Ranieri: «Il Pd recuperi il rapporto con la realtà partendo da imprenditoria e periferie popolari»

di Francesco Romanetti
Lunedì 29 Giugno 2015, 23:36 - Ultimo agg. 23:44
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Il governatore che non c’è. I partiti che non rappresentano. Le istituzioni che si inceppano. Che cosa sta accadendo? Dietro il caos seguito alla sospensione di Vincenzo De Luca c’è solo la crisi del Pd? Ci sono solo equivoci procedurali e personalismi? O piuttosto è un intero sistema politico che mostra le (ennesime) rughe e (gli ennesimi) segni di crisi? Ne parliamo con Umberto Ranieri, oggi presidente dell’associazione Mezzogiorno Europa, storico dirigente del Pd napoletano, proveniente dal Pci ”migliorista“, voce critica di una sinistra in sempiterna trasformazione...



Cominciamo dal Pd. E dai partiti. Lei percepisce il capolinea di un’epoca? Un ciclo storico che si è esaurito?

«Non c’è dubbio che da tempo ci sono segnali che indicano una crisi della rappresentanza politica. Questo è un fenomeno che riguarda l’intero Paese e che va anche oltre i confini nazionali. Parliamo, insomma, di una svolta epocale, che magari nel Mezzogiorno e in Campania mostra forme estreme: qui, forse più che altrove, i partiti sembrano appartenere ad un mondo lontano dai problemi delle persone in carne e ossa. E la politica, sempre più spesso, è percepita come luogo del privilegio, di operazioni non limpide. È in questo contesto che si collocano le difficoltà del Pd e di tutti gli altri partiti».



Ed è in questo contesto che scoppia il caso-De Luca...

«Già. Per la verità fin dal primo momento avevo sostenuto che questa questione doveva essere affrontata dal segretario del Pd: da Renzi. Se si riteneva che ci fossero obiezioni fondate, si doveva intervenire. Ma non lo si è fatto. Ora, certo, bisogna adoperarsi per risolvere il problema, non per complicarlo. Un tribunale ordinario è chiamato a pronunciarsi: mi auguro che lo faccia al più presto, nell’interesse dei cittadini della Campania. Poi sulla legge Severino dovrebbe pronunciarsi anche la Corte costituzionale».



In questa circostanza si evidenzia anche un altro paradosso: per anni la politica si è lamentata del ruolo di supplenza svolto dalla magistratura. Ora, invece, pare che tutti sperino che siano i giudici a risolvere la magagna...

«Certo, questo è un caso che esigeva di essere affrontato dal punto di vista politico. Ed evidentemente la politica non si è mostrata all’altezza: però non tutto va messo sullo stesso piano. C’è un problema che riguarda i rapporti tra politica e magistratura che va al di là di questo caso e che va risolto in parlamento».



De Luca congelato: quale giunta per la Campania?

«Si è creato un groviglio procedurale. Mi auguro che venga risolto dalla Corte costituzionale. Ma intanto la Campania ha bisogno di una giunta di qualità, formata da figure autorevoli e capaci, da collocare nei posti nevralgici per la Regione».



Parliamo di Napoli. Tra un anno si vota: sarà in campo De Magistris, che ha annunciato che si ricandiderà. Il Movimento 5 Stelle non starà alla finestra: ambisce a conquistare il capoluogo campano. La destra, per ora, è a pezzi. E il Pd?

«Vedremo. Per quanto riguarda il Pd, penso che avrà il dovere di dire cose chiare per il futuro della città. Poi si tratterà di decidere una procedura condivisa per la scelta del candidato. Sono portato, per cultura, a rispettare gli avversari politici: penso per esempio che il successo del Movimento 5 Stelle a Napoli non sia liquidabile solo come un voto di protesta e senza avvenire. Non è così: i 5 Stelle hanno raccolto un reale malessere diffuso. Così come penso che il centrodestra, se non produrrà divisioni come in passato, sia una coalizione rispettabile e competitiva. Per quanto riguarda De Magistris, francamente non è chiaro su chi potrà fare affidamento, dal momento che molte forze e settori che lo appoggiarono quattro anni fa esprimono ora un giudizio critico sulla sua amministrazione».



Dunque? Quali prospettive?

«A Napoli, al di là delle forze politiche, si fanno avanti realtà sociali, associazioni, personalità, forze professionali e imprenditoriali, che lavorano e operano per consentire alla città di andare avanti. Bene: queste energie devono e possono trovare punti di convergenza per assumersi la responsabilità di partecipare al governo della città».



A Napoli ci sono anche interi quartieri e settori sociali che un tempo costituivano l’ossatura di una proposta politica progressista. Quartieri come Barra o Ponticelli: roccaforti rosse, diventate nel tempo zone a forte presenza camorristica. Lì il Pd ha forse da fare autocritica più di altri...

«Indubbiamente uno dei problemi del Pd è quello di non essere riuscito a mantenere e consolidare rapporti con settori popolari e periferie. Ristabilirli comporta un profondo rinnovamento. Vedo invece quello che di vitale si muove in aree di confine, dove operano associazioni e personalità capaci di realizzare opere di risanamento civile e di recupero urbano. Penso a realtà come l’Altranapoli, che in un quartiere come la Sanità ha realizzato veri e propri miracoli, recuperando spazi, mettendo in piedi strutture per la popolazione. Penso a figure laiche e cattoliche, che operano a Scampia, un quartiere considerato preda di malavita e degrado, dove un’associazione di calcio femminile consegue successi da anni. Penso a Piscinola, dove un teatro abbandonato, realizzato 35 anni fa nell’ambito dell’edilizia post-terremoto, è stato recuperato da un gruppo di giovani e oggi è frequentato da centinaia di persone...Insomma, queste realtà esprimono un’energia e una vitalità che prescinde dai partiti. Ma che possono rappresentare la base di una rigenerazione civica. Il rinnovamento del Pd? Ecco, passa anche attraverso il rapporto e il dialogo con queste energie. Il futuro, insomma, va costruito».