Phonotype, addio a Enzo Esposito: quando il disco nacque a Napoli

Phonotype, addio a Enzo Esposito: quando il disco nacque a Napoli
di Pietro Gargano
Venerdì 20 Gennaio 2017, 10:31
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Ha fatto appena in tempo a vedere stampato l'ultimo disco, cui teneva tanto: «Sud» di Consiglia Licciardi. Ogni tanto chiamava gli amici per aggiornarli sullo stato dell' incisione. Agli ultimi, sparuti custodi di cantanapoli la sua sapienza mancherà tanto. Vincenzo Esposito se n'è andato senza clamore, com'è tradizione di famiglia. Era nato a Napoli il 24 marzo 1941. Darà addio oggi alle 10.30 nella chiesa di Santa Lucia, dopo piazza Plebiscito.

Esposito, a Napoli, è il cognome dato in principio ai bambini abbandonati - esposti - nella ruota dell'Annunziata. Esposito è pure il cognome di chi, partendo appunto dal basso, ha creato l'industria del disco in Italia. Esposito significa Phonotype, uno dei tanti primati dimenticati dalla città. La storia di famiglia è ricca al punto che quando entravi nella sede della Casa, in via Enrico De Marinis 4 angolo Mezzocannone, per un acquisto o per un recupero di memoria, Vincenzo e i suoi fratelli Ferdinando e Roberto, visti anche in «Passione» di Turturro, ti offrivano il caffè usando per guantiera un'antica matrice di disco di cera nera.

Enzo, uno dei 9 figli di Americo, era entrato nell'azienda 60 anni fa e nel 1986 aveva preso la carica di amministratore unico. Come i germani, si occupava un po' di tutto. Parlava volentieri della secolare vicenda dell'impresa, nata proprio a quell'indirizzo nel 1901, se non che all'epoca le stanze non esistevano, c'era solo una stalla. Raffaele Esposito detto o Fruntino, il fondatore, di cavalli si intendeva. Possedeva una bottega in via Sant'Anna dei Lombardi, in cui si facevano selle, briglie, fruste, le migliori di Napoli, predilette da casa Savoia. Divenne ricco, fu cavaliere e acquistò per l'estate una villetta a Capodimonte. Gli piaceva la lirica, così comprò un grammofono a cilindro, tra i primi in città. Alle feste invitava i cantanti del San Carlo e azionava l'apparecchio con quello strano oggetto circolare chiamato disco. Gli dissero: «Perché non li producete voi?».

Essere un poco pazzi è un difetto, però negli affari può aiutare. Don Raffaele si procurò macchinari avanzati e li sistemò nella vecchia stalla. Il primo marchio di fabbrica fu, appunto nel 1901, Società Fonografica Napoletana, detta La Sirena per donna sul logo. Quel 1901 sta ad attestare un primato nazionale assoluto. Solo l'anno dopo Enrico Caruso cantò in un imbuto di latta a Milano, e lo fece per i forestieri. Va ricordato a quanti sostengono che Napoli deve vivere solo di turismo e non può avere un futuro imprenditoriale.

Arrivarono subito i primi prodotti di qualità, le macchiette di Maldacea nel 1909, le melodie di Elvira Donnarumma e Gennaro Pasquariello nel 1910. La società cambio nome nel 1911 e divenne Phonotype Records. Tutto questo ricordava, sottolineando il ruolo del padre Americo, don Vincenzo Esposito.

Papà Americo, aggiungeva don Vincenzo, vendeva nei suoi negozi napoletani. «La società aveva contratti in esclusiva con gli editori musicali. La Canzonetta, Bideri fornivano un bollino per quantificare le copie prodotte. Autori e cantanti erano pagati dagli editori stessi, poiché non esisteva ancora il diritto d'autore individuale. L'uscita dei dischi era reclamizzata dai giornali, le canzoni venivano diffuse tramite i posteggiatori, le Piedigrotte, i pianini meccanici, la vendita delle copielle, i fogli con i testi dei brani».

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