«Bindi dice bugie, ha fatto tutto da sola»

di Elena Romanazzi
Venerdì 29 Maggio 2015, 23:20 - Ultimo agg. 23:40
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Come vadano a finire le elezioni importa fino ad un certo punto, perché questa «è comunque una pagina nera per le istituzioni». Marco Di Lello, presidente dei deputati socialisti e segretario della commissione Antimafia è amareggiato per non dire furibondo. «In discussione non è il principio, sul quale non c’è nulla da dire, ma il metodo utilizzato nelle ultime 48 ore è inaccettabile, perché sono state inserite candidati che in realtà sono presentabili».



Per quale ragione?



«Il presidente Bindi ha deciso tutto da sola, insieme con i suoi consulenti e funzionari senza coinvolgere nè l’ufficio di Presidenza nè la commissione plenaria».





Si è voluta assumere tutte le sue responsabilità?



«Se così fosse sarebbe un bel gesto, ma così non è. Perché in realtà non ha voluto dire nulla, nè anticipare a noi i nomi, semplicemente perché temeva una fuga di notizie, non si è fidata di nessuno. Questo è il punto».



Un colpo a sorpresa. Si è alla resa dei conti nel Pd? La guerra tra correnti?



«Se si utilizzano per altri fini le istituzioni, resto senza parole. Non lo voglio neanche immaginare. Anche se leggendo le critiche inizio a nutrire dei dubbi, questa ipotesi potrebbe avere un fondamento».





Torniamo ai nomi. La Bindi sostiene di non aver deciso in solitudine e di aver coinvolto tutti. Una precisazione indirizzata direttamente a lei.



«Al presidente Bindi, cattolica fervente, rammento che dire bugie è peccato. E di peccati ne ha commessi più d’uno in una giornata perché l’elenco lo ribadisco e sono pronto ad un pubblico confronto ci è stato fornito, pronto e chiuso, senza la possibilità di effettuare ulteriori verifiche, due minuti prima dell’inizio della conferenza stampa».





Segretario Di Lello, se avesse avuto prima la lista cosa avrebbe cambiato?



«Avendo qualche esperienza giuridica avrei fatto notare alla Bindi che c’era qualcosa che non andava».





Un esempio?



«È tutto inserito in un verbale. L’inclusione nella lista di candidati nel frattempo assolti, il cui reato è stato prescritto, è stata una decisione del tutto arbitraria».



Ma i suoi colleghi di fronte a questo tsunami come hanno reagito?



«Il centrodestra rispetto alla prospettiva di poter gettare un po’ di fango ha deciso, invece, di mettersi sotto i piedi i loro principi garantisti, spronando la Bindi ad andare avanti».





È la prima volta che si applica il codice di autoregolamentazione approvato da tutti i partiti e che coinvolge nel controllo la Commissione. Cosa prevede?



«I partiti si impegnano a non presentare e a sostenere come candidati persone rinviate a giudizio e condannate in primo grado per delitti di mafia, stupefacenti, estorsioni, voto di scambio, concussione, riciclaggio, traffico e rifiuti. E l’Antimafia ha il compito di verificare che la composizione delle liste corrisponda a questi criteri».



Scusi Di Lello m come si è arrivati a completare la verifica a due giorni dal voto?



«Il primo ufficio di presidenza è stato convocato da Fava il 6-7 maggio. Poi è stato rinviato al 13. C’è stata poi una successiva riunione durante la quale è deciso di chiedere alle prefetture di effettuare le verifiche. C’è il primo intoppo: non esiste una banca dati con i carichi pendenti nazionali. E dunque un candidato può risultare senza macchia in una città e con un carico pendente da un’altra parte. Vengono inviati i 4mila nomi alla procura nazionale antimafia. I controlli sono lunghi. Si arriva al 26 e ci viene comunicato che non tutti le verifiche sono stati ultimate. Mancano i dati proprio della Campania. E si rinvia il pacchetto ad oggi dopo una lunga discussione, perché non fornire i nomi poteva dare l’impressione che c’era la volontà di nascondere qualcosa».





Così si è arrivati a oggi (ieri ndr)....



«Bindi ci convoca, non c’è discussione, distribuisce la relazione con i nomi e scende in conferenza stampa, e la lista l’ha fatta da sola con i suoi consulenti».



Il caos.



«Peggio. Essere arrivati all’ultimo giorno vuol dire che gli sforzi che in tutto questo lavoro qualcosa non ha funzionato. Se ci sono dei responsabili questi devono pagare».



Scusi, si riferisce alla Bindi? Chiede le sue dimissioni?



«Se il pasticcio è suo, si deve dimettere».



Crede che la scelta del presidente Bindi di agire in solitaria sia dettata da qualche pressione politica?



«Mi rifiuto di pensare che si sia trattato di una scelta dolosa o colposa... Ma io voglio conoscere i responsabili di tutto ciò».



Previsioni per domenica?



«Lasciamo perdere, si è spianata la strada all’astensionismo».