Sesso, animali e parenti in Rete il Votantonio 2.0

Sesso, animali e parenti in Rete il Votantonio 2.0
di Pietro Treccagnoli
Venerdì 29 Maggio 2015, 23:33 - Ultimo agg. 23:40
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È lontana l’epoca di Antonio La Trippa e del suo partito della Restaurazione. Ora siamo al Votantonio 2.0. E che cosa non si fa guadagnarsi un «mi piace» su Facebook o un «retweet» su Twitter. Il voto ai tempi del social network non brilla per creatività. È un riciccio di link, uno sfogo di malumori, un livore ai limite della querela.



Sono pure finiti i tempi delle invasive sfilate di manifesti che non lasciavano un muro nudo, una sequenza di facce banalmente sorridenti che si chiamavano lo sfregio irridente a colpi di pennarello. È finita ed è finita anche una delle campagne elettorali più brutte che si ricordino. Non fosse stato per Maurizio Crozza nei panni di Vincenzo De Luca, tra impresentabili veri o presunti, ci sarebbe stato ben poco da ridere, anche se, a rigore, le elezioni non sono una sit-comedy che di guarda per sghignazzare.



Comunque sia, non sono mancati i pezzi di bravura, tra candidate procaci che hanno confuso le elezioni con le erezioni (in fondo si tratta di un cambio di lettera) e gli emuli di Cetto La Qualunque. E poi un bestiario impolitico di pecore e cavalli, di imprecazioni molto esplicite, di cugini improbabili. Per certe uscite non c’è stato bisogno della Bindler’s List dell’Antimafia per richiamare la categoria di Impresentabili, non per questioni etiche, piuttosto di estetica dell’osceno.



Ne viene fuori un blob di trovate geniali ma che puntano al basso, al già visto, alla coazione a ripetere. Tutto per guadagnare l’usurato quarto d’ora di celebrità. Così, Stefania La Greca, nickname «Divina», candidata in una lista («Ausonia») esclusa dalla competizione e che appoggiava Stefano Caldoro, è tra coloro che hanno già vinto sul web. Per promuovere la candidatura si era esposta in bikini, salutata da apprezzamenti irriverenti. Dopo il depennamento della lista non s’è arresa.



«Non ho smesso di fare campagna elettorale» ha spiegato in una nota «sempre e comunque per Caldoro con la consapevolezza che ha operato bene nell’interesse dei cittadini campani». Però, sul proprio profilo Facebook è passata al tailleur, senza rinunciare al bikini. Alle martellanti battute partorite nella Rete, c’è chi ha risposto alla maniera proto-grillina anche se s’è candidata in un lista che appoggia Vincenzo De Luca.



È Rosa Criscuolo, nota alle cronache della politica rosa per essere stata la Dama Bionda del ministro Claudio Scajola che non si sa se la frequentasse a sua insaputa. Gliene hanno dette di tutti i colori, poverina. I più teneri l’hanno definita come impresentabile (aridaje). Alla fine, la Rosa ribelle del Vesuvio (come si autodefinisce) s’è sfogata con un video di un minuto secco, infilato sui social network e che ha subito fatto il giro delle testate on line.



Ed è stata più che esplicita, con toni e lessico da Vaiasseide (ci perdoni Giulio Cesare Cortese): «Io vorrei rispondere una volta e per tutte: andate affanc... come state. Ve lo dico proprio in faccia. Vi dovete vergognare di stare al mondo. Volete fare lezioni di moralità, a me? Ladri matricolati, avete ucciso il futuro della nostra generazione in Campania». Neanche al San Carlino dei tempi eroici. Persino l’astensionismo ha avuto la propria bellezza da mostrare.



È Giusy Cristiano, 28 anni, studentessa di psicologia, in arte G-Key e che si qualifica come «icona web». Ha tappezzato le strade del centro di Napoli con un manifesto in cui posa seminuda sotto la scritta: «Qualunquemente, io non voto». Lei confessa di aver finora votato sempre il centrodestra e incalza chi «stanco, assopito, sfiduciato di questa politica».



E motiva la scelta in monokini con parole da rivolta anni Settanta: «Ci dobbiamo spogliare tutti. Il mio corpo nudo è ribellione. Dobbiamo combattere perché questo stato di cose deve essere superato». Sono frammenti di un discorso elettorale. Perché oltre il frammento s’è sentito poco. Forse perché oltre il frammento c’era poco da dire. Anche per questo s’è puntato sugli animali.



L’ha fatto l’incontenibile Angelo Pisani (presidente della Municipalità di Scampia, avvocato di Maradona, candidato in una lista d’appoggio a Caldoro e vi abboniamo il resto) che per i suoi manifesti ha scelto una pecora e una scritta contro i disertori dell’urna: «Se non voti ti fanno male. Meglio un giorno alle urne che 1826 da pecora». Cioè cinque anni esatti compreso il mese bisestile. Il calendario non è un opinione.



A Rotondi, nella verde Irpinia, precisamente Valle Caudina quella delle forche antiromane, un sostenitore di Caldoro ha pensato bene di portare in giro un mite cavallo con il nome del governatore uscente a lettere cubitali sul dorso. Sarà stato memore di Caligola: se un cavallo è stato fatto senatore a discendere per li rami si può far tutto. Siamo al citazionismo da bestiario, è vero.



E ognuno si sceglie i modelli. Don Antonio Polese, il re dei matrimoni «alla napoletana», quelli sfarzosi nobilitati al cinema con «Reality» di Matteo Garrone, è sceso in campo, sempre con un video, per sostenere tal Domenico Elefante, inserito in una lista che sostiene il candidato del centrosinistra.



Protagonista di uno show di un’emittente locale, Polese ha mutuato l’iperbole da «Made in Sud», invitando a votare l’amico «a zeffunno e a beverune» che per chi non è napoletafono risulta un po’ ostico. Sono inviti liquidi, che si riferiscono ai temporali («a zeffunno») e alle sbevazzate («a beverune»). Un tempo ci si limitava a parlare di masse. Comunque, con discrezione, pure i big non si sono sottratti alla foto e al video fuori ordinanza.



Caldoro s’è messo a infornare pizze o si è fatto accompagnare dalla schietta Alessandra Mussolini con una t-shirt che in dialetto invitava al voto. La Cinquestelle, Valeria Ciarambino, ha ramazzato le spiagge di Licola. È comparso pure un parente, non bene identificato, qualificatosi come cugino (ma alla lontana) del sindaco di Napoli, Luigi d Magistris. Si chiama Antonio, fa l’imprenditore e nelle foto somiglia all’ex-pm.



S’è candidato con la lista «Mai più Terra dei fuochi» (pro-Caldoro) e si sarebbe fatto propaganda accreditandosi come consanguineo del primo cittadino. È finita a carte bollate, ovviamente.
E c’è chi vola alto, come il veterano Luciano Schifone (Fratelli d’Italia) che, oltre ad aver tradizionalmente tappezzata mezza Napoli e provincia, ha fatto sapere con un comunicato che (testuale)
«dopo essere stato, nel 1999, il primo a utilizzare gli sms quale veicolo per promozionare la propria candidatura, stavolta è andato oltre e per sostenere la propria candidatura alla Regione, ha usato, primo al mondo, addirittura, un drone.



Un candidato, insomma, davvero innovativo». Se la canta e se la suona. Un drone? Roba bellica? Ma primato o non primato e ammesso che a qualcosa serva, un drone, se non spara, è sempre meno molesto di un sms votantonio votantonio.
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