Redditi dimezzati nel Mezzogiorno: il divario Nord-Sud è tornato a cinquant'anni fa

Redditi dimezzati nel Mezzogiorno: il divario Nord-Sud è tornato a cinquant'anni fa
di Marco Esposito
Lunedì 9 Febbraio 2015, 23:34 - Ultimo agg. 23:42
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Come nel 1965. Il Pil procapite del Sud in rapporto al Centronord è tornato indietro di cinquant’anni. Effetto non solo della recessione ma di una revisione del Pil, con l’Istat che ha inserito nei conti regionali attività illegali come il consumo di droga, più forte al Nord, e la prostituzione.

Qualcuno lo ricorderà: lo scorso settembre l’Istat aggiornò le stime del prodotto interno lordo dell’Italia inserendo le attività illegali: droghe, prostituzione e contrabbando. Il Pil crebbe di 15 miliardi per l’illegalità e di altri 44 miliardi per una più puntuale verifica delle attività imprenditoriali, con un aumento del 3,7%. Ieri l’Istat ha diffuso i dati del Pil procapite regione per regione e, per la prima volta, è possibile verificare se il nuovo metodo statistico ha cambiato gli equilibri Nord-Sud. L’esito è in contrasto con la classica opinione comune che vede il Mezzogiorno come territorio dove prosperano con maggiore intensità le attività illegali. Conteggiando prostituzione, consumo di droga e contrabbando di alcol e sigarette la distanza tra Centronord e Sud non si è ridotta ma anzi risulta ancora più pesante. Il ritardo del Mezzogiorno nel 2012 era del 42% secondo le vecchie metodologie di calcolo ed è balzato di ben tre punti al 45% per effetto dei criteri statistici aggiornati. Nel 2013, per l’assenza di politiche di riequilibrio, la situazione è ancora peggiorata e il ritardo del Sud rispetto al Centronord è salito al 45,8%; questa volta per responsabilità di carenti politiche pubbliche e non per diversi conteggi statistici.

Nell’ambito del Mezzogiorno, però, la Campania si segnala come regione in controtendenza. La revisione del prodotto interno lordo ha portato un aumento del 3,71% - in linea con il valore nazionale - mentre per esempio la Puglia ha perso il 2,36% e la Calabria il 2,55. Il comunicato Istat riferito ai dati regionali del 2012 - che era stato diffuso il 27 novembre 2013 - era quindi lontano dalla realtà, almeno alla luce della revisione comunicata ieri. Il titolo dell’epoca era: «In testa Bolzano, Campania all’ultimo posto» mentre una volta aggiornati i dati si è visto che la Campania non è mai stata ultima ma era quart’ultima davanti a Sicilia, Puglia e Calabria. La posizione è stata consolidata nel 2013 perché il Pil rispetto al 2012 (ovviamente confrontando tra loro dati omogenei e cioè le nuove serie storiche) è cresciuto in Campania di uno 0,22%; dato che può apparire modesto ma che assume una luce diversa a fronte di una flessione del 2,49% in Sicilia, del 3,54% in Puglia e del 4,32% in Calabria. La Campania, insomma, era meno povera di quanto apparisse dalle statistiche della vecchia serie Istat e ha un’economia nel complesso stabile, in un contesto economico del Mezzogiorno ancora in caduta libera.

Ma torniamo ai dati generali. Era sbagliato immaginare che il Sud avrebbe beneficiato dell’inserimento nelle statistiche delle attività illegali, ma sarebbe altrettanto sbagliato affermare che la crescita del divario registrata con l’aggiornamento dei dati sia dovuta a una maggiore presenza della prostituzione, del traffico di droga e del contrabbando al Nord. In realtà questi fenomeni sono sostanzialmente omogenei sul territorio e la massima parte delle revisioni è dovuta a due effetti. Il primo, molto tecnico, è un diverso conteggio delle imposte sui prodotti: finora l’attribuzione alle Regioni avveniva in base ai consumi finali ma Eurostat ha imposto all’Istat di correggere il criterio e di tener conto non dei consumi finali regionali bensì del valore aggiunto totale regionale. Il cambio di base ha sfavorito le Regioni con minore attività produttiva, quindi del Sud. La seconda novità di rilievo è l’analisi del sistema produttivo non più a campione ma in modo puntuale. Ciò ha fatto emergere più attività di quante risultassero con le rilevazioni campionarie.

La Regione che ha avuto il più evidente vantaggio dal nuovo conteggio è il Lazio, il cui Pil per abitante nel 2012 era considerato di 29.195 euro mentre con i nuovi criteri è balzato del 12% a a 32.763 per poi flettere a 31.697 nel 2013. Incrementi molto forti con il riconteggio del Pil si registrano anche in Liguria, Lombardia e in provincia di Trento. Nel complesso il Centronord si vede attribuire quasi 2.000 euro pro capite di maggiore Pil, con un incremento del 6,37%; mentre nel Mezzogiorno il miglioramento non arriva a 200 euro a testa. Il divario Nord-Sud, in pratica, sfiora il 46% ed è tornato indietro di mezzo secolo, pari cioè a quello che si registrava a metà degli anni Sessanta. Ma mentre all’epoca la tendenza era al recupero - cioè il Mezzogiorno viaggiava a un ritmo più rapido rispetto al Centronord - adesso il trend è, all’opposto, all’intensificarsi dei divari.

Il report dell’Istat sulle statistiche regionali fotografa anche altri aspetti del quadrante economico tra il 2011 e il 2013. Nei consumi delle famiglie, il Mezzogiorno è al solito in coda ma stavolta ultima è proprio la Campania, che è quindi il territorio con il maggiore disagio per abitante a quota 11.600 euro contro i 12.200 della Puglia, i 12.700 della Sicilia e i 12.900 della Calabria. Anche chi lavora, se è del Sud guadagna meno: i 38.900 euro annui per occupato dipendente in Lombardia scendono a 30.000 euro in Campania e a 29.500 in Calabria.

La Campania si rifà sulla variazione di occupati, con una oscillazione praticamente nulla tra il 2011 e il 2013 (meno 0,1%) contro una performance negativa del Mezzogiorno del 4,7% e dell’Italia tutta del 2,2%. Fanno meglio della Campania soltanto la provincia di Trento, quella di Bolzano e la Lombardia. Il saldo in sostanziale equilibrio della Campania (sia pure su valori assoluti bassi) è dovuto a un apporto positivo dei settori dell’industria (+0,8 punti percentuali tra il 2011 e il 2013) e del commercio (+1 punto), annullati dalla perdita di 1,8 punti per il ramo delle costruzioni, con servizi e agricoltura in sostanziale equilibrio.

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