«Energia e Regioni, i referendum ci farebbero tornare a 20 anni fa»

di Gigi Di Fiore
Martedì 6 Ottobre 2015, 23:06 - Ultimo agg. 23:38
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L’ingegnere Franco Terlizzese è il direttore generale del settore Risorse minerarie ed energetiche al ministero dello Sviluppo economico. È lui, il dirigente ministeriale che si occupa di energia petrolifera, concessioni alle compagnie, produzioni di gas e greggio.



Direttore Terlizzese, su che cosa dovrebbero intervenire i referendum depositati da 10 Regioni?



«Riguardano aspetti politici rilevanti. Un gruppo di lavoro ministeriale sta valutando, nel caso i referendum siano dichiarati ammissibili, cosa accadrà in concreto. Sarà un ritorno ad un sistema di produzione di gas e petrolio degli anni ’90».





Su cosa si tornerà a 20 anni fa?



«Sulle valutazioni di impatto ambientale degli impianti. Ora sono affidate a strutture tecniche ministeriali, con procedure rapide. Le Regioni chiedono che la competenza ritorni a loro, ma in passato ci sono stati ritardi e decisioni diverse da una Regione all’altra su quesiti uguali. Centralizzare i giudizi sull’impatto ambientale dà più garanzie, soprattutto perché il governo si affida ad esperti di fama internazionali».





Non è giusto che, su un aspetto ambientale così delicato, decidano le comunità locali?





«Il ministero offre garanzie tecnico-professionali qualificate, che non potrebbero offrire le singole Regioni. Da pugliese, lo dico con rammarico, in passato il sistema si bloccava e nei ritardi la Puglia, come altre regioni del Sud, erano ai primi posti».





Che altro aspetto toccano i quesiti dei referendum?





«La concessione alle società che effettuano gli scavi e le prove, per verificare l’esistenza di giacimenti di gas e di greggio. Ora, come è logico, chi si occupa delle prove e trova le sostanze cercate, è titolare anche dell’estrazione successiva. Mi sembra giusto che, chi sostiene spese per le trivelle e la ricerca, sia poi beneficiario dei guadagni successivi della produzione».



Chi controlla la sicurezza degli impianti?





«Esistono tre uffici decentrati del ministero che vigilano sulla sicurezza, con competenza divisa per aree territoriali. Non si tratta di impianti statici, ma variano nel tempo in base alla produzione e alla natura del giacimento. Occorrono monitoraggi costanti».





Dove sono gli uffici decentrati del Ministero?



«A Napoli per il Sud, a Roma per il centro e a Bologna per il Nord. Faccio un esempio sul Centro oli di Viaggiano in Basilicata. Hanno attivato una quinta linea, con la necessità di intervenire sull’impianto sospendendo a gennaio la produzione per 21 giorni. Tutto il procedimento ha seguito delle fasi di controllo, tecniche e giuridiche, passate per il nostro centro di Napoli».





Qual è la mappatura degli impianti di produzione greggio e gas in Italia?





«La riportiamo ogni anno nel rapporto ministeriale. A fine 2014, sono stati stimati 525 pozzi produttivi a terra e 361 in piattaforme marine».





Gli incidenti sono frequenti?



«I cosiddetti incidenti sono sempre disfunzioni dell’impianto, che il sistema di sicurezza segnala. Per questo, sono sempre verifiche positive del sistema sicurezza. Come due anni fa a Viggiano».





La gente è preoccupata per l’inquinamento ambientale e la salute dei residenti. Che risposte date su quest’aspetto?



«Premetto che non sono un medico, questa materia riguarda le singole Asl. Faccio l’esempio della Basilicata, che fornisce il 70 per cento della nostra produzione energetica, dove abbiamo avuto sempre dati contraddittori, su incidenze tumorali e patologie. Non esistono certezze scientifiche».





Che si sa sul lago Pertusillo, che dà acqua alla Puglia?





«Anche qui non abbiamo dati certi. Si è ipotizzato l’esistenza di risorgive di petrolio o di perdite di impianti. Non abbiamo, dalle nostre prove, trovato conferme sulla seconda possibilità. Ma, anche in questo caso, esistono organismi, come l’Arpab, competenti su periodici controlli».



Le royalties: le Regioni ricevono giuste contropartite?




«Per legge, sono aumentate dal 7 al 10 per cento in tutt’Italia. Solo la Sicilia, a Statuto speciale e con legge propria, beneficia di royalties del 20 per cento. Pensi che, poiché si calcolano sulla produzione, ogni aumento provoca una diminuzione di guadagni alla compagnie e quindi minori introiti fiscali».



C’è chi sostiene che i ritorni economici sono sproporzionati ai sacrifici ambientali.





«Le ricadute economiche sono anche il risultato dello sviluppo che, partendo dall’opportunità della produzione energetica, i territori riescono a darsi.
Ravenna, ad esempio, partendo dai pozzi, ha creato due poli industriali a Piacenza e Ravenna».