«Così racconto Pompei, città dei calchi viventi»

«Così racconto Pompei, città dei calchi viventi»
di Gaty Sepe
Mercoledì 25 Novembre 2015, 18:07 - Ultimo agg. 00:00
3 Minuti di Lettura
Deserta e silenziosa, i muri e le case, le colonne, le vie tinti di rosa dalle prime e poi dalle ultime luci del giorno sotto lo sguardo del Vesuvio, il gigante nero. Una Pompei insolita, ripresa all’alba da un drone nella sua immobililità. Comincia così il cortometraggio che il regista Pappi Corsicato ha girato per conto della Regione Campania per promuovere l’immagine del sito archeologico più grande del mondo, visitato ogni giorno da dodicimila turisti. Che compaiono anch’essi nella loro immobilità: colti nell’attimo, così come gli antichi pompeiani sorpresi dall’eruzione, raccontati oggi dai calchi delle vittime. «Pompei, eternal emotion», questo il nome del corto, doveva essere il racconto promozionale - è stato prodotto dalla Scabec, la Società regionale Beni Culturali che lo ha finanziato con fondi POIn - di una giornata agli Scavi dall’alba al tramonto. Invece ne è venuto fuori un piccolo capolavoro, dieci minuti di cinema e poesia presentati ieri in anteprima al Torino Film Festival nella sezione «Onde 2015», che sarà proiettato a Napoli il 30 novembre al Museo Archeologico, alla presenza del governatore De Luca, della neopresidente Scabec Boldoni, del direttore del Mann Giulierini, del sovrintendente Osanna, del regista e di quanti altri hanno partecipato al corto.



Corsicato, come è stato girare a Pompei?

«Magico. Ho accettato subito con entusiasmo quando Scabec e Soprintendenza mi hanno proposto di girare questo video negli Scavi. È un luogo che amo molto, che ho visto la prima volta da ragazzino e dove appena possibile porto tutti i miei amici che vengono da fuori. Passare tre giorni a girare negli Scavi mi è sembrata un’opportunità imperdibile perché mi dava l’occasione di vedere la magia di questo luogo non più con gli occhi del turista».



Come l’ha immaginata il suo occhio da regista?

«Per tre giorni mi sono trasferito a Pompei, ho chiesto di poter girare all’alba e al tramonto quando la città dove il tempo si è fermato è senza turisti, deserta e immobile. Poi però le centinaia, migliaia di persone che ho visto entrare ogni giorno, mi hanno fatto cambiare idea e ho deciso di animare in qualche modo la città».



Come le è venuta l’idea di riprendere anche i turisti nella loro immobilità?

«Sapevo che non volevo ritrarli come i classici turisti con la macchina fotografica al collo. Un giorno mi ha colpito una coppia di turisti inglesi incantati davanti agli affreschi di Moregine esposti nella Palestra Grande e mi è venuta l’idea di riprenderli così, immobili. Ho fatto la stessa cosa con altri visitatori alle Terme e nelle varie domus. L’ispirazione mi è venuta dopo aver visto ”Rapiti alla morte”, la mostra con i calchi eposti nella piramide costruita da Francesco Venezia nell’Anfitetatro, che racconta l’ultimo istante dei pompeiani. Ho chiesto ai turisti di compiere delle azioni bloccate, come allacciarsi una scarpa o cercare una cosa nella borsa e li ho ripresi nell’attimo. Ne ho fatto dei calchi viventi perché volevo evocare lo struggente e contraddittorio sentimento della vita e della morte che convive a Pompei».



È stato difficile girare con turisti-attori?

«Sono stati tutti contenti, disponibili e bravissimi. Abbiamo girato con una steadycam e abbiamo fatto un unico ciak. Sono molto soddisfatto del risultato perché quello che doveva essere un video istituzionale destinato a valorizzare Pompei nelle sedi istituzionali adesso andrà anche in giro per i Festival di cinema».



Dopo i fatti di Parigi sostenere il nostro patrimonio diventa sempre più importante.

«Vedere migliaia di persone a Pompei mi ha aperto il cuore. Pompei è più che arte, più che cultura, è un pezzo di storia dell’umanità. Il turismo, soprattutto quello culturale, deve esser la nostra prima industria da sostenere e incentivare».

© RIPRODUZIONE RISERVATA