Martino: «Con la Russia può esserci un nuovo inizio, ma non sulle sanzioni»

di Ebe Pierini
Venerdì 20 Gennaio 2017, 23:33
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Donald Trump ha giurato ieri come 45° presidente degli Stati Uniti. Lucio Martino, del Guarini Institute, presso la John Cabot University di Roma analizza come cambieranno i rapporti tra Stati Uniti e Russia, Europa e Iran ma anche quale sarà il futuro della presidenza Trump.

Si è molto discusso della possibilità che i russi abbiano influenzato l’esito del voto in Usa. Quale sarà il futuro del rapporto tra Trump e Putin?
«La situazione offre la possibilità di un nuovo inizio da non intendersi nel senso di una nuova sintonia bilaterale ma in termini della formulazione di una nuova strategia, focalizzata verso questo Paese, che ne riconosca le sgradevoli realtà politiche, che non dimentichi le garanzie di sicurezza alla base dell’Alleanza Atlantica e che eviti nuove escalation di tensione. Tuttavia, tanto il presidente Trump quanto il presidente russo Putin, non hanno finora nascosto tendenze e inclinazioni che, se inalterate nel tempo, potrebbero condurre a un peggioramento nei rapporti tra le due grandi potenze nucleari. Inoltre, il Congresso Usa si è sempre dimostrato a favore di scelte anche molto dure nei confronti della Federazione Russa e non ci sono ragioni per credere che questo stato di cose possa cambiare, almeno nel breve periodo. Qualsiasi tentativo da parte di un’amministrazione Trump percepita dal Congresso come debole nei confronti della Federazione Russa volto ad alleggerire le sanzioni contro questo paese, potrebbe condurre a maggioranze a prova di veto presidenziale mirate a reintrodurre tali misure». 
Il neo presidente Trump nei giorni scorsi ha definito la Nato un’organizzazione obsoleta e la Brexit come una grande cosa. Cambierà il rapporto tra Usa ed Europa?
«Forse è ancora presto per tentare un bilancio di quanto l’amministrazione Obama sia effettivamente riuscita a riavvicinare le due sponde dell’Atlantico, in particolare se teniamo presenti le controversie riguardanti l’intervento in Libia e lo spionaggio ai danni di molti governi europei. Nell’evidenziare l’obsolescenza della Nato, nell’applaudire l’uscita britannica dall’Ue, nell’augurarsi una convergenza d’interessi con la Federazione Russa e nel progettare una forte svolta protezionistica che potrebbe anche portare a una guerra commerciale con la Cina, il presidente Trump sembra riproporre quello stesso allineamento internazionale che fu alla base della vittoria alleata nella seconda guerra mondiale. A perderci saranno i Paesi che più hanno tratto vantaggio dai settant’anni di pax americana, quali la Germania e il Giappone, per non dire delle così dette nuove economie emergenti».
Come vede il futuro? Ci sono le prospettive di un secondo mandato Trump e chi potrà essere il suo erede?
«Il partito democratico sembra sprofondato in una crisi della quale non s’intravede soluzione. Nel perdurare di questa situazione, non ci sono ragioni per non ritenere probabile un secondo mandato. Il percorso dell’amministrazione Trump non si preannuncia particolarmente comodo, posto che non sempre potrà contare sul supporto compatto neppure del proprio partito. Inoltre è sempre presente il rischio che sia accesa nei confronti del nuovo presidente una qualche procedura d’impeachment, magari per via dei suoi rapporti con la Federazione Russa. Quanto a chi potrebbe un giorno raccogliere l’eredità politica di Donald Trump, l’impressione è che il futuro potrebbe riservare tale ruolo proprio a sua figlia Ivanka, non per niente destinata a godere di una grande visibilità nei prossimi anni».
Quale sarà la politica di Trump nei confronti dell’Iran e quale sarà il destino degli accordi sul nucleare?
«Gli Stati Uniti non hanno mai avuto una vera e propria grande visione strategico-politica nei confronti dell’Iran. Sarà molto difficile per la nuova amministrazione far deragliare l’accordo per il nucleare iraniano. Molto più probabilmente l’amministrazione Trump cercherà altri modi per aumentare la pressione sull’Iran come, per esempio, lanciando una serie di nuove sanzioni nominalmente volte all’abbandono di un programma missilistico finora escluso da qualsiasi accordo».

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