Clan e signori delle tessere: bufera Pd a Ercolano

Clan e signori delle tessere: bufera Pd a Ercolano
di Francesco Vastarella
Sabato 31 Gennaio 2015, 23:41 - Ultimo agg. 23:45
4 Minuti di Lettura
Lo chiamavano modello Ercolano. Almeno fino a quando sul tesseramento Pd è calata l’ombra delle infiltrazioni di esponenti della camorra. Eppure, qui c’era e c’è l’associazione antiracket più agguerrita della provincia. C’era e c’è Radio Siani, l’emittente che porta il nome del giornalista del Mattino ucciso per ordine dei boss. A Ercolano i clan del pizzo hanno ceduto dinanzi all’offensiva delle denunce dei commercianti: cosche sgominate, boss in galera, reduci allo sbando. Dietro la trincea della legalità nel corso degli ultimi dieci-quindici anni si sono trovati a combattere insieme cittadini, commercianti, politici, forze dell’ordine, magistratura. Alle corde i personaggi più temuti dei Birra, Ascione, Borragine, Sannino, Zena, Papale.



Una lotta all’illegalità condotta dal basso e dall’alto, un esempio a livello nazionale. Luisa Bossa, senatrice Pd, oggi autorevole esponente della commissione antimafia, è stata sindaco di Ercolano. La seguì un ex Napolitano boys, Nino Daniele, oggi assessore a Napoli ma ancora a Ercolano a capo della associazione anti-pizzo. Il magnate statunitense Packard ha investito qui, nella città degli scavi e del futuro museo che dovrebbe disegnare il senatore a vita Renzo Piano. Sono un ricordo i cento morti ammazzati di qualche anno fa e la testa di maiale mozzata sull’auto di un tecnico comunale addetto alla lotta all’abusivismo edilizio.



Ma che fine ha fatto il modello Ercolano? Oscurato per sempre dalle ombre sulle tessere Pd? Sconfitti dalle denunce e dai processi, i clan sembrano rientrati dalla porta nella vita sociale, addirittura in politica con adesioni al Pd in vista delle primarie. Tessere quadruplicate dal 2013 al 2014. Gli elenchi finiti nella mani dei carabinieri che spulciano tra i nomi alla ricerca di contatti, frequentazioni, legami di sangue e non, parentele con personaggi sospetti. Il tutto cominciato con una ridda di lettere anonime e poi con segnalazioni circostanziate del segretario del circolo democrat, Antonio Liberti. E poi ci sono gli aspiranti alla nomination di sindaco: l’uscente Vincenzo Strazzullo, il suo vice Antonello Cozzolino, e ancora Gennaro Sulipano e Ciro Bonajuto.

A giudicare dai numeri ci sarebbe stata una gran folla qui in via Quattro Novembre, la sede dei democrat a due passi dal Mav, il Museo archeologico virtuale,e dalla monumentale entrata degli scavi archeologici. Non lontano il Comune, con il sindaco da rinnovare in vista delle amministrative di primavera. «Erano 300 nel 2013 i tesserati - racconta il segretario Pd di Ercolano, il commercialista Antonio Liberti -. Dal 23 settembre a dicembre 2014 le richieste di adesione sono passate a 600, il doppio. Poi, il balzo, dopo l’Immacolata altre 400 richieste. La sera prima della chiusura, altre 200 adesioni. Totale 1.200». Sul numero s’è accesso lo scontro, si sono moltiplicati i veleni.



«Non sul numero ma su quei venti o trenta nomi sospetti - attacca Ciro Buonajuto, avvocato civilista, in lizza per le primarie dell’8 marzo -. Nomi troppo simili a quelli al 41 bis, che rievocano i giorni del terrore a Ercolano. Come non mettersi in allerta dinanzi a tutto questo?. I sospetti vanno chiariti». Buonajuto è componente della direzione nazionale del Pd, molto vicino alle posizioni del ministro Maria Elena Boschi e dunque al premier Matteo Renzi. Buonajuto è nipote del presidente della Corte di Appello di Napoli, nipote di un ex sindaco di Ercolano ucciso nel 1985. «Ho informato il ministro Boschi e la direzione nazionale del partito - dichiara Buonajuto -. Ho ricevuto due lettere di minacce. Non potevo stare zitto. Appena mi sono fatto avanti per propormi per la nomination a sindaco sono arrivate le lettere». E come se ne esce? «Votare è necessario - insiste Buonajuto - alzando il livello di guardia».



Il sindaco in carica e aspirante alla ricandidatura, Vincenzo Strazzullo, medico, è a casa di sabato pomeriggio e si mette sulla difensiva: «Non mi risulta tutto questo - risponde -. Potrei anche essere disinformato. I nomi? L’elenco? Ci saranno pure. Ma io non voglio fare torto a nessuno. Magari si tratterà di omonimie e mi auguro di persone perbene. Però, se persone perbene non sono allora esprimo la mia condanna da subito, auspico la massima trasparenza nel partito e nel lavoro del Comune che in questi anni ha segnato una svolta in nome della trasparenza». Il vicesindaco Antonello Cozzolino ci tiene a sottolineare che «si tratta di richieste di adesione. Le persone compilano un modello in cui si scrive nome, cognome e indirizzo non se si è pregiudicati. Poi, come prevede il codice etico del Pd, una commissione esamina le domande. Da anni Ercolano è un esempio di legalità e non possiamo perdere anni di impegno».



Frenano ed evocano la prudenza sindaco e vice. Sembra avere un diavolo per capello il segretario Liberti: «Le primarie si faranno? Non si faranno? Vedremo. È un problema di tutta la comunità democratica. Io ho congelato il tesseramento e inviato gli elenchi al segretario provinciale. Per lunedì (domani ndr) ho convocato l’assemblea del partito. Io sono arbitro tra chi vuole e chi non vuole le primarie. Il Pd con Strazzullo candidato sindaco ottenemmo il 62 per cento e alle europee il 42 per cento, oltre la media nazionale dovuta all’effetto Renzi. Meno male - incalza Liberti - che si tratta solo di richieste di iscrizione».



Non è tenero invece Gennaro Sulipano, medico anestesista, consigliere Ds negli Anni 90, tornato nel Pd di recente e pronto per la sfida per la nomination da sindaco: «Io ero tra quelli contrari al prolungamento dei tempi del tesseramento e all’ampliamento della platea elettorale per le primarie. I fatti sembrano darmi ragione. Hanno pesato e come i ritardi dell’intervento del livello provinciale e regionale del partito, le regole andavano messe subito nero su bianco. Invece... Io nel caso di una platea così alto sarei subito fuori dalla partita delle primarie visto il numero di firme che occorrerebbe per presentarsi». Come se ne esce? «Diaciamo - incalza Sulipano - che dopo gli anni virtuosi dal 1995 al 2005 il partito democratico si è messo all’angolo, anzi in trappola da solo, in pochi mesi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA