Tap, il gas dal mar Caspio per sette milioni di famiglie

Tap, il gas dal mar Caspio per sette milioni di famiglie
di Nando Santonastaso
Domenica 28 Ottobre 2018, 08:00
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Porterà il gas naturale dai giacimenti del mar Caspio, in Azerbaijan, all'Italia passando per Grecia e Albania. E' uno dei 248 progetti di interesse comunitario che farà affluire in Europa fino a 10 miliardi di metri cubi di gas all'anno una volta a regime (pari al fabbisogno energetico di circa 7 milioni di famiglie), riducendo la dipendenza dalla Russia per l'approvvigionamento energetico. Quanto costerà non è mai stato chiaro ma la stima di 4,5 miliardi di dollari, più volte affermata sul piano internazionale, sembra la più credibile o comunque vicina al vero: i capitali sono quasi interamente privati ma ad essi sono stati aggiunti i prestiti concessi dalle maggiori istituzioni finanziarie europee, dalla Banca degli investimenti (Bei) alla Banca per lo sviluppo (Bers). Il Tap (l'acronimo sta per Trans Adriatic Pipeline) è solo la parte finale di un lunghissimo gasdotto che trasporta il metano del colossale giacimento di Shah Deniz, gestito da un consorzio che porta lo stesso nome, in Azerbaijan appunto, verso il vecchio Continente, tagliando in due la parte sudorientale dell'Europa e i Balcani. Un serpentone lungo 878 km di cui la maggior parte (550) in Grecia e soltanto 8 km in Italia, tra San Foca, Melendugno e Mesagne nelle province di Lecce e Brindisi dove da mesi si è concentrato il fronte avverso all'opera, con la nascita del Momento No Tap e il sostegno di Regione Puglia, Comuni e movimento 5 Stelle preoccupati per le eventuali conseguenze all'ambiente. Un fronte che ha spaccato anche il governo, con la Lega sin dall'inizio favorevole alla prosecuzione dei lavori e i grillini convinti di poterli bloccare.
 
Un braccio di ferro caratterizzato da proteste, tensioni, ricorsi alla magistratura penale e amministrativa che hanno pesantemente condizionato i tempi di realizzazione dell'opera. I lavori del Tap, la cui proprietà è suddivisa in percentuali più o meno paritarie ta gli italiani di Snam, gli inglesi di British Petroleum, gli azeri, i belgi di Fluxys, gli spagnoli di Enagas fino agli svizzeri di Axpo, sono infatti iniziati regolarmente in Albania e avrebbero dovuto concludersi, secondo l'originario-cronoprogramma, nella seconda metà di quest'anno. Il gas avrebbe dovuto iniziare a fluire lungo i quasi 4mila km di tubi (è la distanza tra il giacimento azero e il punto di arrivo in Salento) a partire dall'1 gennaio 2019. Ora c'è una nuova data, l'1 gennaio 2020 e il consorzio Tap conta di rispettarla.

Al centro delle contestazioni, come detto, l'impatto ambientale dell'approdo del gasdotto sulla spiaggia di San foca e Marina di Melendugno che secondo il fronte del no rovinerebbe per sempre l'habitat naturale, il paesaggio, l'attrattività turistica e le colture agricole della zona, a cominciare dagli uliveti. In realtà il progetto del gasdotto, dichiarato legittimo sul piano tecnico e delle procedure autorizzative dall'attuale ministro dell'Ambiente Costa, prevede il passaggio al di sotto della costa salentina attraverso un microtunnel di circa 45 km mentre una condotta interrata, lunga altri 8,2 km, permetterà di bypassare l'area balneare e di tutelare la fascia costiera, con la conduttura cioè sempre interrata e invisibile a bagnanti e visitatori. Da San Foca, in particolare, il gasdotto si dirigerà verso Mesagne in provincia di Brindisi per allacciarsi alla già esistente rete della Snam e garantire la nuova, massiccia fornitura di metano a tutta la rete nazionale.

I lavori sono iniziati nel 2015 in Albania e in Italia nel maggio 2016 dopo l'approvazione un anno prima del progetto da parte del governo Renzi. Ad agosto 2018 i lavori del Tap risultavano completati per il 75 per cento con particolare riferimento a Grecia e Albania. In Italia è stato finora realizzato il pozzo di spinta mentre è slittato più volte tra tensioni, tentativi di occupazione del cantiere e il sequestro parziale del cantiere da parte della magistratura salentina, l'avvio dei lavori del microtunnel che dovrebbero durare 120 giorni. Nel 2017 la Corte costituzionale aveva giudicato inammissibile il conflitto sollevato dalla Regione Puglia contro lo Stato per l'autorizzazione del gasdotto (la Regine ha sempre insistito sulla necessità di spostare più a Sud, in provincia di Brindisi l'approdo dell'opera).

Un progetto del genere ha avuto, peraltro, ed ha tuttora ripercussioni anche sulla geopolitica internazionale. Gli Stati Uniti ad esempio hanno sempre sostenuto la necessità di realizzare il gasdotto perché permetterebbe loro di aumentare le esportazioni di gas liquido in Europa e nel contempo di intaccare gli interessi di Mosca, sottraendole un'arma importante a livello, appunto, geopolitico. Al contrario gli Usa hanno sempre visto di cattivo occhio il gasdotto che la Germania sta realizzando per conto proprio per aumentare l'importazione di gas dalla Russia, il cosiddetto Nord stream 2, nonostante il clima tutt'altro che tranquillo tra russi e ucraini, questi ultimi ancora strettamente dipendenti dalla fornitura del gas di Mosca. Anche per questo la via meridionale del gas può cambiare molte delle carte sul tavolo negli squilibri energetici europei e internazionali.
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