Martone, con Eduardo nelle periferie
«Il sindaco del rione Sanità» con i giovani del Nest e la compagnia di Luca De Filippo

Martone, con Eduardo nelle periferie «Il sindaco del rione Sanità» con i giovani del Nest e la compagnia di Luca De Filippo
di Giuseppe Montesano
Venerdì 27 Maggio 2016, 02:32
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Fra poco saranno settant’anni dal 1960 in cui Eduardo De Filippo scrisse «Il sindaco del rione Sanità»: e questa che è tra le più misteriose opere di Eduardo, fascinosamente ambigua e irritantemente e sottilmente senza soluzioni, un’opera che mette al centro un camorrista che diventa «sindaco» effettivo del rione Sanità nell’assenza di una legge e di uno stato giusti, ma che ovviamente non può che usare metodi ingiusti, verrà riportata in scena da Mario Martone nella nuova stagione dello Stabile di Torino. Ma la vera sorpresa, oltre al fatto che Martone incontri Eduardo, è che la compagnia che porterà sul palcoscenico «Il sindaco del rione Sanità», sarà la compagnia lasciata orfana dalla morte del suo capocomico: Luca De Filippo. E le sorprese non finiscono, perché con la compagnia di Luca De Filippo Martone coinvolgerà anche gli attori dei laboratori di Nest, esperienza di teatro «nella» e «per la» società che agisce a San Giovanni a Teduccio: un’esperienza ideata e coordinata da Adriano Pantaleo, Francesco Di Leva e Carmine Guarino, che in una ex palestra hanno creato laboratori per i giovani e i bambini e ospitato compagnie importanti come Teatri Uniti. Poco o niente ancora si sa del progetto artistico di Martone, ma i punti di partenza sembrano essere già tutti in queste scelte molto forti, che probabilmente daranno vita a una sorta di laboratorio semi-permanente. 

La scelta di questo Eduardo è di per sé difficile: che può dirci ancora una sorta di giustiziere buono che agisce dentro una condizione di illegalità? A salire in primo piano sarà il pessimismo quasi assoluto di una delle pièce più nere di Eduardo o sarà l’idea che bisogna ripensare ai significati di legale-illegale in certi contesti? La tentazione di decifrare le scelte di Martone è molto forte: prima, perché un regista contemporaneo, ricco di esperienze che vanno dall’avanguardia a Buchner, sceglie Eduardo e sceglie un Eduardo estremamente brechtiano o comunque risolvibile teatralmente forse solo attraverso un’elaborazione da teatro epico; poi, perché un regista contemporaneo nella visione si mette a capo di una compagnia radicata nella tradizione e si collega a un laboratorio radicato nel sociale; e, infine, perché tutto questo assume un deciso significato politico: far rivivere la compagnia di Luca De Filippo è un gesto socialmente attivo, positivo, politico. 

C’è forse nel progetto di Martone una volontà di tornare in qualche modo indietro? Impossibile: dopo il lavoro di Servillo, che ha passato una lama sulla «tradizione» non autentica ma oleografica di Eduardo, ha disincrostato quella «tradizione» dai napoletanismi e ha portato il teatro di Eduardo in un territorio in cui i tempi e i ritmi sono quelli del contemporaneo, sarebbe impossibile, poco proficuo e «contronatura» tornare indietro per un regista avvertito e lucido come Martone. Una cosa è certa: l’interrogarsi intorno a certi archetipi di onore e di giustizia che vengono da lontano, e che ancora resistono nella camorra contemporanea sia pure attraverso metamorfosi che li hanno resi quasi irriconoscibili, è non solo benvenuto ma necessario: andando per tutte le possibili vie. 
Dal Martone di «Morte di un matematico napoletano» a quello dei «Dieci comandamenti» di Viviani a questo del «Sindaco» di Eduardo sembrerebbe tessersi una trama: sicuramente non semplice, ma certo interessante.

Eduardo costruì «Il sindaco del rione Sanità» su una sorta di distacco dall’azione diretta: quasi tutto ciò che accade nel corso della rappresentazione del «Sindaco del rione Sanità» accade fuori scena, e viene raccontato e commentato in scena, un po’ come accadeva nel teatro greco. Un distacco che gli serviva in un certo senso a mantenere le distanze da un personaggio che nella sua interpretazione finiva in ogni caso per essere «attraente», perché in Antonio Barracano Eduardo faceva apparire un’idea di «giustizia» anarchica e al di fuori della legge che nella sua visione profonda era ingiusta con i deboli, e quindi non era vera giustizia: e incarnare l’ambiguità di Barracano era per Eduardo una sfida e un tour de force. E chi sarebbe oggi Antonio Barracano? E che genere di giustizia potrebbe mai realizzare un post-Barracano o un Barracano-post? E a chi lancia davvero la sfida Barracano-Eduardo? Una sfida che da Eduardo si trasmette ora a Martone, ed è accresciuta dai settant’anni trascorsi dalla prima del «Sindaco del rione Sanità»: ma ben vengano le sfide nella cultura, le ibridazioni nel teatro e la circolazione di idee. Curiosi e fidenti aspettiamo il nuovo «Sindaco del rione Sanità».
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