Alitalia, allarme del governo
già sparita dagli aeroporti del Sud

Alitalia, allarme del governo già sparita dagli aeroporti del Sud
di Francesco Pacifico
Martedì 21 Febbraio 2017, 08:40 - Ultimo agg. 19:33
3 Minuti di Lettura
Per andare da Roma a Napoli si spende il doppio di quanto una low cost chiederebbe per Praga o Berlino. Da Torino a Palermo, dove non c'è il diretto, si paga anche il triplo. Più in generale, per i circa 30 milioni di passeggeri che partono ogni anno dagli scali del Sud, sono in attività appena una trentina di rotte (e quasi una decina sono stagionali). E di queste soltanto quattro sono internazionali: il BariTirana, Mosca che si può raggiungere (ma d'estate) da Palermo e Catania, che è collegata anche con San Pietroburgo. In questi giorni Alitalia, vicina al terzo turnaround dell'era privata per evitare il fallimento, lotta per non sparire dal panorama del trasporto italiano. Ma nel Mezzogiorno l'ex compagnia di bandiera è già in molte zone un ricordo.

«Anche se volesse», spiega l'economista della Bocconi Oliviero Baccelli, «Alitalia non ha neanche gli aeromobili per aumentare i voli al Sud. Che sono indispensabili per creare un sistema di hub and spoke su Milano e Roma per il feederaggio del traffico internazionale. Senza contare che già oggi il Fiumicino-Capodichino o il Linate-Lamezia Terme sono comunque poco remunerativi per la difficoltà di raggiungere un equilibrio tra passeggeri trasportati e quelli che transitano negli scali».

Complici l'allarme terrorismo che ha messo fuori gioco le località del Maghreb, il basso costo del petrolio e la parità tra euro e dollaro, il Mezzogiorno si è ritrovato con ondate di turisti inaspettate. E del trend hanno beneficiato quasi tutti i suoi aeroporti: Fontanarossa a Catania, primo nel Sud, ha visto crescere il traffico dell'11,4 per cento, con i passeggeri saliti a 7,9 milioni; Napoli, ottava realtà nazionale, è aumentata del 9,9 per cento con 6,775 milioni di viaggiatori; Palermo dell'8,4 per cento a quota 5,325 milioni di turisti; Bari dell'8,8 per cento con 4,3 milioni di movimenti. Un boom che però è legato per lo più allo sbarco massiccio delle low cost (Ryanair, Easy Jet, Vueling) che ormai staccano la metà totale dei biglietti e che ogni anno aprono nuove rotte nazionali e internazionali.
Da tempo Alitalia riduce la sua presenza nel Sud, ma il processo si è intensificato soprattutto nell'ultimo triennio. Proprio nel 2014 la Sagat di Torino chiese aiuto alle autorità per bloccare la decisione di cancellare i voli diretti per Alghero, Bari, Catania, Lamezia, Reggio Calabria e Palermo, lasciando collegamenti soltanto verso Napoli e Roma. Sempre nello stesso periodo sarebbe iniziata un alleggerimento nelle commesse garantite per la manutenzione all'Atitech di Napoli, un tempo controllata proprio dalla Magliana. E su questo crinale si è arrivati all'estate scorsa, quando il vettore ha annunciato di voler abbandonare Reggio Calabria.

Le rotte verso il Sud, tranne poche eccezioni (come la Roma-Catania o la Milano-Palermo) sono economicamente poco sostenibili. «Se il load factor, l'indice di riempimento, sui voli verso il Mezzogiorno dovrebbe essere intorno al 70 per cento, dieci per cento sotto il livello minimo per rendere un volo remunerativo, la compagnia di bandiera sostiene un costo del lavoro e paga passaggi alle società di gestione degli scali superiore ad almeno il 20 per cento di quello sostenuto dalle low cost», nota Andrea Giuricin dell'Istituto Bruno Leoni.

È lunghissima la lista di condizioni che rende il mercato del Sud sempre meno accessibile per Alitalia. Dove si è investito qualcosa, come dimostrano la sala vip a Napoli o le basi light per la manutenzione. Alla Magliana si vuole presidiare l'area, non fosse altro perché i 30 milioni di viaggiatori sono un bacino imprescindibile per fare feederaggio, per riempire i voli destinati alle mete europee e internazionali che partono da Milano e Roma. Ma non mancano ostacoli di natura infrastrutturale o politici. Sul primo versante è indicativo che a Bologna si sta lavorando per aprire nel 2019 una monorotaia tra il Marconi e la stazione ferrovia, che a Venezia il Marco Polo vuole estendersi fino al porto dei vaporetti, «mentre i tempi per portare i binari dell'alta velocità a Fiumicino o a Malpensa sono incerti», nota Giuricin. Difficile aprire poi rotte internazionali, che l'alleanza Skyteam (guidata dall'ex socio forte Air France) contingenta al vettore italiano.

Continua a leggere sul Mattino Digital