Il premier stupito ed il Mezzogiorno ancora dimenticato

di Nando Santonastaso
Sabato 18 Aprile 2015, 22:51 - Ultimo agg. 23:19
3 Minuti di Lettura
È bello lo stupore di Matteo Renzi di fronte agli affreschi restaurati di Pompei. Bello perché spontaneo, in qualche modo anche ingenuo. Bello perché simile alla reazione dei milioni di visitatori che prima di lui hanno provato la stessa emozione. Bello ma in fondo anche sorprendente.



Perché non te l'aspetteresti dal capo del governo che deve custodire un bene patrimonio dell'umanità e che però prima di ieri a Pompei, per sua stessa ammissione, non aveva mai messo piede. Intendiamoci, non sarà stata colpa di Renzi se da studente fiorentino non gli è mai stata offerta la possibilità di andarci in gita scolastica, come in genere succede.



E non gli si può nemmeno rimproverare il fatto che prima di diventare premier non ci abbia mai pensato: capita. Ma lo stupore, genuino, è indice di quanto le ricchezze del Sud - quelle culturali, soprattutto - finiscano spesso, troppo spesso, per essere una scoperta per la politica che pure di esse parla, straparla e polemizza a ogni piè sospinto, dentro e fuori i confini nazionali.



È come se certe potenzialità di sviluppo del Sud - e i beni culturali, come ha documentato tempo fa la Svimez, potrebbero da soli creare qualcosa come 250mila nuovi posti di lavoro in quest'area - uscissero dal normale circuito della conoscenza e vi rientrassero, subito peraltro, solo in presenza di scandali, ritardi, inchieste della magistratura, querelle amministrative. Allora sì che i riflettori dei media si sprecano, che i talk show si mobilitano, che il circo dell'informazione scende in campo ad ogni livello.



Pompei è lì, con i suoi enormi problemi di gestione, gli scioperi dei custodi, i tempi infiniti degli appalti dei restauri, le perplessità dell'Ue che un giorno sì e un altro pure minaccia di togliere all'Italia le decine di milioni di euro che ha deciso di investirvi. Ma c'era anche prima che gli affreschi fossero completati: c'era con la sua straordinaria, incomparabile bellezza e con la speranza che qualcuno si accorgesse di quanto fosse necessario metterla al centro di ogni piano di sviluppo culturale del Paese, non solo del Mezzogiorno.



E che, di conseguenza, puntasse senza incertezze sulle sue enormi potenzialità, in gran parte ancora inesplorate. Lo dimostra il fatto che il sito sembra attrarre più visitatori stranieri che italiani, forse spaventati dal rischio di trovarsi i cancelli chiusi per un'assemblea improvvisa del personale o da luoghi comuni che attecchiscono per la verità più in patria che al di fuori di essa.



Pompei è in fondo il paradigma di un territorio, il Mezzogiorno appunto, che basterebbe da solo a rilanciare il Pil, l'immagine e il prestigio internazionale del Paese se solo si avesse il coraggio di farlo gareggiare alla pari con le altre realtà che producono reddito e investimenti. Non può restare una meraviglia fine a se stessa, della quale compiacersi ogni volta che la si ”tocca” da vicino.



Non basta sapere che c’è: al Sud storia, ambiente e cultura hanno letteralmente bisogno di chi le aiuti ad uscire dall'anonimato o dalla semplice curiosità per diventare progetto industriale, fonte di ricchezza e di sviluppo.
Lo stupore del premier può forse colmare questo vuoto: l'Italia di Renzi e della voglia di cambiamento scelga di ripartire da qui, dal Sud. Scommettiamo che ci guadagnerebbe tutto il Paese?