De Mita: «Finito l'imbroglio della II Repubblica»

di Generoso Picone
Sabato 31 Gennaio 2015, 23:33 - Ultimo agg. 23:44
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«L’imbroglio è finito».



In che senso, De Mita?



«Nel senso che siamo finalmente arrivati a scoprire le carte e accorgerci dell’inconsistenza di questi anni, dell’imbroglio della Seconda Repubblica».



Parla così perché con l’elezione al Quirinale di Sergio Mattarella si profila una sorta di rivincita della Prima Repubblica sulla Seconda: alla presidenza oggi c’è un personaggio che proviene da quella tradizione e da una delle culture politiche dominanti allora, il cattolicesimo democratico.



«Vero, ma non c’è nessuna rivincita e non può esserci nessun fallimento della Seconda Repubblica, per il semplice motivo che la Seconda Repubblica non c’è mai stata. È stato un imbroglio e ora è stato scoperto».



Ciriaco De Mita ha chiamato Sergio Mattarella ieri mattina, alla vigilia del quarto spoglio che l’avrebbe portato alla presidenza della Repubblica. Non è stata la prima telefonata, c’è da credere che non sarà nemmeno l’ultima. De Mita può essere considerato a buona ragione il suo padre politico: con lui Mattarella ha militato nella Sinistra di base, con lui premier è stato ministro ai Rapporti con il Parlamento, con lui è stato inviato in Sicilia per fronteggiare Lima e Ciancimino, con lui fondò il Partito popolare.



«Un amico, vero», dice Ciriaco De Mita, apprezzando sinceramente il gesto della sera del 26 luglio 1990, quando assieme agli altri ministri basisti Mino Martinazzoli, Carlo Fracanzani, Riccardo Misasi e Calogero Mannino si dimise dal governo di Giulio Andreotti perché aveva posto la fiducia sulla legge Mammmì che legittimava l’esistenza delle reti Fininvest e quindi il duopolio con la Rai. Per dire della presunta mitezza del personaggio. «Passa per uno grigio e pacato, ma invece non è una persona lenta, io piuttosto me lo ricordo arrabbiato, come ai tempi del no alla legge Mammì», ha avuto modi di rievocare De Mita qualche giorno fa, quando il nome di Mattarella venne pronunciato tra i papabili.



Oggi sarà lui a raccontare Sergio Mattarella ospite de «L’Intervista» di Maria Latella, alle 11,30 su Sky Tg24 Hd, in onda sui canali 100 e 500 di Sky e sul canale 27 del digitale terrestre. Intanto ne ragiona un attimo dopo aver terminato una riunione da sindaco di Nusco a Bisaccia, con gli altri amministratori dell’Alta Irpinia coinvolti nel progetto sperimentale dell’Area pilota. Come è andata? «Bene, abbiamo raggiunto l’accordo». Anche per questa ragione dev’essere soddisfatto, non soltanto dal punto di vista personale ma anche e soprattutto politico.



«Guardi, ho ricevuto varie sollecitazioni in questi giorni. - dice ammettendo gli incontri, i contatti, i tentativi di tessere la tela che tenesse insieme i democristiani dopo la diaspora - Ma ho vissuto questa vicenda in maniera diversa».



In che modo, De Mita?



«Distaccato».



Non dica disinteressato.



«No. Distaccato, quasi come se stessi osservando i fatti dall’esterno, senza un vero coinvolgimento emotivo».



Nemmeno ora che la partita si è chiusa?



«Ora ho la convinzione che si sia compiuto un atto di giustizia».



Allora è contento per l’elezione di Mattarella?



«È stata la soluzione migliore tenuto conto della condizione esistente. Probabilmente un percorso diverso, magari ottimale, avrebbe rischiato di non risolvere il problema perché, a differenza delle elezioni precedenti, il partito di riferimento aveva chiare difficoltà di tenuta. Il risultato finale, poi, ha recuperato questo spirito e i 665 voti che ha ottenuto ne sono la dimostrazione».



Secondo lei che cosa ha premiato?



«La qualità della persona. Almeno per la conoscenza che ne ho io e non è una conoscenza superficiale, Mattarella dà ampie garanzia di fiducia per il ruolo di capo dello Stato in un momento così delicato e difficile. Ha esperienza istituzionale, conosce la storia, ha condotto battaglie politiche vere, ha il coraggio del pensiero, capisce la logica che anima le regole, osserva la realtà con la giusta distanza di chi ha imparato dalle lezioni della politica. Ecco, non è un improvvisatore come invece sono i tanti che hanno ritenuto di interpretare con estrema disinvoltura la crisi della Prima Repubblica».



Qualcuno ha detto: il ritorno dei democristiani.



«Quelli che continuano a essere protagonisti non sgomitano e non smaniano per i posti. I democristiani che continuano a fare politica nel Pd sono politicamente scomparsi e personalmente penosi. Perché un democristiano che scopre un partito socialista adesso nel momento della sua crisi, dà la sensazione dell’opportunismo più che della politica».



Renzi?



«Lui era uno scout, è un altra cosa, era associazionismo cattolico, il popolarismo della Dc era una grande cultura».



L’elezione di Mattarella al Quirinale, dunque, rappresenta un punto di svolta?



«La sua elezione e soprattutto i comportamenti di cui è capace costituiscono un segnale a chi vuole mettere in discussione la rappresentanza democratica del Paese. La semplificazione non regge più, può avere una validità in una fase transitoria ma nel lungo periodo mostra drammaticamente i suoi limiti. Oggi la partita è tra chi cerca di consolidare la democrazia e la tenuta delle istituzioni e chi invece punta a innovare senza però riuscirvi».



Lei parla dei comportamenti di cui è capace. Quali?



«Equilibrio, consapevolezza, concretezza, responsabilità. La convinzione che ogni processo ha un percorso, un passato e uno svolgimento verso il futuro».



Pensa di poterlo aiutare con qualche consiglio?



«Non ne ha bisogno. L’ho visto in televisione subito dopo l’elezione. Mi è parso, come credo sia apparso a tutti, fortemente emozionato, quasi un po’ impappinato. Ecco, l’ho interpretato in senso positivo».



Perché?



«Mi è sembrata la responsabile preoccupazione per la funzione che stava per rivestire. Il lavoro da svolgere è pesante, duro e complicato, in una fase di estrema difficoltà per il Paese. Ecco, il suo è stato un buon inizio».



Con Mattarella presidente della Repubblica lei diventerà senatore a vita?



«Assolutamente no. Non ho l’età».