D'Alimonte: il patto del Nazareno terrà, ora tocca al Pd essere leale

di Alessandra Chello
Giovedì 29 Gennaio 2015, 23:45 - Ultimo agg. 23:56
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Zio, come lui stesso ama definirsi, dell’Italicum, il politologo Roberto D’Alimonte è un esperto di lungo corso dei sistemi e delle dinamiche elettorali. Oltre che un convinto assertore della blindatura a fuoco dell’intesa Berlusconi-Renzi.



Professore, davvero la candidatura Mattarella decreta la fine del patto del Nazareno?

«Assolutamente no. Va chiarito che quello del giudice costituzionale non è per niente un nome sulla lista nera di Berlusconi e chi lo pensa sbaglia».



Ma Mattarella non era l’ex Dc che si scontrò con il Cavaliere sull’arcinota legge Mammì?

«Certo è quel Mattarella e forse per questo Berlusconi alla fine non lo vota anche se la faccenda della legge Mammì ormai è acqua passata. Adesso la strategia del Cavaliere è lasciare che sia il Centrosinistra senza Forza Italia a esprimersi. E così potrà dire ai suoi che lo hanno votato gli altri, ma non per questo gli sarà ostile. Il fatto è che ci sono tra i due ragioni troppo forti per concedersi il lusso di una rottura. Quel patto curioso che sembrava rappresentare una condizione di debolezza di Berlusconi è stato mutato in una prospettiva, un orizzonte strategico per il Centrodestra. Il Cavaliere ha trasformato in formula politica una necessità».

Allora vuol dire che anche le riforme istituzionali sono salve?

«Sicuro. Non ci sono pericoli: si andrà avanti come si era detto fin dall’inizio. Renzi resta con Silvio Berlusconi perché non si fida dei suoi gruppi parlamentari e dei loro umori. Quindi i vari Cuperlo, Civati e D’Attorre... C’è in ballo il cammino delle riforme costituzionali, un tassello troppo importante».



Ma se per avventura la nomination del presidente del Consiglio non passasse proprio in casa democratica, cosa accadrebbe?

«Ecco. Questo è il punto. Il vero nodo si stringerà se Mattarella non passerà con i voti del Centrosinistra il che può accadere se vengono fuori defezioni proprio da quelle fila. Allora non resterà che una sola cosa da fare: Renzi chiamerà i suoi a raccolta e dirà loro: non lo avete voluto? Bene, adesso si fa come dico io. Si siede al tavolo con Berlusconi e decide insieme a lui. È chiaro però che se non venisse eletto Mattarella la colpa sarebbe dei soliti franchi tiratori».



Gli oppositori della scelta fatta dal premier lo attaccano dicendo che è andato avanti a bordo di una forzatura: la sua sarebbe una scelta unilaterale. Condivide?

«Affatto: tutto il discorso torna sempre a legarsi al punto di partenza che poi è il perno di tutta l’alleanza. Vale a dire la totale mancanza di volontà di recidere quel patto tra i due protagonisti principali sul quale si disegna il futuro scenario politico del Paese».



Allora tutto questo polverone che si è alzato, con Berlusconi che dice che Renzi ha tradito l’accordo e l’ex Rottamatore che tira diritto è pura funzione scenica?

«Un teatrino bello e buono niente di più. È il classico tradizionale gioco della parti. E poi diciamo la verità, Mattarella agli occhi dell’ex premier resta un mezzo sconosciuto, un personaggio schivo con il quale non ha mai avuto frequentazioni. Dunque perché mai dovrei votarlo? Da qui poi a essergli ostile, questa davvero sarebbe una reazione spropositata».



Crede possibile la realizzazione di uno scenario nel quale Renzi alle strette per un flop dei suoi piani possa cambiare strategia, mandare a monte il patto del Nazareno e ricompattare il suo Pd, magari riannodando i fili pure con Sel?

«Sinceramente lo vedo uno scenario irrealizzabile. L’intesa con Berlusconi - ripeto - è troppo importante per non essere tutelata. Anche perché qualsiasi altra ipotesi non lo porterebbe diritto a tagliare i traguardi prefissati. Le variabili all’interno dei suoi gruppi parlamentari sono davvero troppe».



Renzi sa che senza Berlusconi Mattarella rischia di non passare e scopre un piano B: Mattarella al quarto turno. E se non passa si tira fuori il jolly. Che ne pensa?

«Un jolly è difficile da ipotizzare. Il gioco è semplice: se il Pd è compatto allora Berlusconi non sarà necessario. Se si divide invece lo diventerà. Ma a quel punto il presidente del Consiglio potrà sempre fare di testa sua e andare avanti con Mattarella in solitaria con il Cavaliere. E quel punto il jolly non serve».



Insomma, secondo lei c’è il rischio, anche minimo, che se Renzi fallisce la partita del Colle possa dover fare i bagagli?

«Questo a mio parere è un pericolo che non esiste. Renzi non si dimetterà mai».



Dica la verità: a lei Mattarella piace? Risponde a quella sfilza di requisiti che da giorni girano come trottole?

«Soddisfa molti. Quasi tutti. È una persona per bene, stimato e apprezzato. Non è considerato ostile a Berlusconi e sotto il profilo internazionale è praticamente perfetto perché non fa ombra a Renzi che vuole tenere per sé i rapporti con Merkel, Obama e company».