Pd, in Campania è fuga per pochi
i signori del voto con l'ex premier

Pd, in Campania è fuga per pochi i signori del voto con l'ex premier
di Adolfo Pappalardo
Mercoledì 22 Febbraio 2017, 08:16 - Ultimo agg. 08:17
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Avvolti, alcuni, dai tormenti. Ma anche legati a doppio filo, i più, ai calcoli e ai voti personali. Capire, cioè, se conviene restare o lasciare il Pd. Ma non è un ora o mai più perché come le gocce che, a poco a poco, aprono fiumi carsici, la deriva anti Pd rischia seriamente d'allargarsi. D'altronde è stato proprio il ministro Delrio in fuori onda a dire: «Sarà una cosa come la rottura della diga in California, si forma una crepa e l'acqua dopo non la governi più». Ecco.

Lo teorizzano i parlamentari scissionisti, agguerriti come in trincea, riunitisi ieri sera a Roma per dare vita, già da venerdì a gruppi autonomi alla Camera e al Senato. Mentre in un ufficio a piazza Barberini l'eurodeputato Massimo Paolucci (118mila voti alle ultime Europee), con i gradi conquistati sul campo di organizzatore per il Mezzogiorno di ConSenso da sei giorni stila liste, pianifica, organizza. E raccoglie nuove adesioni per la nuova rotta bersanian/dalemiana. Per ora 40-42 a Montecitorio, 12-14 al Senato. In prima fila due eletti a Napoli: Guglielmo Epifani e Luisa Bossa. Ma si aggiungeranno l'ex capogruppo di Sel Arturo Scotto e il collega Ciccio Ferrara, campano ma eletto in Emilia e considerato il legale rappresentante del nuovo movimento dell'ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia. Difficile guardare ai loro numeri in termini di voti ma è dato alto il loro peso specifico. Tra Ferrara, l'ala dura della Fiom dalla metà degli anni 80 quando Pomigliano era ancora una roccaforte rossa ed Epifani che è l'ex segretario nazionale Cgil e a cascata si porterebbe fuori dal Pd, molto probabilmente, il consigliere regionale Gianluca Daniele. E con quest'ultimo i suoi 17mila voti. Non pochi se, più sopra, con un serbatoio di consensi praticamente certificato, ci sono solo Mario Casillo e Lello Topo con, rispettivamente, 31mila e 20mila voti alle ultime regionali. Voti che rimangono al Pd renziano e abbastanza per fare il bello e il cattivo tempo quando si dovrà scegliere il nuovo segretario napoletano e regionale. Dall'altro lato, con Bersani: Elisabetta Gambardella (vice presidente pd non eletta in consiglio ma con 9mila preferenze prese) come l'ex vicesegretario pd Enrico Todisco (3300 voti). Sempre a guardare l'Irpinia, lì le truppe dalemiane posso contare su Mimmo Sarno, presidente delle Acli e l'ex presidente della Provincia, Alberta De Simone. Tornando a Napoli, invece, i fuoriusciti smentendo l'idea di essere solo un gruppo di vecchi rancorosi legati al fu Pci possono contare su Marco Sarracino, segretario 27enne dei giovani democratici. Più complicata la partita a Salerno dove il partito è blindato a filo doppio sulle scelte dell'ex sindaco e governatore De Luca (tranne Federico Conte e Simone Valiante radicati a Sud della provincia). E se lui sta con Renzi, nessuno osa cambiare linea. E al congresso l'ex premier fiorentino potrà contare nella roccaforte deluchiana su un serbatoio di voti enorme. Perché lì il candidato che porta la federazione turbodeluchiana, si chiami Bersani o Renzi, vola sempre oltre il 72 per cento. Matematico. Conta poco? Non proprio: i voti salernitani pesano sul congresso nazionale per un 2 per cento. Senza contare come, conti alla mano, Napoli e Salerno insieme hanno più votanti al congresso democrat di tutta la Lombardia o il Piemonte.

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