Giannola: non basta solo rincorrere le crisi Senza strategie, il Sud non crescerà più

di Nando Santonastaso
Sabato 18 Aprile 2015, 23:02 - Ultimo agg. 23:20
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Non è mai stato tenero con la politica e i governi, Adriano Giannola, economista e presidente della Svimez, l’Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno.



Non fa eccezione neanche stavolta a proposito del nuovo impatto con il Sud del premier, tra Pompei e il dramma dei lavoratori Whirlpool: «Per me Pompei dovrebbe essere affidata ad una fondazione mondiale alla quale l’Italia potrebbe garantire sostegno tecnico e nel restauro in cui siamo specialisti.



Sarebbe la soluzione migliore. Per Whirlpool, ma non solo, la sensazione è che le crisi industriali e occupazionali vengano affrontate sempre nell'ottica di trovare una pezza. Si rinvia spesso di due anni la resa dei conti».



Al Sud, quasi inutile dirlo, va anche peggio.



«Vero, perché nel Mezzogiorno c’è poco e soprattutto non c’è prospettiva. Manca un’idea».





Eppure l’impegno di politici come il neo ministro dei Trasporti Delrio non sono stati marginali su questo fronte. C’è così, poco da salvare, professore?



«Mi ha rincuorato ascoltare Delrio l’ultima volta che abbiamo partecipato insieme ad un incontro in Calabria. Ha detto che bisogna rilanciare questa regione partendo dal porto di Gioia Tauro, confermando cioè quello che la Svimez dice da tempo a proposito della centralità del sistema portuale e della logistica, in particolare per un Paese come l’Italia che affaccia sul Mediterraneo. Peccato però che dopo, come sempre, restiamo in attesa che qualcosa succeda».





Nel senso che teme la litania dei rituali, annunci a volontà e poi basta?



«Proprio così. Perché ho sempre più il sospetto che ormai ”ripartire dal Mezzogiorno” sia uno slogan fine a se stesso. È probabile che il governo conosca assai poco la realtà meridionale e che faccia fatica a comprenderne le potenzialità di sviluppo, che pure esistono. Se ne parla poco e male perché ci si confronta in ordine sparso: si affronta un problema, cioè, ma quasi mai in un’ottica strategica».





Mezzogiorno ancora come un impiccio più che una risorsa?



«Giudichi lei. C'è una carenza culturale enorme nell’approccio al problema Mezzogiorno, pesano i luoghi comuni e la difficoltà di fare scelte che politicamente per il centronord potrebbero non essere gradite. Si è chiesto perché ancora oggi non si riesce ad aprire un grande dibattito sul rapporto Nord-Sud e ruolo del Sud e del Nord in una prospettiva di crescita? La verità è che l’Italia rischia seriamente di essere fatta fuori dal’Unione europea, altro che Mezzogiorno».





A cosa si riferisce?



«Al fatto, per esempio, che stiamo vendendo a bocconi pezzi pregiati del nostro apparato industriale. Se cediamo il 30-40% delle nostre reti ai cinesi, temo che anche il ruolo della Casa Depositi e prestiti ne sarà assai condizionato».



Ma non è utile aprire il mercato anche agli investitori stranieri?



«Certo, ma a condizione che alle spalle ci sia una strategia precisa. Non sarebbe meglio, mi chiedo, coinvolgere quegli stessi investitori cinesi in investimenti su porti e infrastrutture del Mezzogiorno la cui ricaduta sulla crescita del Paese, di tutto il Paese, sarebbe determinante? Ma lei ha mai sentito parlare di pezzi pregiati dell’industria o delle telecomunicazioni tedesche messi in vendita? Io non ancora...».



Svimez insiste molto sul ruolo del Mediterraneo come sbocco naturale per far ripartire consumi, traffici e investimenti. Perché nessuno, o quasi, l’ascolta?



«Non lo so. Il Mediterraneo è una nostra esclusiva vocazione. L’Italia è qui, non altrove. Ma se non puntiamo sull’assemblaggio delle manifatture e sui grandi traffici delle merci via mare, possiamo mai sperare che a salvarci siano il Veneto o la Lombardia che hanno problemi seri di export?».



Che fine farà secondo lei la delega alla Politica di Coesione e ai fondi Ue dopo che Delrio è stato nominato ministro?



«Non abbiamo ancora letto nulla in proposito.
Con Delrio era iniziato un dialogo sia pure con molti problemi. Di sicuro lui aveva compreso certi meccanismi dando anche segnali di consapevolezza strategica. Se la delega passerà ad altri, dovremo ricominciare tutto daccapo anche perché almeno finora il ruolo della nuova Agenzia mi pare molto marginale. Spero di sbagliarmi ma se questi sono segnali per il Sud non c’è da stare allegri».