Se l’Albania è Lamerica della tv

di Guia Soncini
Martedì 25 Novembre 2014, 23:18 - Ultimo agg. 23:21
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Nella sceneggiatura che vorrei, alla fine verrebbe fuori che Agon non esisteva: era un esperimento sociologico messo in scena per celebrare il ventennale di Lamerica, il film di Gianni Amelio in cui gli italiani andati in Albania andati a fare gli splendidi finivano per tornarne su un barcone di immigranti clandestini. In uno sketch degli anni in cui la realtà non aveva ancora rubato il lavoro alla satira, invece, sarebbe esattamente com'è: con Pupo e la Ferilli, e la Ventura e perfino Luisella-verogiornalismo-Costamagna che vanno in studi albanesi a fare programmi per una tv che andrà in onda in Italia. Stasera, sul canale 33 del digitale terrestre, va in onda un galà incredibilmente non intitolato «Il terzo mondo siamo noi, nessuno si senta offeso».

È la diretta di debutto di Agon Channel, rete televisiva che Francesco Becchetti manda in onda dall'Albania. Becchetti è un imprenditore italiano già attivo in un campo in cui l'Italia si è dimostrata fuoriclasse – lo smaltimento dei rifiuti – che si è messo in testa, come diceva Cesare Ragazzi negli anni Ottanta, un'idea meravigliosa. Che non è il trapianto di capelli ma la delocalizzazione culturale.

Non si capisce, in effetti, perché fare orli e pezzi di ricambio all'estero, dove la manodopera costa meno, e non farci anche la tv, che dopotutto siamo tra i peggiori del mondo a fare, e a prezzo pieno. In realtà uno degli elementi più interessanti della narrazione becchettiana – Becchetti ha dato interviste un po' a tutti, e tutti hanno preso per buona la sua versione dei fatti – è la negazione del deprezzamento. Gli albanesi che lavorano per Agon, ha spiegato a Repubblica, guadagnano una nuova unità di misura sindacale: «il doppio d'uno stipendio albanese»; gli italiani guadagnano come in Italia. Spero che nel palinsesto primaverile non manchi un reality sull'intrinseca serenità d'un gruppo di lavoro in cui ti pago a seconda non di quanto sei capace ma della nazionalità: «Scene di lotta di classe nella redazione della Ferilli».

Sabrina Ferilli – a proposito di lotta e di classe e di pane e di brioche – è stata il primo indizio dell'esistenza di Agon. Parecchie settimane fa, sui rotocalchi sono comparse sue foto mentre saliva sull'aereo privato che pare prenda tutte le settimane per la registrazione domenicale del suo talk-show – o almeno così raccontano gli agonisti (mi si perdoni l'uso del termine). Ora, c'è da capirla. Non solo la tv albanese non è poi culturalmente più impresentabile di «beato chi se lo fa, il sofà», ma probabilmente un aereo privato non gliel'aveva mai messo a disposizione nessuno. Certo non l'industria (si fa per dire) dello spettacolo italiana, che in questo momento risparmia pure sui tramezzini.

Qualche settimana fa Christian De Sica ha detto a Vanity Fair che prima ti mandavano l'autista, quando lavoravi in Rai, mentre ora lui va a fare il giurato di Tale e quale in motorino. Considerato che Tale e quale è il maggior successo attualmente in onda alla tv italiana, se non si possono permettere uno straccio d'autista loro chissà gli altri. Forse, in un rovesciamento di trama, l'Albania è diventata Lamerica. Chissà di chi parlava ieri Becchetti quando, alla conferenza stampa di presentazione di Agon, ha detto che «l'80 per cento del mondo dello spettacolo italiano» l'ha chiamato offrendo i propri servigi; chissà se includeva nel novero De Sica, che si accontenterebbe dell'upgrade da motorino ad autista, e figuriamoci in qual brodo di giuggiole può mandarlo la prospettiva di un aereo privato.

Comunque sia, nessuno è disposto a dire che quella è l'ultima spiaggia. Non Nicole Kidman, che stasera presenterà alla festa sgranando un sorriso per ogni totmila euro di cachet, e saranno moltissimi sorrisi. Non Antonio Caprarica, inviato Rai fino a tre quarti d'ora fa, che ora, direttore delle news di Agon, si chiede senza che gli scappi da ridere come si possa imporre il canone agli italiani. Non Pupo, che prima sportivamente ammette che se non lo volessero più neppure in Albania andrebbe senza problemi alla tv kossovara, ma poi tiene a precisare che in Italia ha ancora «moltissime offerte», e che si mette alla prova, in gioco, e tutte le altre locuzioni che si usano per non dire né «canna del gas» né «fondo del barile». Non Luisella Costamagna, le cui dichiarazioni ho letto speranzosa di trovarci un risolutivo «a schiena dritta», ma purtroppo si è buttata sui luoghi comuni minori, limitandosi a dire che le sue interviste saranno «vero giornalismo» e «senza sconti». Non Simona Ventura, che nel corso della conferenza stampa ha tenuto a precisare che è stato Becchetti a chiamare lei, un po' come quelle che ci tengono a dimostrare di non essere state sedotte e abbandonate contando quanti messaggi hanno ricevuto da lui (Simona sta a Valérie Trierweiler come le tv generaliste italiane stanno a Hollande).

E quindi, se tutti fanno gli splendidi, non si capisce perché proprio Sabrina Ferilli dovrebbe ammettere che l'Albania fa parte d'un disturbo post-traumatico: è lì perché non si è ancora ripresa da quei benedetti Oscar cui quello screanzato di Sorrentino non l'ha portata. È lì per dimostrare che c'è almeno un tappeto rosso, all'estero, in cui la bramano. E poi, certo, è lì perché Agon ha in programma – deve avercelo, non possono deludermi non avendoci pensato – il format che noi tutti più desideriamo vedere, e di cui lei e la Ventura si litigheranno la conduzione. Si chiamerà «Alla frutta»: sono le registrazioni delle telefonate con cui le star televisive italiane hanno offerto a Becchetti di andare a lavorare in Albania. Lo stanno preparando, vero? E lo controprogrammeranno durante la settimana di Sanremo, vero?