Mussolini e Badoglio sono gli pseudonimi che i camorristi utilizzano per identificare i capi. I bambini delle famiglie mafiose vengono allevati pensando che «quando uscirà zio dal carcere cambieranno molte cose» e non ci sarà più l'amichetto a scuola che dirà: «Siete una famiglia di falliti». Le estorsioni non sono più semplici imposizioni, ma si entra negli appalti a gamba tesa, come quello del depuratore di Orta di Atella dove «sono in arrivo 60 milioni»: «Se ci prendiamo il cinque per cento - dice un affiliato - hai capito quanti sono?». Le mani della camorra arrivano a batter cassa ad una società con sede a Marcianise, e, infine, nell'affare rifiuti a Parete «che è cosa nostra». Questa è la camorra 2.0 dei Casalesi, è cambiato il software ma i nomi sono gli stessi: Bidognetti, Schiavone e tanti altri ancora: 37, per la precisione, accusati di associazione mafiosa. Tanti sono gli uomini e le donne arrestati ieri dai carabinieri del comando provinciale di Caserta e Aversa: due sono in fuga, come nella migliore tradizione delle retate, dai tempi dell'operazione Spartacus I. Si tratta di Giuseppe Spada e Gabriele Salvatore.
Il marchio «Casalesi» passa da padre in figlio e arriva alle belle figlie more del capoclan Francesco Bidognetti Cicciotto e mezzanotte. Il quadro è questo: il papà rinchiuso a Milano-Opera da oltre 30 anni, la mamma Anna Carrino «pentita» si rifà una vita e loro, le figlie, vivono a Formia di rendita. Eppure, Anna Carrino 15 anni fa, fece un appello ai figli affinché abbandonassero il mondo del padre. Appello caduto nel vuoto: il mito dell'eredità è più catalizzatore di sventura che gioiello; questa volta Katia e Teresa Bidognetti sono state arrestate per ricettazione aggravata dal metodo mafioso. Le imprese funebri erano l'affare di famiglia: la Ifa srl e la Nuova Funeral Aversana, per i magistrati della Dda di Napoli, avevano dei soci occulti (Francesco Cerullo, Ernesto e Giovanni Corvino) che versavano mensilmente i guadagni a Vincenzo D'Angelo, marito di Teresa Bidognetti.
E così, anche Gianluca Bidognetti, l'ultimo dei cinque figli del boss Francesco, riesce magistralmente a entrare nell'olimpo dei capi. Lo fa quando viene a sapere, in carcere, di un litigio fra bambini: un bimbo, figlio di un parente di Emilio Martinelli, altro boss, dice al nipotino di Gianluca: «Sei una famiglia di falliti, non siete più nessuno, a casa mia il più poco tiene quattro ergastoli». Il figlio di Teresa viene poi intercettato dagli investigatori mentre interviene in una discussione tra la zia e il papà Vincenzo D'Angelo. «Zia ma quando uscirà zio Gianluca cambieranno tante cose», dice il piccolo. Per carabinieri e Dda, Gianluca Bidognetti, avendo saputo in carcere i fatti, avrebbe ordinato di dare una lezione a Martinelli. È infatti Gianluca a introdurre il discorso durante il colloquio in carcere con il cognato Vincenzo. «Ma quello sporco del Barone (soprannome di Emilio Martinelli) che fine ha fatto?» chiede Gianluca, e D'Angelo risponde: «Chi lo vede, per piacere non farmi girare lo stomaco». La lezione a Martinelli non ci sarà e questo manderà su tutte le furie Gianluca. Più tardi, però, il 29 gennaio del 2021, il rampollo dei Bidognetti sarà trovato con un cellulare nella sua cella di Terni: faceva videochiamate all'esterno. Ciò che emerge è una pax mafiosa fra Schiavone e Bidognetti e una cassa comune, grazie all'interessamento di Giosuè Fioretto, egemone su Castel Volturno.
Per il resto, alcuni affiliati venivano chiamati Mussolini (Franco Bianco, braccio destro di Giovanni Della Corte, clan Schiavone) e generale Badoglio (Nicola Garofalo, Bidognetti) per indicare la diversa politica degli schieramenti. Fra gli arrestati, anche la sorella della ex compagna di Bidognetti senior: Emiliana e Francesca Carrino (nipote), quest'ultima sfuggita a un agguato del killer Setola nel 2008. I carabinieri hanno scoperto che le richieste estorsive erano violentissime: Vincenzo Di Caterino e Franco Sagliano sono accusati di aver usato in dei cantieri due kalashnikov. Ma uno dei figli che si duole del destino della famiglia però c'è, è Ivanhoe Schiavone, figlio di Francesco «Sandokan», che dice: «Io non lo giudico mio fratello Nicola (pentito)...perchè sapendo il retroscena che gli altri si sono arricchiti, dopo dieci anni di galera ha fatto bene». Ivanhoe, infatti, è l'unico figlio di Sandokan libero.