Lucciola uccisa in strada, un «cliente» ha visto tutto

Lucciola uccisa in strada, un «cliente» ha visto tutto
di Leandro Del Gaudio
Venerdì 22 Maggio 2015, 23:25
4 Minuti di Lettura
Non erano soli quella notte, non erano gli unici a muoversi nei pressi di quel distributore di benzina. Anzi. Le loro storie - anche se per una manciata di minuti - sono state inquadrate, sono state osservate e messe a fuoco da una persona, da un testimone oculare, uno che poi ha pensato bene a sparire nel nulla. Un uomo che ha assistito a una probabile tentata rapina, a un litigio poi culminato nell’omicidio di una giovane prostituta nigeriana.

Parliamo della morte di Antonia Osaf, bella e sfortunata ragazza uccisa dieci giorni fa in via Terracina, nei pressi di un distributore di benzina. Colpita a morte da una coltellata, da un fendente che le ha perforato il polmone, nel corso di una probabile aggressione a scopo di rapina. Vicenda amara, di cui si sa molto, che tiene in cella tre ragazzi giovanissimi - Antonio Di Perna, Raffaele Velluso e Gennaro Bitonto - tutti accusati dell’omicidio di Antonia, della giovane nigeriana sbarcata a Napoli nella speranza di trovare una vita migliore di quella lasciata in Africa.

Vicenda che oggi appare ancora più amara, alla luce di quanto emerso dalle indagini condotte in questi giorni da magistrati e forze dell’ordine. Inchiesta condotta dal pm Clelia Mancuso, agli atti del fascicolo spunta un video ricavato dal sistema di protezione del distributore di benzina. Minuti di registrazione che raccontano il senso di solidarietà della donna uccisa, che decide di aiutare l’amica aggredita da tre balordi, ma anche l’indifferenza (o la paura) di un uomo, di un cliente immortalato da telecamere nascoste mentre osserva impassibile la scena del delitto.

Immagini choc, un intero spaccato esistenziale racchiuso in pochi minuti, scandito dallo scorrere dei secondi della telecamera a circuito chiuso. La prima scena riguarda lei, Antonia, che si sta appartando con un cliente nelle retrovie del distributore di benzina di Fuorigrotta.

Immagine nitida, la donna compare accanto a un uomo di corporatura magra, più alto di lei, camicia bianca e pantaloni scuri. Passano cinque minuti, nel corso dei quali - sullo sfondo del video - si vede l’arrivo di una Smart dalla quale sbucano tre sagome: sono i tre elementi che oggi rispondono di omicidio. Tutto sembra immobile, lo schermo è fermo, quando si capisce che è accaduto qualcosa.

Probabilmente i tre hanno ingaggiato un litigio (rapina o cosa?) con un’altra donna di colore, in una dinamica che non è possibile decifrare dalle immagini, ma che si intuisce dalla reazione di Antonia. È lei, il centro della scena. Ha da poco consumato una prestazione sessuale a pagamento, esce dal buio forse allertata dalle urla della compagna di vita, si affaccia verso il centro del distributore (quindi viene inquadrata dalla telecamera fissa), e ha uno scatto.

Segue l’istinto, capisce che l’amica è in difficoltà, si lancia verso la donna con cui condivide un destino di violenza e speranze, lì nelle notti da marciapiede. Eccola, Antonia: si toglie le scarpe con i tacchi per essere più veloce, va incontro al suo destino a larghe falcate. Un destino inesorabile. E le immagini raccontano il resto: il quadro non è nitido, ma le sagome fanno capire cosa accade. Si vede la scena del fendente, un colpo netto che fa sobbalzare la ragazza. Che non muore sul colpo. Anzi. Resta in piedi, immobile. Per una manciata di secondi, una sagoma dritta che stride con lo scatto dei tre soggetti che avevano provato a rapinare una prostituta, che fanno in fretta a guadagnare l’ingresso in auto, per poi sgommare via.

Il resto è un misto di dolore, disperazione e indifferenza. Antonia fa qualche passo, barcolla e cade a terra. Morirà di lì a poco. Le si avvicina la sua amica, che cerca di soccorrerla, si sbraccia, probabilmente urla e impreca. Ma le due donne non sono sole. Già perché c’è uno spettatore, un testimone, un uomo che ha visto tutto. È l’ultimo cliente di Antonia, l’uomo con la camicia bianca, che ha visto tutto, che ha osservato lo scatto felino della ragazza nigeriana, rimanendo con la spalla appoggiata al distributore. Un tizio che si guarda bene dall’intervenire, dallo svolgere un ruolo. Solo quando Antonia è a terra, decide di avvicinarsi al corpo della ragazza, quel tanto che basta per capire che sotto i propri occhi si è consumata una tragedia.

Quel tanto che basta per capire che conviene lasciare il campo al più presto, conviene sparire per non finire in una storia di omicidio e prostituzione, di violenza su violenza, in cui - lui - ha tutto da perdere. Sparisce, fa perdere le proprie tracce, fa un ragionamento inverso a quello costato la vita della ragazza. Altro che solidarietà, altro che denuncia, altro che soccorso - avrà pensato l’uomo con la camicia bianca - meglio fare finta di niente. Scansarsi, che qui ha tutto da perdere, qui chi si immischia resta invischiato. Il resto è cronaca cittadina.

A cominciare dalla denuncia dell’amica della ragazza uccisa, dalla bravura dei poliziotti, dalla fermezza della mamma di uno dei tre ragazzi, dallo (scontato) rimpallo di responsabilità dinanzi alla polizia, ai pm, al giudice da parte dei tre soggetti finiti in cella. Frasi del tipo: «Non volevo, non sono stato io, eravamo ubriachi, non ricordo più niente», che poco aggiungono alla storia di una donna che non ha esitato a togliersi le scarpe per correre rapidamente verso un destino di inesorabile violenza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA