Dramma lavoro, la formazione che serve ai giovani

di Enrico Del Colle
Venerdì 12 Aprile 2024, 23:04
3 Minuti di Lettura

Si pensi che il tasso di disoccupazione totale è pari al 7,5%, quello giovanile sfiora il 23%, mentre il tasso di inattività complessivo è pari al 33%, con quello giovanile oltre il 70%, fonte Istat. Le risposte non sono semplici, né valide per tutti i tempi e i territori, ma quelle più “gettonate” appaiono in primo luogo il difficile incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro (da attribuire in particolare alla difficoltà di individuare figure professionali adeguate alle richieste del mercato e anche alla lontananza del posto di lavoro rispetto al luogo di residenza), in secondo luogo l’insufficiente presenza di lavoratrici (a causa principalmente dei disagi delle giovani donne nel poter conciliare il lavoro con la cura dei figli) e, poi, la non sempre adeguata retribuzione (malgrado un costo del lavoro tra i più alti in Europa). Sono, queste, cause molto incisive che vanno monitorate e, quando possibile rimosse anche per riallineare la domanda con l’offerta di lavoro; però, quello che appare carente è una sostanziosa partecipazione dei giovani ai percorsi di istruzione e/o di formazione, senza la quale potremmo rimanere indietro nella graduatoria internazionale e, ancora peggio, nella competitività globale. Va detto, infatti, che l’adesione dei nostri giovani (con età compresa tra i 18 ed i 24 anni) ai suddetti percorsi non supera il 70% mentre la media Ue sfiora l’80%.

Perché accade questo e come porvi rimedio? Innanzitutto, occorre far presente come il multiforme mondo della formazione non si esaurisca nella pur fondamentale combinazione Scuola/Università, ma c’è quell’ambiente di mezzo contraddistinto da itinerari formativi pratici e professionalizzanti (come gli Its) nei quali si individuano due elementi di possibile successo: da un lato una proposta decisamente empirica e dai contenuti estremamente pratici e dall’altro la presenza di “docenti” provenienti dal mondo imprenditoriale capaci di “testimonianze” concrete del contesto produttivo e dei servizi. È importante, infatti, che il sistema formativo e la realtà economica mantengano un dialogo vivo soprattutto nel mondo educativo pubblico nel quale deve consolidarsi l’idea di aggiornare i contenuti della didattica in funzione di ben definiti obiettivi e in linea con i nostri tempi.

Detto ciò, c’è da recuperare un aspetto della formazione dei giovani, spesso dimenticato o, comunque, non considerato essenziale: in questo momento caratterizzato da innovazioni tecnologiche avanzate, le conoscenze tecniche e digitali sono ovviamente necessarie, ma la velocità con la quale si modificano gli elementi innovativi rischia di ridimensionarne l’attualità. Per un’adeguata e completa formazione dei giovani, quindi, c’è bisogno di “addizionare” altri saperi che non hanno una “scadenza”, ovvero quelle conoscenze che non diventano mai desuete – come la logica che porta al ragionamento – le quali contribuiscono non poco ad aprire la mente e a risolvere i problemi lavorativi con un approccio concettuale e applicativo al tempo stesso.

Con quali tempi e con quali modalità saremo in grado di “costruire”, per la maturazione dei nostri ragazzi, un tragitto adeguato a coniugare i cambiamenti in atto con una base formativa stabile, dipenderà dalla “bravura” della nostra società di saper orientare nella giusta direzione i necessari provvedimenti, evitando così di accettare “fatalmente” il mutare delle situazioni. Un’ultima riflessione la vogliamo riservare, alzando lo sguardo, alla formazione in generale, dato che i suoi effetti non si fermano alla condizione giovanile, ma coinvolgono anche gli adulti. A tale riguardo osserviamo che poco più del 35% degli individui tra i 25 e 64 anni ha partecipato ad attività di istruzione/formazione (media europea sopra il 45%, fonte Istat), adducendo come motivazioni la mancanza di interesse ed anche gli alti costi di partecipazione; inoltre, dai dati si evince come la condizione occupazionale incida fortemente (in Italia, meno del 20% dei disoccupati aderisce ad un corso di formazione, con media Ue del 35%) e come lo scarso utilizzo dei mezzi di orientamento si accompagni alla bassa partecipazione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA