Le scelte che l’Europa è chiamata a sostenere

di Umberto Ranieri
Lunedì 8 Aprile 2024, 23:00 - Ultimo agg. 9 Aprile, 06:00
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Il Cremlino continua ad usare la strage al Crocus city hall del 22 marzo per accusare l’Ucraina e alzare la posta contro l’Occidente. Una delle caratteristiche dei regimi autoritari, sosteneva Hannah Arendt, è “fabbricare la verità, sostituendo attraverso la menzogna sistematica un vero e proprio mondo fittizio a quello reale”.

Putin dovrebbe essere accusato almeno di negligenza. La tragedia è stata resa possibile dal clamoroso fallimento del servizio federale russo per la sicurezza. Ha ignorato gli avvertimenti delle ambasciate degli Stati Uniti e di altri Paesi in possesso di informazioni di intelligence che il 7 marzo avevano avvertito Mosca del rischio di un imminente attacco terroristico a raduni di massa, come concerti.

C’è chi torna con la mente alle parole di Elena Bonner, vedova di Andrei Sacharov, pronunciate in un discorso nel 2000 sulla tragedia delle guerre cecene: «Le esplosioni di palazzi nelle città russe che hanno causato centinaia di vittime, hanno garantito a questa guerra un appoggio nazionale quasi totale, a Putin un’alta popolarità ed elezioni sicure. Non so chi sia responsabile di queste esplosioni ma psicologicamente sono il parallelo contemporaneo dell’incendio del Reichstag…».

C’è da augurarsi che le classi dirigenti dell’Occidente non smarriscano le conseguenze che avrebbe la vittoria di Putin. Darebbe un colpo mortale alla Nato e lascerebbe indifesi gli Stati di confine, il perpetuo oggetto di desiderio della Russia. La sua vittoria condurrebbe al rafforzamento di un regime autocratico in una fase della storia del mondo in cui lo scontro tra autocrazie e democrazie sta assumendo una dimensione decisiva. Sono questi i punti sollevati con una iniziativa dall’enorme valore storico politico dal documento degli storici tedeschi reso pubblico in questi giorni.

Il carattere caotico e conflittuale della politica mondiale appare destinato a durare. Una guerra in piena Europa e il drammatico riacutizzarsi della crisi in Medio Oriente, scrive Manlio Graziano nel suo “Disordine Mondiale”, hanno contribuito alla percezione che la realtà che ci circonda sia sempre più caotica e incontrollabile.

In un tale contesto è essenziale che Stati Uniti ed Europa non si dividano. Obiettivo arduo se Trump tornasse alla Casa Bianca. Lo confermano le sue sconsiderate dichiarazioni sulla Nato. Anche per questo, i tempi stringono per le scelte dell’Europa. La difesa europea è rimasta dipendente dalla garanzia offerta dall’alleato americano che ha compensato le molteplici scarsità e inefficienze delle singole difese nazionali europee.

È sul binomio America-Europa che la parte occidentale del vecchio continente ha trovato la base della sua espansione economica mondiale, nonché la resistenza alla pressione dell’Unione Sovietica di Stalin e dei suoi successori. È difficile pensare che si possa procedere ancora a lungo su queste basi. Il confronto per l’influenza nel cosiddetto spazio Indo-Pacifico e l’aumento della rilevanza economica, tecnologica e militare della Cina spostano la priorità dell’impegno politico militare degli Usa verso l’Asia.

Il legame con gli Stati Uniti resta per l’Europa un asset fondamentale ma gli europei sono chiamati ad una assunzione di responsabilità per assicurare il loro futuro: dotare l’Europa di una capacità di difesa che la protegga dal neo-espansionismo russo e da altri possibili aggressori. La difesa è la terza grande sfida per l’Europa, si aggiunge a quella ambientale e a quella tecnologica. Non è una impresa facile. Occorre che gli europei accettino uno spostamento di risorse in favore della difesa. Realizzare all’interno dei Parlamenti degli Stati membri dell’Unione, accordi tra maggioranze e opposizioni sulla necessità di investire sulla sicurezza. Come scrive Angelo Panebianco, la sicurezza fisica dei cittadini europei, così come il mantenimento di condizioni di libertà e democrazia nel Vecchio Continente, dipendono dalla capacità delle classi dirigenti di scuotere dal torpore le opinioni pubbliche. Tempi stretti, scelte impegnative.

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