controllo della spesa. Poi, c’è stato un graduale peggioramento del servizio con un tentativo di contenimento dei costi».





Perchè parla di tentativo? L’obiettivo non è stato centrato?



«Il risultato è stato sicuramente insoddisfacente perchè non c’è stato un equilibrio tra qualità del servizio e qualità della spesa. Tuttavia, credo anche che affianco alla discontinuità politica vada fatto un ragionamento di continuità amministrativa. Non possiamo buttare a mare tutto quanto è stato fatto solo perchè si è aperta una nuova stagione politica. In una realtà così complessa quale è l’Eav non si può partire da zero».



Da dove partire, dunque?



«Da chi in Eav ci lavora. Ci sono 19 dirigenti e 2.300 dipendenti e dobbiamo innanzitutto puntare sulla motivazione del personale e sul senso di appartenenza all’azienda. Chi lavora, chi fa il proprio dovere, deve sapere che sarà premiato; al contrario, chi rema contro va messo con fermezza di fronte alle proprie responsabilità. Efficienza e incentivi saranno le basi su cui ricostruire il senso di dignità dell’azienda».



Però è anche difficile eliminare vecchie incrostazioni. Pensa di riuscirci?



«Con i sindacati avvieremo una ragionamento molto serio e aperto. Ci sono frange, le più numerose, disponibili al confronto di merito; ce ne sono altre, per fortuna più piccole, che lavorano allo sfascio. Con queste ultime non può esserci dialogo».



I passeggeri sono imbufaliti, ormai viaggiare è un’avventura.



«Siamo consapevoli dei disagi e per questo immagino anche una precisa strategia di comunicazione. Ci giochiamo una battaglia importante, decisiva, ovvero come ricucire il rapporto di fiducia tra l’azienda e gli utenti. L’azienda va vissuta come patrimonio dei cittadini che devono sentirsi i veri azionisti».



In verità i cittadini chiedono innanzitutto che i treni arrivino e partano in orario.



«Nei mesi scorsi è già stata avviata un’azione di recupero dei convogli e entro diciotto mesi si avrà un parco treni più efficace. Tuttavia, per onestà e chiarezza, vorrei anche aggiungere che chi si aspetta che il cambio ai vertici dell’Eav determinerà un miracolo rimarrà deluso. Non vendiamo fumo, riteniamo che un progetto serio che ci porti fuori dalla crisi richieda un arco di tempo tra i due e i tre anni».





L’Eav nell’immaginario collettivo è sempre stato considerato un carrozzone, eppure negli ultimi cinque anni sono state eliminate tante spese inutili e sono stati ridotti molti costi. La stessa fusione delle quattro società su ferro ha comportato un notevole risparmio. Dove pensa di poter intervenire?





«Da subito ci attiveremo per colpire sprechi e inefficienze e in autunno metteremo mano alla riorganizzazione dell’organigramma. Tra le iniziative immediate pensiamo invece a una convenzione con la Federico II per ridurre drasticamente le consulenze legali».



Tra le scelte (contestate) della giunta Caldoro c’è stata quella di abolire Unico a favore del biglietto aziendale. È immaginabile una marcia indietro?



«Sono convinto che abolire il biglietto Unico sia stato un errore e sono convinto che si debba tornare a quella formula, magari con nuove forme e sempre guardando con attenzione ai conti».



E con l’evasione come la mettiamo? Sa che più del cinquanta per cento dei viaggiatori non paga il biglietto?



«La questione è complessa e non riguarda solo l’Eav e la Campania, anzi le cronache di queste giorni ci dicono che Roma è messa peggio di noi. Ma non è un alibi. È chiaro che anche su questo punto serve uno sforzo da parte di tutti. Quando dico che i cittadini devono sentirsi i primi azionisti dell’Eav voglio dire che devono acquisire la consapevolezza che il trasporto è un bene comune. Nella lotta all’evasione e al vandalismo gli utenti devono essere protagonisti anche perchè è impossibile e impensabile che in ogni carrozza possano esserci polizia e carabinieri».



Subito dopo la nomina ha parlato di rischio fallimento. L’azienda è messa davvero così male?





«Al 31 dicembre 2012 l’Eav aveva un debito di 800 milioni che per effetto del piano di rientro è stato ridotto a 500 milioni che vanno pagati entro il 31 dicembre 2016. C’è la disponibilità dello Stato a finanziare il debito pregresso ma a condizione che si metta l’azienda in sicurezza. È una grande sfida per avere, dal 2017, un’azienda sana, efficiente, appetibile sul mercato».



La liberalizzazione resta un obiettivo anche per questa amministrazione?



«De Luca o De Gregorio possono avere la loro posizione personale ma qui ci muoviamo nell’ambito di una direttiva europea. Non si tratta di privatizzare ma di gestire un’azienda che eroga un servizio pubblico con criteri di logica aziendale. E non è detto che alla gara possa partecipare anche un soggetto pubblico».





Nel cda dell’Eav sono state indicate due figure

interne all’amministrazione regionale. Perchè?




«Intanto per una questione di costi: sia la Di Mattia che Bartocci vi siedono a titolo gratuito.
C’è poi una questione politica: la Regione non deve essere più controparte dell’Eav ma deve lavorare in stretto contatto con l’azienda. L’Eav vanta un credito di 500 milioni con la Regione e non è possibile che debba adire le vie legali per ottenere i soldi. Anche su questo punto in dodici mesi va fatta un’operazione verità: l’Eav non deve fallire e nemmeno sopravvivere: deve vivere e vivere bene».