Pittella: «L’Europa dei ragionieri
fa il gioco dei populisti»

di Paolo Mainiero
Domenica 22 Gennaio 2017, 22:56
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Gianni Pittella, capogruppo dei Socialisti e democratici al Parlamento europeo è convinto che l’Europa sia arrivata a un bivio decisivo. «O si cambia e si imbocca la strada della crescita o l’onda lunga della destra populista non si fermerà».


 Con l’elezione del popolare Antonio Tajani alla presidenza del Parlamento europeo può ritenersi chiusa la fase della grande coalizione?

«La grande coalizione è finita prima dell’elezione di Antonio Tajani. La fine dell’alleanza tra socialisti e popolari è la conseguenza di una riflessione politica maturata negli ultimi mesi. È giusto che tra S&d e Ppe ci sia una sana dialettica e ci sia una cooperazione su singoli dossier. Altra cosa è un’alleanza strategica. Su economia, patto di stabilità, migranti ci sono idee e posizioni diverse. Da una parte c’è una visione ultra-liberista che tiene troppo strette le briglie del patto di stabilità; dall’altra, la nostra, c’è un’idea di economia che deve essere sostenuta dalla mano pubblica per favorire investimenti e crescita».

L’accordo tra Ppe e Alde per l’elezione di Tajani sposta più a destra l’asse politico dell’Europa?

«Sicuramente. L’elezione di Tajani è avvenuta con il contributo determinante dei conservatori, tra i quali i britannici favorevoli alla Brexit e i nazionalisti polacchi. Il voto dà la chiara idea dello spostamento a destra».


La crisi dei socialisti accomuna vari paesi europei, a partire da Francia e Spagna. Non crede che occorra fare anche una sana autocritica?

«Assolutamente sì. C’è una riflessione che va portata avanti con coraggio. Si è fatta strada l’idea che con la caduta del muro di Berlino tutto potesse affidarsi solo alle virtù del mercato, rinunciando all’azione pubblica e dimenticando che vi sono aree di sofferenza sociale che hanno bisogno di politiche di inclusione e di sostegno. La conseguenza è stata che gli emarginati, le periferie, i disoccupati, i giovani senza lavoro sono stati quasi obbligati a scegliere, un po’ in tutta Europa, movimenti populisti che tuttavia offrono una medicina sbagliata. I socialisti sono stati troppo timidi e devono riscoprire la voglia di combattere recuperando i loro storici valori e i loro naturali riferimenti sociali».

Sabato scorso a Coblenza c’è stato un raduno dei capi della destra europea con Marine Le Pen e Matteo Salvini e la tedesca Frauke Petry. Come si ferma l’onda lunga del populismo?

«L’insediamento di Trump e il raduno di Coblenza sono due immagini eloquenti e fotografano il senso di un profondo cambiamento. Se aggiungiamo Putin e Erdogan abbiamo una istantanea drammatica».

Nel 2017 si vota in Olanda, Francia e Germania e, forse, in Italia. Ovunque, i populisti sono ben accreditati nei sondaggi.

«Le forze populiste non vanno sottovalutate, sono molto abili a sfruttare le paure dei cittadini e a speculare sui bisogni delle fasce deboli. E sono bravi a presentare gli altri come un tutt’uno indistinto. Ecco perchè la formula della grande coalizione non funziona, anzi può dare linfa ai populisti che presentano S&d e Ppe sullo stesso piano e riescono a far passare Schäuble uguale a Renzi. Ma non è così. Abbiamo idee diverse. I socialisti vogliono allentare le rigidità del patto stabilità e si battono per cambiare il fiscal compact. Schäuble vuole punire l’Italia e la Grecia, è il soldato che controlla lo zero virgola e pensa di impartire lezioni all’Italia chiedendole di mettere i conti a posti. Ma l’Italia i conti li ha a posto e sta fronteggiando con fermezza l’emergenza terremoto».

Il presidente del consiglio Paolo Gentiloni si dice certo che l’Europa non avrà difficoltà a riconoscere all’Italia margini di flessibilità trattandosi di «circostanze eccezionali». Il governo italiano riuscirà a convincere Bruxelles?

«Solo chi è sordo e cieco può intestardirsi a una visione ragionieristica. L’Europa muore se è solo numeri. Se l’Europa è quella dello zero virgola fa il gioco dei Le Pen e dei Salvini e dei Grillo. L’Europa avrà un futuro se sarà capace di dotarsi di un progetto politico. Nei prossimi giorni sottoporrò queste questioni a Juncker, che è un politico e non un burocrate».

La presidenza Trump rischia di isolare gli Usa o l’Europa?

«Gli effetti della politica di Trump potranno essere da sprone all’Europa. Il protezionismo potrà aprire una prateria se l’Europa saprà muoversi sul piano internazionale guardando all’Africa e all’America Latina. Il mondo non può essere solo Trump, Putin e destra populista. L’Europa torni protagonista, recuperi la sua visione originaria e si proietti nel mondo come portatrice di diritti umani, di giustizia, di uguaglianza».

Guardando alle faccende italiane, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano è pronto a contendere la segreteria del Pd a Matteo Renzi. Può nascere nel Pd un fronte meridionalista?

«Ho grande stima per i governatori meridionali e del grande lavoro che stanno svolgendo.
Questa è la loro missione. Puntare ad altro può significare un danno per il Pd e può distogliere l’attenzione verso l’impegno preso con i cittadini. Sono convinto che non esista politicamente un fronte dei governatori del Sud. Renzi è l’unico leader che può realizzare veramente il cambiamento, anche nel Mezzogiorno».
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