Campotosto, incubo diga
L’Enel: nessuna anomalia

Campotosto, incubo diga L’Enel: nessuna anomalia
di Francesco Pacifico
Domenica 22 Gennaio 2017, 22:56
5 Minuti di Lettura
 A fine serata Luciano D’Alfonso prova a mantenere le calma. Qualche ora prima Sergio Bertolucci, fisico di fama mondiale (è stato direttore della ricerca al Cern di Ginevra) e presidente della commissione Grandi rischi, ha fatto sapere davanti alle telecamere del Tg3 che la diga sul lago di Campotosto rischia con un nuovo sisma di fare la fine del Vajont. Salvo poi smentire la cosa, come del resto ha fatto il gestore dell’invaso (l’Enel), una volta scoppiato il panico tra le popolazioni che vivono accanto al secondo bacino europeo. Un’uscita che il governatore dell’Abruzzo non ha gradito affatto.

Anche perché nel 2009 si è scoperto che nel 1940 la diga è stata costruita su una faglia sismica. «Non ci sono rischi, non c’è un pericolo imminente. Ma da ufficiale pubblico», spiega D’Alfonso, «io sono tenuto a prendere tutto sul serio. E prendo sul serio il primo comunicato della commissione Grande rischi, la rettifica fatta dal presidente Bertolucci. Però quando saremo usciti da quest’emergenza, voglio che si faccia piena luce su tutte le parole e soprattutto su alcuni aggettivi usati da lui». Da giorni quest’area montana dell’Aquilano è bloccata dalla neve: le strade sono impercorribili e i soccorritori fanno fatica a raggiungere nelle frazioni più isolate alcune famiglie rimaste senz’acqua e cibo o alcuni allevamenti.

Senza contare che qui da oltre sei anni si vive sull’allarme del bacino costruito su una faglia sismica. E lo spettro si era materializzato dopo che il sindaco di Campotosto, Luigi Cannavicci, aveva raccontato che un costone rischia di staccarsi dal monte che si trova sopra la frazione di Ortolano, a mille metri d’altezza. Poi, dopo le parole di Bertolucci, si è passati dal panico all’isteria, con i sindaci che hanno chiesto una tecnostruttura per ospitare gli abitanti delle frazioni, che invece sarebbe «bloccata per alcuni cavilli tecnici». Se non bastasse, soltanto i comuni della zona hanno chiuso le scuole, ma lo stesso ha fatto nel rietino il primo cittadino di Leonessa. In questo clima, mentre ci s’interroga sulla celerità dei soccorsi al hotel di Rigopiano e, più in generale, sulla tenuta della Protezione civile nel Paese, le parole del presidente della commissione Grandi rischi gettano ulteriore benzina sulle polemiche che hanno seguito la nuova scossa ultimo sisma in centro Italia.

Anche perché il paragone con il Vajont, dove ci furono oltre 1.900 morti, non è così peregrino: il lago di Campotosto, in un’area dove risiedono oltre 700 persone su tre comuni, è il secondo invaso in Europa con il suo bacino da 300 milioni di litri, è stato costruito a 1.313 metri d’altezza, ha una profondità di 35 metri e i sue tre sbarramenti (la diga di Poggio Cancelli a nord-ovest, quella di Sella Pedicate a sud, quella di Rio Fucino) sono state rispettivamente realizzate in terra battuta, in terra battuta con ferro e cemento, in calcestruzzo e ferro. Proprio quella di Rio Fucino, alta 44 metri, è vicinissima alla faglia sismica dei Monti della Laga, profonda una quindicina di chilometri e lunga una trentina, che finora non ha subito movimenti, ma che se registrasse delle tensioni – i sismologi la considerano attiva – potrebbe creare un terremoto capace di arrivare fino a 7 gradi della scala Richter.

Una potenziale bomba d’acqua, quindi, il lago di Campotosto. Ma per l’appunto è un’ipotesi. Ed è la conclusione alla quale è arrivata la commissione Grandi rischi venerdì scorso, spiegando che siccome la sequenza sismica va avanti da mesi, alcune scosse potrebbero aver liberato energia sulla faglia che va da Montereale a L’Aquila, non lontano dalla diga. Un allarme sul quale è difficile fare luce, perché – come hanno spiegato alcuni tecnici – con la neve è stato impossibile fare controlli negli ultimi giorni. Ma davanti alle telecamere del Tg3 Bertolucci si è mostrato meno cauto: nei pressi di Campotosto «una faglia si è parzialmente riattivata e ci possono essere movimenti importanti di suolo che cascano nel lago». Quindi «bisogna immediatamente renderlo trasparente alle autorità e alla popolazione».

Poi, con le prime polemiche, la correzione: «Non c’è nessun pericolo imminente di un effetto Vajont. È importante continuare a monitorare l’evoluzione sismica in quella zona, in quanto esiste un aumento della pericolosità dovuta ai movimenti della faglia». La sua conclusione? «Non possiamo essere rassicuranti, ma non vogliamo nemmeno creare panico». Qualche anno fa il centro studi indipendente Eucentre spiegò che un caso Vajont era quasi impossibile, ma allo stesso tempo consigliava al gestore dell’invaso di fare opere di rafforzamento della struttura. Dal canto suo l’Enel monitora la diga dal sisma del 2009, dopo l’allarme lanciato venerdì ha deciso di ridurre la presenza di acqua, e in una nota emessa ieri ha confermato che le verifiche di queste ore hanno dimostrato la solidità dell’impianto.

Sentite le dichiarazioni di Bertolucci, il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, ha convocato a Roma per questo pomeriggio – si legge in una nota - «una riunione sulle Grandi dighe delle regioni del Centro Italia colpite dai recenti eventi.
Il ministero esercita, infatti, un’azione di vigilanza tramite la Direzione generale specifica». Con lui saranno presenti il governatore D’Alfonso e i suoi tecnici, le altre regioni coinvolte, la Protezione civile, il Consiglio superiore dei lavori pubblici, i gestori che hanno la responsabilità dei controlli. «E noi a questo punto», aggiunge il presidente dell’Abruzzo, «chiederemo in quella sede una verifica ufficiale sul piano di Protezione civile e su quelle delle emergenze, perché non si scherza con gli allarmi. Già oggi (ieri, ndr) abbiamo avuto una riunione in prefettura nella quale abbiamo sollecitato l’attenzione del governo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA