La palude Cultura e il modello Giffoni

di Giuseppe Montesano
Martedì 28 Luglio 2015, 23:11 - Ultimo agg. 23:48
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Il Sud è in piena crisi, ma c’è in questo Sud un «luogo» che produce lavoro e ricchezza attraverso la cultura, un luogo creato dal nulla 45 anni fa che da allora è sempre cresciuto e che negli ultimi anni invece che emigrazione ha creato immigrazione: parliamo del Giffoni Experience, evoluzione del Giffoni Film Festival, un luogo che attira decine di migliaia di visitatori internazionali, crea direttamente lavoro per i molti che collaborano alla sua organizzazione, e crea intrecci tra attività di ristorazione e accoglienza pur non trovandosi in un ameno e facile sito turistico ma in mezzo ai monti picentini. Quindi una sorprendente realtà, un esempio di intreccio tra cultura e lavoro, che gli amministratori e la politica vogliono far crescere? No, o così non sembra.



L’ha detto il presidente del Giffoni, Claudio Gubitosi, sulle pagine di questo giornale: i finanziamenti per una attività che rende due volte e mezza i soldi investiti, arrivano in ritardo: e per pagare chi ci lavora bisogna fare salti mortali; intanto si disperdono denari e denarucci in eventi ed eventucoli pseudo-culturali, o in fallimenti abnormi come il Forum delle culture: sottraendoli a chi con la cultura produce; per questo Gubitosi ha chiesto al ministro Franceschini una legge nazionale, che renda i finanziamenti a Giffoni non un optional ma una certezza necessaria alla progettazione.



E i brand pubblicitari dedicati ai giovani, perché non finanziano abbastanza la manifestazione, nonostante essa si rivolga al loro target? Perché non sono, come accade invece in Europa e in parte nel nord d’Italia, guidati e indirizzati verso Giffoni dal lavoro delle istituzioni? Ma cos’è, per chi non la conoscesse, questa miniera d’oro culturale che sta in Campania?



Il Giffoni Experienxce agisce con il suo tradizionale festival del cinema per ragazzi, che avviene selezionando più di 4000 film, ospitando 3600 giurati, ovviamente ragazzi, che vivono per dieci giorni e più a Giffoni, e vengono da 50 paesi: dalla Corea del Sud agli Stati Uniti, dalla Francia al Tajikistan, dal Quatar all’Australia. Intorno alle proiezioni Giffoni Experience crea una miriade di incontri e interviste del pubblico con le star, con scrittori, artisti, musicisti, registi e produttori; fa funzionare delle master class che ruotano intorno al cinema e ai vari media; attiva il progetto Innovation Hub, che avvia al digital learning e alle startup; cerca collegamenti tra i programmi televisivi, la loro produzione e i talent: e dà forma a percorsi dove la cultura alimenta la società, dagli incontri con Amnesty International a quelli che guidano i ragazzi nella foresta dei diritti e delle opportunità educative e lavorative.



Ma che vuol dire ”ragazzi”? In realtà vuol dire che ci sono film, concorsi, percorsi, giochi, master class e via dicendo suddivisi per fasce di età, che vanno dai 3 anni a ”dopo” i 18 anni: una suddivisione molto intelligente. Questo sistema genera da anni un circolo virtuoso, cresce in continuazione per dimensioni e produzione di cultura e di lavoro, e si collega a realtà come la scuola in maniera sempre più capillare: in un Sud che si vede colpire più del resto del paese dalla crisi, Giffoni appare come un fenomeno controcorrente, un esempio di come la creatività possa trasformare la realtà in meglio.



E poi: chi trova lavora grazie al Giffoni Experience? I giovani, che altrove non lavorano; e chi decide quali film scegliere, quali iniziative fare e in quali forme fare quelle iniziative? I giovani; e decidono forse pochi giovani scelti per oscuri motivi? Per nulla: attraverso una partecipazione via social, che segue l’organizzazione per tutto l’anno, più di centomila persone danno forma al progetto con le loro idee e le loro esperienze. Di giovani si parla molto, a sproposito spesso, per ragioni propagandistiche sempre: ma qui essi sono protagonisti, e la cosa funziona.



È per questo che le parole di Gubitosi appaiono, nella loro quieta ma forte protesta, una semplice verità. Non investire su questo luogo mentale e materiale di sperimentazioni sarebbe una forma di miopia, e un altro dei suicidi che caratterizzano troppe realtà del Sud: si dovrebbe insomma, a dirlo senza giri di parole, avere l’intelligenza di usare la politica di servizio per uscire dal circolo vizioso della politica cieca.



Non si può parlare di futuro e giovani, e poi lasciare che i fondi europei o non europei arrivino tardi a Giffoni per motivi burocratici: è autolesionismo dell’amministrazione politica. Il caso Giffoni ci dice che la cultura è un investimento che può ”fruttare”, sia in lavoro e ricchezza sia in capacità di bonificare la disgregazione sociale, ma ci dice anche che la cultura che frutta sta al di fuori dei baracconi clientelari: chi fa cultura deve avere una visione non provinciale, deve uscire dal cerchio magico dei compagnucci del già visto, e imparare da chi le cose le ha fatte o le fa sul serio.



Abbiamo in questa regione un luogo esemplare: bisogna prenderne atto, e non solo farlo crescere, ma mostrare attraverso di esso le potenzialità di un certo genere di investimento: la cultura può essere il futuro, letteralmente, del Sud.
Ma per capirlo bisogna avere occhi aperti e teste pensanti.