Bagnoli, la perizia choc del Tribunale: «Bonifica incompiuta: resta il rischio»

Bagnoli, la perizia choc del Tribunale: «Bonifica incompiuta: resta il rischio»
di Viviana Lanza
Martedì 28 Febbraio 2017, 08:56 - Ultimo agg. 12:35
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È una bonifica tra luci e ombre quella che appare descritta nella consulenza disposta dal Tribunale e depositata ieri al processo sul caso Bagnoli. In duecento pagine le risposte del superconsulente scelto dai giudici riaccendono i riflettori su Bagnoli, sui lavori fatti, sui possibili rischi ambientali, su quanto ci sarebbe ancora da fare. C’è spazio sia per conclusioni che depongono, con riferimento ad alcune aree, a favore di una situazione di pericolo a cui solo una nuova azione di bonifica può dare soluzione sia per conclusioni dalle quali, per altre aree, non si ravvisano particolari irregolarità. Uno degli aspetti più all’attenzione dell’opinione pubblica riguarda il presunto rischio sanitario per i futuri residenti dell’ex area industriale, per adulti e bambini di quella zona. «Si ritiene che gli interventi di bonifica certificati, così come realizzati abbiano compromesso la futura fruibilità dei luoghi, - conclude l’esperto - perlomeno quelli a destinazione d’uso residenziale, arrivando talora a incrementare le concentrazioni esistenti prima della bonifica». 

È una delle conclusioni più allarmanti tra quelle del geologo Claudio Galli, incaricato dai giudici della sesta sezione penale (presidente Sergio Aliperti), di approfondire i dettagli della bonifica di Bagnoli al centro del processo che a questo punto si avvia alle battute conclusive. Tra le aree a uso residenziale a cui l’esperto fa riferimento è indicata quella del Parco urbano. «Tale compromissione - precisa il consulente - determina la necessità di una nuova attività di caratterizzazione e di bonifica/messa in sicurezza». Alta la percetuale: 7 campioni su 7 hanno rivelato «la presenza di granulometria fine», roba che andrebbe destinata a una discarica per dirlo in estrema sintesi. «Nel 90% dei campioni (18 su 20) rilevati tenori ampiamente superiori agli obiettivi di bonifica previsti».

C’è nella relazione un rifermento alla presenza di sostanze cancerogene per Ipa e Pcb e a possibili rischi da contatto dermico e ingestione, mentre non ci sono conclusioni su eventuali rischi da inalazione. Quanto a un presunto o eventuale rischio per i lavoratori impegnati nei lavori di bonifica, «allo stato attuale dei dati in nostro possesso - scrive l’esperto - non è possibile definire con certezza se i lavoratori che hanno effettuato la bonifica abbiano potuto subire un danno alla salute a seguito dell’esposizione ad inquinanti». 

Luci e ombre, si diceva. E’ una questione che continua a essere vista da due prospettive diverse, l’accusa da una parte e la difesa dall’altra. Per alcuni aspetti la superperizia voluta dal Tribunale sembra allinearsi alla tesi accusatoria, per altri sembra tenere aperti i dubbi sollevati dalla difesa. La materia è estremamente tecnica, ogni risposta del consulente va valutata e misurata con gli altri temi e termini del processo. «Non l’abbiamo ancora letta - spiega l’avvocato Riccardo Polidoro che fa parte del collegio difensivo e nel processo assiste gli ex vertici di Bagnoli futura - ma è una perizia da valutare con molta attenzione tenendo presente la rilevanza penale delle conclusioni, il riscontro nei capi di imputazione contestati». La relazione dell’esperto scelto dal Tribunale è anche attentamente allo studio del pm Stefania Buda che nel processo rappresenta la pubblica accusa contestando agli imputati (tra ex vertici di Bagnolifutura, esponenti del ministero dell’Ambiente, funzionari Arpac, dirigenti di Comune e Provincia) disatro ambientale e altre irregolarità nei lavori che furono disposti per ripristinare l’ex area industriale della zona flegrea. 

Gli interventi fatti hanno provocato danni alla salute dei cittadini oppure sono solo suggestioni? «Non sono emersi elementi che ci permettano di concludere con certezza che esiste un rapporto tra inquinamento e eventuale danno alla salute» è stata la risposta del consulente del Tribunale. Motivo? «Mancano dati epidemiologici e dati di monitoraggio biologico che esprimono la reale dose assorbita». Un altro interrogativo dibattuto è quello che riguarda la qualità del terreno usato per il Parco dello Sport per il sospetto di morchie inquinanti. 

«È difficilmente riscontrabile la presenza di tali rifiuti direttamente in campo in un’area così vasta...La limitata volumetria che sarebbe stata messa a dimora (si parla di 3 bilici quindi circa 40-50 mc) ha reso di fatto assai difficile definirne l‘eventuale posizione all‘interno di un’area come il Parco dello Sport grande circa 30 ettari». Tuttavia, «in nessuna delle trincee esplorative eseguite nel Parco dello Sport sono emerse evidenze di rifiuti pericolosi interrati» ha precisato la superperizia. Quanto al Parco Urbano, le conclusioni sono state che «nelle aree investigate e tutte provviste di certificazione di avvenuta bonifica gli interventi di bonifica e messa in sicurezza non risultano eseguiti secondo quanto previsto dalla normativa vigente e secondo quanto previsto dalle varianti approvate», ritenendo i dati sul livellamento «poco rappresentativi» e quelli su ricostruito e riempimento «non conforme alla destinazione d’usodefinita dalla variante». Riscontrato un superamento «spesso oltre 10 volte il limite» da inquinanti Ipa e Pcb. 
Ora si va in aula.

La superperizia sarà presto al vaglio di giudici, pm e avvocati. Il processo riprende il 17 marzo con l’esame di altri imputati in attesa dell’appuntamento con il consulente del Tribunale che sarà ascoltato in dibattimento.

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