«Il capocella», carcere e diritti alla biblioteca Annalisa Durante

«Il capocella», carcere e diritti alla biblioteca Annalisa Durante
Venerdì 22 Febbraio 2019, 19:10 - Ultimo agg. 23 Febbraio, 16:00
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Si è tenuta stamattina, alla Biblioteca Annalisa Durante a Forcella, la presentazione del libro spettacolo “Il capocella”, di Vincenzo Russo, con la regia di Costantino Punzo. Tante sono state le testimonianze condivise prima della rappresentazione teatrale, tra cui quelle di don Franco Esposito, cappellano di Poggioreale, Pietro Ioia, ex detenuto, Carmela Esposito, moglie di un detenuto che ha fondato l'associazione "Gioco di squadra Onlus", Giovanni Durante, che ha ricordato le lettere ricevute dai detenuti di Poggioreale dopo la morte di Annalisa, del presidente dell'Associazione intitolata alla stessa Annalisa Giuseppe Perna, del consigliere regionale Gianluca Daniele, della consigliera comunale Maria Caniglia, dell'avvocato Riccardo Polidoro,  del pediatra e parlamentare Paolo Siani.

Nel corso dell’iniziativa è stata sviluppata la proposta di aprire una biblioteca nel carcere di Poggioreale, intitolata ad Annalisa e animata dagli ex detenuti, e uno spazio per l'attesa di entrata al parlatorio attrezzato dalla Fondazione Polis della Regione Campania per i bambini e i familiari dei detenuti. Un'altra pagina importante, all'insegna della speranza e del cambiamento, soprattutto sul versante della tutela dei detenuti.

 “Da poco, ho iniziato, come capogruppo del Pd, a lavorare anche in commissione bicamerale Infanzia e Adolescenza e tra qualche giorno la commissione, su mia proposta, effettuerà insieme al garante dei diritti dei detenuti della Campania, Samuele Ciambriello, una visita all’ICAM di Lauro”, ha sottolineato Paolo Siani. “Con la legge n.62 del 2011, contenente disposizioni in tema di detenute madri, sono stati introdotti i cosiddetti Icam, gli Istituti a Custodia Attenuata per Madri detenute, in cui i bambini possono restare fino al sesto anno vicino alle genitrici. Il tutto sempre su base esclusivamente volontaria. Gli Icam in Italia sono pochi, e, anche se assomigliano più ad asili che a prigioni, rappresentano pur sempre una limitazione della libertà per i bambini. Sono un’esperienza da comprendere, ma anche da superare”, ha aggiunto Siani.“Sarebbe necessario un altro istituto previsto dalla stessa legge del 2011, quello delle case famiglia protette. Quanto meno nei casi di detenute, condannate a reati non gravissimi, servirebbero a tutelare non solo un diritto sacrosanto delle donne, quello alla maternità, ma soprattutto a fare in modo che i bambini non si trovino a scontare pene per colpe che non sono loro”, ha concluso Siani.

 
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