Mattarella, un'agenda fitta tra Giustizia e nuova carta

di Pietro Perone
Sabato 31 Gennaio 2015, 23:25 - Ultimo agg. 23:43
3 Minuti di Lettura
Un fragoroso e liberatorio applauso ha accolto, alle 13.33, la proclamazione di Sergio Mattarella. È come se il Parlamento italiano si fosse spogliato dell’onta dell’aprile di due anni fa, il tonfo repubblicano della drammatica paralisi sull’elezione del successore di Giorgio Napolitano, i veleni e le vendette trasversali che portarono all’affondamento della candidatura di Romano Prodi e infine l’appello disarmante e disarmato dei partiti rivolto al presidente affinché restasse sul Colle. In quell’applauso c’è dunque tutta la speranza del riscatto della politica nell’epoca dell’anti politica.



Ma nei voti, che hanno sfiorato la maggioranza dei due terzi, c’è anche la convinzione che il nuovo presidente sarà strenuo custode della Carta costituzionale alla prova più difficile della sua storia e dell’Aula che l’ha votato.



Mattarella dovrà attraversare una piazza, quella del Quirinale, per sedersi dietro la scrivania di capo dello Stato. In questi anni ha vissuto nel palazzo di fronte, quello della Consulta. Docente di diritto costituzionale, prima che politico, il giurista siciliano si ritroverà a dover seguire il delicato processo delle riforme giunto alla seconda lettura delle quattro previste. Addio al Senato elettivo, archiviato il bicameralismo perfetto, c’è da ridisegnare l’architettura istituzionale della Stato ma difendere anche il bilanciamento dei poteri proprio di un sistema democratico. Il Quirinale, dunque, sempre più elemento di garanzia, rispetto a un premier che in questo momento è anche segretario del partito di maggioranza relativa. Difficile dunque immaginare che il presidente della Repubblica possa avere solo il ruolo di ratifica rispetto a scelte prese da altri, soprattutto quando si tratterà di questioni attinenti alla materia che conoscere meglio, la Costituzione.



Ultimo moroteo, Mattarella non occuperà la scena mediatica ma ne sarà ugualmente un costante protagonista attraverso le decisioni che prenderà, ora che si parla di sottrarre di fatto al capo dello Stato la scelta del premier a Costituzione invariata. Nell’agenda-Mattarella, presidente del Csm, non potrà mancare la questione giustizia, la riforma invano promessa e il rapporto malato tra toghe e politica che ha segnato gli ultimi venticinque anni di storia repubblicana. Questioni italiane e non solo, a cominciare dalla difesa di un europeismo custodito nel Dna dei cattolici democratici ma che non può continuare a essere sinonimo di rigore economico.



Poco conta se del nuovo presidente si ricordano appena una trentina di titoli di giornale, visto che il Colle impone a chiunque un cambio di marcia politico e personale. Il presidente della Repubblica, una volta eletto dal Parlamento, risponde direttamente agli italiani. Un dovere, dunque, far sentire la propria voce nel segno della verità. Concetto che Mattarella ha spiegato tempo fa ai giovani studenti dell’Azione cattolica che l’hanno intervistato per un convegno e in una video-lezione di pochi minuti che circola su YouTube il neo presidente spiega come soltanto la «verità ci rende liberi».



Intransigenza sui valori accompagnata dalla conoscenza della macchina dello Stato e delle sue regole, pronto a marcare la linea di confine tra quello che la Costituzione consente e ciò che impedisce, soprattutto oggi che l’opera di «manutenzione» in atto potrebbe celare clamorosi svarioni, tali da incrinare quel sottile meccanismo di pesi e contrappesi che tra mille difficoltà ha tenuto insieme il Paese.