Se le indagini recitano sulla scena degli Scavi

di Antonio Galdo
Mercoledì 4 Marzo 2015, 23:16 - Ultimo agg. 5 Marzo, 11:57
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Un’operazione spettacolare. Volanti della Finanza in azione alle prime luci dell’alba, conferenza stampa degli inquirenti, in modo da arrivare subito nei siti online e in televisione: tutto per notificare a Marcello Fiori, ex commissario degli scavi di Pompei, e a nove dirigenti del ministero dei Beni culturali e del Turismo una richiesta di sequestro dei beni per danno erariale da parte della Procura della Corte dei Conti di Napoli.



Il primo, Fiori, è accusato per la spesa relativa all’appalto per il restauro del Teatro Grande dell’area archeologica, e da qui una domanda di 6 milioni di euro di risarcimento; gli altri, i dirigenti del ministero, sono chiamati in causa come componenti di una commissione che non avrebbe vigilato sulla congruità dell’intervento.



I fatti non sono nuovi, ed è giusto che la magistratura, compresa quella contabile, faccia la sua parte fino in fondo nell’accertare eventuali responsabilità. Questo giornale ha sempre denunciato, e continuerà a farlo, ritardi e opacità nella palude pompeiana, solo nell’interesse di un luogo che, per la sua rilevanza, può modificare il destino di un intero territorio. Ma, sempre a proposito dei fatti, ieri è apparsa evidente la sproporzione tra l’azione mediatica attorno a Pompei e il reale contenuto delle contestazioni.



Sugli inviti a dedurre consegnati ai dirigenti del Mibac c’era scritto notifica via pec (leggi posta elettronica certificata). Ma la notifica è avvenuta ad opera di pattuglie di polizia giudiziaria partite da Torre Annunziata nel cuore della notte e giunte al domicilio dei dirigenti ministeriali all’alba, come si fa nei blitz contro la malavita organizzata.



E alle prime luci del mattino si era già svolta la conferenza stampa degli inquirenti per annunciare un provvedimento, è bene ricordarlo, assunto dalla procura contabile, che sarà sottoposto a un vaglio di fondatezza solo il 26 marzo dal giudice terzo della Corte Conti. Da sei anni la magistratura penale di Torre Annunziata indaga sugli appalti concessi durante la gestione di Fiori, a partire dal restauro del Teatro Grande, ma finora dalla montagna di filoni di accusa e di perizie varie è stato partorito soltanto un rinvio a giudizio per abuso d’ufficio che, considerando i tempi, non approderà neanche nelle aule di un tribunale ed evaporerà nella nebbia della prescrizione.



A questo punto sorge quasi il sospetto che, rischiando di restare con un pugno di mosche in mano dal punto di vista penale, l’azione penale abbia spostato la sua pressione sul versante contabile-amministrativo, con la spettacolare discesa in campo della Corte dei Conti e degli agenti della Guardia di Finanza. La vicenda ha anche un risvolto politico, e quindi un’ulteriore spinta propulsiva mediatica, visto che Fiori è diventato coordinatore nazionale dei club Forza Silvio, cioè uno dei dirigenti di prima fila di Forza Italia.



Il rischio che Pompei diventi l’ultimo palcoscenico di una contesa politico-giudiziaria è dietro l’angolo.
Nel frattempo il sito è al centro di un progetto che, seppure tra mille ritardi e incertezze (tra queste ci sono anche le sentenze del Tar), sta andando avanti: siamo in un passaggio delicato, nel quale ogni notizia può diventare una bomba a orologeria e compromettere la disponibilità e la spesa dei fondi europei. Un motivo in più per suggerire a tutti, e anche a chi legittimamente indaga, una maggiore sobrietà.