Rog è azzurro ma manca
l’ultimo colpo

di Mimmo Carratelli
Lunedì 29 Agosto 2016, 23:27
4 Minuti di Lettura
 C’è un tweet che gira nell’etere e approda sui nostri computer. È il tweet di benvenuto di Aurelio De Laurentiis al ventunenne croato Marko Rog, promettente centrocampista della Dinamo Zagabria e faccia da bravo e tosto ragazzo, capelli lisci con scriminatura a sinistra, occhi grigio-azzurri, preso dal Napoli per 13,5 milioni di euro. E con questo, twitta il presidente, il centrocampo è completo.

Nella essenzialità dei 140 caratteri del tweet, il presidente aggiunge: «È un acquisto che arricchisce il centrocampo e che affido alla sapiente mano di Sarri». Poi, non resistendo alla metafisica del pallone che è in tutti noi, sentenzia che il nuovo giocatore «darà la possibilità di utilizzare più moduli passando da un centrocampo a tre a un centrocampo a due a seconda dell’avversario». Oplà! Anche Aurelio entra ufficialmente nella lista dei quaranta e più milioni di commissari tecnici del Bel Paese, tutti esperti di formazioni, moduli, trucchi e trovate per battere l’avversario, nella quale da sempre figurano, a maggior ragione, i presidenti delle società, soprattutto quelli che si ritengono depositari della scienza calcistica, per esperienza o per ispirazione divina, e pertanto hanno la fregola di «fare la formazione».

Sono i portatori insani di un femminismo pallonaro, «la squadra è mia e la gestisco io», che ha provocato, da Berlusconi a Zamparini, passando per il nostro caro Roberto Fiore, conflitti celebri con i tecnici regolarmente assunti e anche stimati. Ricordiamo i «siparietti tecnici» tra Fiore e l’indimenticabile Bruno Pesaola. E sono note le «intromissioni» del Cavaliere con gli allenatori del Milan.

Peggio, il vulcanico friulano Maurizio Zamparini, nel calcio dal 1987, ne sa sempre una più del diavolo e cento più degli allenatori che assume al punto che, in trent’anni, ne ha licenziati 57 perché nessuno capisce di pallone quanto lui. Dopo dodici anni, da quando apparve su un mitico destriero bianco a liberare il Napoli dalle segrete della Fallimentare, Aurelio De Laurentiis, reduce da un salutare tour a vela tra le Eolie, disquisisce da competente di calcio com’è nel diritto di ogni italiano anche se non sancito dalla Costituzione. Non c’è niente di male. Il calcio sembra l’algebra. Scopertene le formule essenziali, si presume di saper risolvere ogni equazione. Ma se la matematica, di cui l’algebra fa parte, è un’opinione, come assicura il professor Guido Trombetti, soave esperto in materia, contraddicendo la contraria credenza comune, il calcio più della matematica è solo un’opinione.

Un presidente agguerrito come De Laurentiis, con un bilancio societario in ordine, tre memorabili plusvalenze (Lavezzi, Cavani, Higuain) e una squadra competitiva e spettacolare, avrebbe altre equazioni da risolvere che non siano quelle tattiche, un hobby pericoloso. Però è dimostrato che la carne (calcistica) dei presidenti è debole e la tentazione di «fare la formazione» è forte. Anche con Reja, Aurelio vibrò qualche «insulto tattico». «Abbiamo giocato per perdere» urlò dopo il match con la Lazio e l’eliminazione dalla Coppa Italia e fu quasi rissa nello spogliatoio. Nel maggio scorso, forse in disaccordo con l’impiego continuo della squadra dei titolarissimi, De Laurentiis, preso Tonelli, da amorevole sostenitore del turnover ebbe a dire a Sarri: «Poi saranno cazzi tuoi, li dovrai fare giocare tutti e diciannove».

Uno spunto gliel’ha dato anche Gabbiadini quando De Laurentiis ha velatamente ipotizzato un attacco a due punte con Manolo e Milik. Ora siamo alle alternative del centrocampo. Si stanno rovesciando i ruoli. Il presidente fa il tecnico e l’allenatore, nel silenzio della società, fa il dirigente che protesta su arbitri e compagnia bella. Ognuno torni al suo ruolo. Manca un giorno alla chiusura del calciomercato. È in questo spazio di tempo che vorremmo un presidente-presidente e non un presidente-allenatore. Non si può dire che De Laurentiis non sia stato abile in questi anni azzeccando anche la scelta dei tecnici (Reja, Mazzarri, Benitez per l’internalizzazione della squadra, Sarri). Ma quest’anno al calciomercato ha regalato fuochi fatui (Herrera, Kramer, Klassen, Wanda Nara più che Icardi, Tolisso, Toljan, Candreva, Mammana, Mangala) promettendo orgogliosamente un Super Napoli. Si sta svenando per Maksimovic, insegue Kalinic, ha mollato la caccia a un valido portiere per far fronte alla preparazione ridotta di Reina. Ha portato a casa una magnifica, promettente e bella gioventù (Diawara, Rog, Zielinski, Milik).

È mancato il crack mentre si raccolgono sospiri e sussurri su Cavani.
Presi i 90 milioni di Higuain (la metà subito in cassa), De Laurentiis li ha investiti quasi tutti (Tonelli 12, Giaccherini 1,5, Milik 33, Zielinski 15, Diawara 15, Rog 13,5). Sono in arrivo i proventi della Champions, trenta milioni a prima botta. La cassa non piange, il Napoli può spendere (ma 30 milioni per Maksimovic sembrano una bestemmia). Si spera che alle 11 di domani sera non si debba cantare con Mario Cavaradossi «l’ora è fuggita» dopo che per due mesi di trattative e non-trattative avevamo cantato «e lucevan le stelle». De Laurentiis ha un cappello a cilindro? Tiri fuori il coniglio. Tiri fuori la stella.

 
© RIPRODUZIONE RISERVATA