L'università contro la logica dei boicotti e dei divieti

di Roberto Tottoli
Mercoledì 17 Aprile 2024, 23:17
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Viviamo in una realtà, quella italiana, in cui la conoscenza del mondo e della storia altrui non è particolarmente diffusa. Il panorama sociale, religioso, e più genericamente umano, è cambiato clamorosamente negli ultimi trent’anni, eppure il dibattito e il confronto anche politico non sembrano accettare di fare i conti con la nuova realtà. Cambiarla è un dovere per chi fa della conoscenza delle lingue e delle culture del mondo la propria vocazione – un dovere verso le generazioni che stiamo formando e verso l’Italia che stiamo costruendo.

L’Università “L’Orientale” è nata quasi trecento anni fa, primo istituto in Europa, come luogo aperto allo studio del mondo e oggi ha centinaia di accordi internazionali con Università e istituzioni di tutto il mondo, in luoghi impensati ma che sono mete quotidiane per chi insegna il mongolo e il georgiano, lo swahili e il somalo, l’albanese e lo sloveno, l’arabo e l’ebraico. Per questa vocazione, per questi interessi, per rispetto dell’attività di ricerca e di scambio di studentesse, studenti e docenti, non può essere ammessa nessuna forma di boicottaggio.

L’unica forma di boicottaggio che tutte le Università italiane dovrebbero mettere in atto è quella contro la guerra, il che significa mantenere tutti gli accordi internazionali, e promuoverli il più possibile, con tutte le Università e le accademie di ogni paese, perché è nello scambio di studentesse e studenti, nella reciproca conoscenza, che si può realmente e concretamente costruire un futuro di pace.

L’Università deve essere il luogo del rispetto, che lascia esprimere tutte e tutti, e che lascia a chiunque lo spazio per coltivare le relazioni che ritiene opportuno, senza costrizioni, senza divieti, senza condizionamenti. L’Università non obbliga nessuno a recarsi in paesi che gli possano creare imbarazzo né impedisce a nessuno di prendere parte a istituzioni, associazioni o fondazioni.

La buona università lascia che ognuno abbia la possibilità di esprimersi. Se si facesse breccia il principio di boicottare altre istituzioni universitarie, dopo Israele a chi toccherebbe? Anni fa qualcuno aveva proposto un boicottaggio della Svizzera per il referendum contro i minareti.

È poi venuto il turno della Turchia dopo il tentato colpo di stato, dell’Iran per le politiche interne. E sulla cinquantina di conflitti che sono accesi nel mondo come dovremmo regolarci in un Ateneo che ha nella parità di dignità di ogni cultura la propria natura costitutiva? L’Orientale ha la scuola di africanistica più importante in Italia. Insegnamenti che guardano a paesi che definire problematici è poco, tra crisi politiche e militari continue, oltre alle tragedie umanitarie. Dovremmo rinunciare a formare giovani appassionati di questo mondo e ideali mediatori per tutti noi verso realtà lontane che si fanno sempre più vicine? Le pressioni per imporre il volere di minoranze, lo sappiamo bene, non sono nuove.

Anzi, sono il pane quotidiano in paesi non lontani da noi che controllano e limitano la libertà di espressione. Un’Università che lasci lo spazio al rispetto reciproco, che non innalzi muri e crei ponti è l’unica Università che abbia senso, anche se costa fatica. Come costa fatica reggere l’urto di minoranze che spesso rispondono a logiche esterne e che vedono nell’Università un luogo di visibilità e impunità. Ma oggi più che mai si deve affermare il principio di rifiutare ogni violenza, ogni imposizione di un pensiero unico. Lo si deve alla storia delle nostre istituzioni ma soprattutto alla tragedia che si sta vivendo in Palestina e Israele.

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