Soprintendenza, Napoli non è periferia

di Vittorio Del Tufo
Martedì 16 Dicembre 2014, 22:27 - Ultimo agg. 17 Dicembre, 01:02
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D’accordo, ci vuole un fisico bestiale per governare Napoli. Ma bisogna avere spalle forti - e una credibilità più che robusta - anche per pretendere che a Napoli sia riconosciuto il rispetto che merita. I commissariamenti a catena rischiano di relegare la terza città d’Italia a un ruolo sempre più marginale: l’ultimo smacco è la decisione del ministro per i Beni Culturali di trasferire la sede della Soprintendenza Archeologica a Salerno. La città capoluogo, uno dei centri archeologici di maggiore rilevanza del mondo, per studi e ritrovamenti, declassata a periferia dell’impero. Anzi, periferia di Salerno. De Luca festeggia, De Magistris grida allo scandalo, alla cospirazione, al calpestato blasone. Napoli, ex capitale, ha molte ragioni per alzare gli scudi, e argomenti forti per riaffermare con forza la propria centralità. Il richiamo alla spending review, alle «ragioni di costi e di equilibrio», lascia quantomeno perplessi. Ma Napoli dovrebbe alzare gli scudi anche per il pervicace smantellamento dei suoi presìdi culturali, per lo svuotamento dei suoi centri decisionali, per l’impoverimento delle occasioni intellettuali. Certo, l’isolamento politico e istituzionale cui ha contribuito il sindaco con il suo progressivo arroccamento non aiuta. Anzi, se la città è scomparsa dai radar il motivo principale è da ricercare proprio nello smarrimento della sua capacità di dialogo e di interlocuzione con Roma.



Ma questo isolamento non deve diventare una condanna. E nemmeno rappresentare un alibi per mortificare la città, che ha numeri, storia, radici e proiezioni culturali che di gran lunga trascendono la sua rappresentanza amministrativa. Se Napoli, già pluricommissariata da Bagnoli al Porto, diventa sede distaccata della Soprintendenza Archeologica vuol dire che c’è un problema. È un problema della città: riguarda tutti, non solo il sindaco. I segnali sono molteplici, le poste in gioco numerose e diverse. Nel nuovo consiglio del Teatro San Carlo, così come previsto dalla bozza di statuto, il ruolo preponderante toccherà al ministero. E il Comune? Sempre più ai margini, stretto tra la Regione, il ministro e i privati, da cui ci si aspetta una ventata di managerialità e una boccata d’ossigeno per il nostro Massimo. Addirittura fuori la Città Metropolitana, tanto per avere un’idea di quanto conti, nel panorama istituzionale, il neonato ente: meno di zero.



Riattaccare i cocci sarà difficile. Ma è dovere di tutti, quali che siano le bandiere di ognuno. Altre amministrazioni prenderanno in consegna le chiavi della città. L’isolamento di oggi non deve diventare una zavorra per il futuro.