Iaia Forte a Napoli:anche il teatro riscopre il ciclone Elvira Notari

Al San Ferdinando la vicenda della regina del cinema muto: il fascismo censurò i suoi film

Iaia Forte e Andrea Renzi
Iaia Forte e Andrea Renzi
di Luciano Giannini
Mercoledì 8 Maggio 2024, 08:07 - Ultimo agg. 13:44
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Coincidenza non indifferente: la presentazione di uno spettacolo su Elvira Notari, coraggiosa imprenditrice del cinema muto napoletano con la sua Dora film e il marito Nicola, vessata dal fascismo in ascesa di fine anni Venti, avviene nello stesso giorno in cui i giornalisti Rai scioperano contro «l’uso della tv pubblica come megafono del governo». Censura ieri, oggi, sempre: l’arma di ogni potere. Il suo fantasma aleggia anche nel foyer del San Ferdinando, dove Iaia Forte, Andrea Renzi e il regista Gianfranco Pannone, noto documentarista napoletano prestato ogni tanto al teatro, illustrano «Cinemamuto», drammaturgia del romano Roberto Sacchetti, che da domani a domenica 19 concluderà la stagione del San Ferdinando.

Dopo l’oblio, la Notari diventa oggetto di interesse: l’anno scorso Giuliana Bruno, napoletana che insegna ad Harvard, le ha dedicato il libro Rovine con vista; si progetta una fiction; e, da poche settimane, Iaia ha terminato le riprese, per Raiuno, di un documentario diretto da Valerio Ruiz. Chi era la Notari? L’attrice: «Salernitana, artista e imprenditrice, donna dal carattere fortissimo, - era “La marescialla” - anticipò il neorealismo».

Pannone: «Con i suoi film tra mélo e sceneggiata, ha rappresentato l’anima autentica di Napoli, quella popolare». Ed entrambi precisano: «Mostrare la miseria del vicolo, i bassifondi, l’anarchica vitalità partenopea non piaceva al regime».

Lo spettacolo, infatti, in un ambiente anonimo, «un po’ cinema, un po’ ufficio», mette in scena in cinque quadri i confronti, avvenuti tra il 1925 e il 1928, tra Elvira e Leone, «che è il suo opposto», spiega Renzi, «funzionario colto, alto-borghese, rigido, fedele al ruolo assegnatogli dal partito, attento a tutelare la nuova immagine dell’Italia». E lei? «Restò fedele, ma soltanto a se stessa».

Pannone: «Leone rimbrotta, consiglia - ordina - di ammorbidire, cambiare, tagliare fino all’incomprensibilità le sceneggiature di eccessivo impatto realistico». Iaia: «Anche la lingua napoletana, che noi usiamo in scena, è sottoposta a critiche. Insomma, le sottrassero il linguaggio espressivo».

In questo contesto, l’allestimento offre al pubblico sia canzoni che vanno da quelle d’epoca a Mario Merola, sia la possibilità di rivedere alcune sequenze dei pochi film rimasti della Notari.

Pannone: «Tra esse, ci sono quelle, rinvenute di recente, di una processione a Trevico, la terra di Ettore Scola; perché Elvira, oltre girare per le strade, fondare una società di produzione, istituire una scuola di cinema, fu anche tra i primi a esportare il cinema italiano all’estero. Andò negli Usa, tra gli emigranti, che le affidarono il compito di filmare immagini dei loro paesi, per avere memoria delle radici».

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Alla fine, «vittima delle pressioni e delle minacce, la Notari abbandonò tutto e si ritirò a Cava de’ TIrreni, dove morì nel 1946», aggiunge Iaia». E Pannone: «Il suo silenzio corrisponde anche all’arrivo del cinema sonoro, ma noi puntiamo tutto sui rapporti con la dittatura». Iaia: «È impressionante come la censura possa togliere pensiero e voce a un essere umano... impressionante anche il cortocircuito col presente».

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