Meloni: non parlo con CasaPound, loro tifano Salvini

di Alessandra Chello
Mercoledì 4 Marzo 2015, 23:20 - Ultimo agg. 23:37
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Il suo chiodo fisso è vincere. Asfaltare Renzi. E creare un nuovo modello di destra dal retrogusto francese, ma tipicamente made in Italy. Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia annuncia per il 7 marzo la prossima kermesse di piazza. 



Dopo piazza del popolo replicate. Stavolta quale sarà il messaggio?



«Il titolo dice tutto: difendiamoci. Dal governo troppo interessato solo alle grandi lobby per occuparsi dei drammi dell’economia reale. Del caro tasse, dell’impossibilità delle famiglie di arrivare a fine mese. Dei cento, mille Stacchio costretti a difendersi da soli dai criminali che imperversano alla faccia di una certezza della pena che non c’è. Basti pensare che l’ultimo provvedimento del premier prevede uno sconto di pena di 75 giorni ogni sei mesi. E della pericolosa deriva terroristica che ormai ci arriva dentro casa».



Perché scegliere proprio il Veneto che è già una roccaforte del Carroccio?




«Il Veneto è stato scelto per quel che rappresenta ora. Per la forte simbologia dell’emergenza che esprime non solo per la vicenda della sparatoria che ha avuto come protagonista il benzinaio, ma anche perché Venezia è la patria del Mose con il suo carico di corruzione e nella regione l’allarme degli imprenditori costretti a chiudere è altissimo».



La piazza leghista di Roma ha alzato un gran polverone. Non rischiate di essere oscurati dalle polemiche che vedono il Carroccio legato a una destra estremista come Casapound?



«Non ho rapporti con quelli di CasaPound che dicono che il loro leader è Salvini e forse bisognerebbe chiederlo a lui. Ma la verità è che quando si comincia a far qualcosa che funziona davvero allora si inzia a dare fastidio. E si mandano in piazza quattro poveracci dei centri sociali che giocano a fare i figli di papà e i rivoluzionari. Per fortuna gli italiani hanno la testa che funziona. E sanno su chi puntare per risolvere i nodi e le emergenze».



Insomma, con il Matteo che le piace tutto fila liscio?





«Certo. Ma non abbiamo mica fondato un partito insieme. Collaboriamo condividendo alcuni temi. Ognuno di noi due è orgoglioso delle proprie differenze. Si lavora all’interno della coalizione, siamo uniti nella nostra diversità, in primavera abbiamo in agenda un’altra manifestazione. Gli ultimi sondaggi ci danno oltre il 4%. E poi aggreghiamo tantissimo e questo mi da davvero tanta energia positiva».



Quanto è forte il suo feeling lepenista?





«Ma la destra lepenista è tipicamente francese e non ho alcuna intenzione di scimmiottare un modello d’Oltralpe. Condivido tanti principi come la battaglia tra oligarchie e moltitudini ma altri li rifiuto. Come la pena di morte o un certo laicismo. Penso a un modello nuovo che sia cucito sul tessuto di unicità della nostra Italia».



Il vostro deputato Corsaro ha detto: mai con Salvini e ha sbattuto la porta. Come mai?



«Corsaro dice di essere andato via per la nostra linea sulla Lega e il nostro rapporto con Salvini ma secondo me sono altre le vere ragioni del suo addio. È curioso che Massimo usi gli stessi toni usati da Fini... vorrei ricordargli che lui è stato quando era in An e quindi nel Pdl alleato con Lega di Bossi, quindi non capisco. Comunque sopravviveremo».



Dica la verità: con Berlusconi è addio per sempre?





«Berlusconi non ha chiaro per niente cosa intende fare. Io voglio vincere. Voglio battere Renzi. Ma per farlo non ci vogliono i tatticismi, gli accordi di vertice, le alchimie di palazzo. Ecco credo che Forza Italia si sia incartata in un esasperato tatticismo».



Fini ha detto che lei ha la sindrome della mascotte. E che stavolta farà il bis anche con Salvini. Che gli risponde?





«Non ho mai fatto la mascotte di nessuno. Questa è una battuta zeppa di sessismo. Io sono sempre stata libera dicendo quello che penso. Cosa che evidentemente non è accaduta ad altri».



Non teme che la vicinanza con Salvini possa mettervi in ombra anche nell’elettorato del Sud?



«Non credo. Abbiamo sempre difeso le istanze del Sud. Una certa diffidenza quella sì che ci può stare, ma anche ai meridionali io dico: di noi vi potete fidare».