I conflitti armati, soprattutto quelli contemporanei avvenuti dopo la caduta del muro di Berlino, hanno portato e tuttora portano con sé, sempre, una specifica tipologia di abbrutimento: la “guerra alle donne”, ossia lo stupro come terrificante strategia e arma di guerra. È un comune denominatore dalla guerra in Ruanda, a quella nei Balcani e, adesso, in Ucraina e a Gaza. È il prezzo indegno che le donne devono pagare chissà per qualche assurda legge della disumanizzazione dell’uomo.
Che in tempo di guerra arriva a odiare così ferocemente l’altro essere umano tanto da dimenticarsi di Dio o di Allah. Ma per fortuna esiste oltre alla giustizia divina anche una terrena e speriamo che chi si macchia di questi crimini contro l’umanità possa pagare, anche oggi, un prezzo - che non sarà mai troppo caro - come è successo per le guerre nel Ruanda e nei Balcani attraverso i Tribunale penali creati ad hoc che hanno emesso centinaia di sentenze e condanne a riguardo.
In Ruanda all’inizio di aprile si sono commemorati i trent’anni dal genocidio ad opera delle milizie estremiste Hutu contro i Tutsi, uno dei massacri più cruenti del XX secolo in cui persero la vita circa un milione di persone in cento giorni. Il Tribunale penale internazionale per il Ruanda ha perseguito il primo caso che ha riconosciuto lo stupro come strumento per commettere un genocidio. Nei primi mesi di guerra circa 500mila donne, la maggior parte delle quali tutsi, furono violentate e migliaia di loro portano ancora i segni di quelle atrocità subite, ma sono riuscite a ricostruire le loro vite con molto coraggio e il piccolo Stato ruandese, oggi, ha ritrovato la propria pace.
Nel giorno delle celebrazioni del genocidio Ursula von der Leyen ha dichiarato: «Lodiamo il viaggio del Ruanda dall'oscurità alla speranza e dal dolore al progresso. È un esempio per il mondo». Negli anni Novanta, durante le guerre nei Balcani, nella sola Bosnia-Erzegovina furono compiuti circa 50.000 stupri di donne, uomini e bambini. Alcune donne furono addirittura detenute per mesi nei cosiddetti “campi di stupro”. In quell’occasione il Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia diede vita, per la prima volta, ad un precedente importantissimo per il diritto internazionale: gli stupri di massa furono perseguiti come crimini di guerra ed emesse decine di condanne per violenza sessuale per quella guerra.