Pizza a canotto, il segno culturale
segno della nuova generazione

Pizza a canotto, il segno culturale segno della nuova generazione
di Tommaso Esposito
Martedì 10 Gennaio 2017, 07:02
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Negli ultimi anni si è diffusa la moda della pizza canotto, diventato quasi un simbolo distintivo per la giovane generazione di pizzaioli oltre che delle pizzerie della provincia di Caserta. Ma di cosa si tratta?
È presto detto. Tutti sanno, o meglio dovrebbero sapere, che la storia della pizza a Napoli è anche storia di dimensioni del disco di pasta. Una volta non c'era bisogno di palati esperti. Bastava già l'occhio per capire se una pizza fosse nata in un locale storico del Vomero, del Vasto, di Forcella, della Marina o di Via Tribunali. Era una questione di misure. Gli americani che sono stati bravissimi a copiarcela e a trasformarla in un loro prodotto autoctono nazionale, dicono Pizza Size, la taglia.
Storicamente, quindi, al Vomero, ma anche nei ristoranti che avevano un forno pizzeria, nasceva una taglia M, non raggiungeva il bordo del piatto, circa 33 centimetri, e aveva il cornicione alto. Lungo la Marina aveva taglia L, quella che raggiunge il bordo del piatto senza superarlo e cornicione ora basso ora alto. Ai Tribunali era sottile e di misura XL, oltre il bordo del piatto. A Forcella e nel Vasto, a domanda, la pizza è XXL e sta oltre, ben oltre il bordo del piatto. Qui, ad esempio nell'Antica Pizzeria da Michele di Via Sersale, diventa a' rota e carro, a ruota di carro come già cantava il poeta Velardiniello nel 1500.
Oggi la pizza canotto identifica la pizza di taglia M, quella che ha un disco sottile e il cornicione alto fin oltre i 3 cm, che al taglio si presenta alveolato, pieno di caverne e al palato morbido, scioglievole. Una nuvola comincia a dirsi in gergo. Il cornicione a canotto nasce soprattutto dalla capacità del pizzaiuolo di ammaccare il panetto di pasta spostando l'aria dal centro verso la periferia del disco, così per meglio confinare gli ingredienti della pizza. Nel cornicione non ci dovrà essere pane, ma aria.
E questo effetto è meglio determinato proprio dagli impasti più idratati, lievitati lentamente, maturati a lungo, a volte fino a 48 ore. La pizza canotto identifica, perciò, anche la scelta fatta da una generazione pizzaiuoli, ventenni e trentenni, che si distinguono per la loro applicazione allo studio delle farine e degli impasti e, quindi, inforna e sforna pizze dal bordo cornicione alto, molto più alto di quello che il disciplinare STG o quello delle associazioni dei pizzaiuoli napoletani impone: uno, due cm, non oltre. Questione di identità generazionale, dunque. Ecco spiegata la tensione con cui è stata vissuta l'intera vicenda sul web.

Certo, l'origine del cornicione alto appartiene alla storia napoletana, basti ricordare la pizza che usciva dalle mani di Salvatore Grasso nella vomerese pizzeria Gorizia. Oggi identifica anche, ma impropriamente, una tendenza casertana maggioritaria.
Infatti,il primo Franco Pepe si caratterizzava per il cornicione a canotto, così come oggi si distinguono Nino Antonio suo fratello nella pizzeria storica di famiglia a Caiazzo e Pasqualino Rossi ad Alvignano. A Caserta città c'è Francesco Martucci a I Masanielli, Otello Schiavon a Piano B, mentre ad Aversa c'è Carlo Sammarco, detto ferrarelle. A Orta di Atella lavorano Stefano Caiazza e Salvatore Lioniello.
A Napoli la linea giovane della pizza a canotto si distingue con Enzo Bastelli da Ieri Oggi e Domani, mentre a Pozzuoli c'è Diego Vitagliano, quello delle nuvole appunto. Ad Acerra c'è Gaetano Giglio. E nel Sannio a Montesarchio c'è Giuseppe Bove a Il Segreto di Pulcinella.
 
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