Avellino, intervista Michele Pazienza: «Difficoltà alle spalle, tifosi decisivi nei playoff Serie C»

«Vincere il campionato? L'obiettivo era chiaro»

Avellino, intervista Michele Pazienza: «Difficoltà alle spalle, tifosi decisivi nei playoff Serie C»
Avellino, intervista Michele Pazienza: «Difficoltà alle spalle, tifosi decisivi nei playoff Serie C»
di Riccardo Cannavale
Venerdì 10 Maggio 2024, 10:21
5 Minuti di Lettura

Accettare Avellino è stato per Michele Pazienza un po' come lasciare la sua zona di comfort per lanciarsi in un agone che lo riportasse alle tensioni, alle attese, ai successi di quando, mediano di poche parole e tanta quantità, calcava i terreni della serie A. Con maglie non proprio leggere da indossare.
Allenatore, inteso come persona in grado di fornire una guida, un'indicazione ed aiutare gli altri a raggiungere un obiettivo, Pazienza lo è sempre.

Anche quando si tratta di confrontarsi non con uno spogliatoio ma con una platea di giornalisti.
Prima di parlare con Michele Pazienza occorre allineare la connessione. Stabilire un linguaggio comune. Facendo attenzione a non farla cadere quella connessione. Forse c'è questa partecipazione pulita all'interlocuzione che lo porta a sorridere poco. Ma ad essere sempre sincero e trasparente.

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Mister, partiamo dall'inizio: quando Perinetti l'ha chiamata a settembre cosa le ha detto? Se lo ricorda?
«È andato, come suo solito, subito al sodo.

Mi ha chiesto se conoscevo la squadra, il club, la piazza».

Le è stato chiesto di vincere il campionato?
«Il direttore è stato chiaro in tutto. L'obiettivo dichiarato è sempre stato quello di arrivare tra i primi posti».

Com'è stato l'impatto con Avellino e l'Avellino?
«Avevo bisogno di vivere lo spogliatoio per conoscerne i dettagli. Non basta avere un'idea tecnica dei singoli. Allenare un gruppo di ragazzi significa capire ogni sfaccettatura, le dinamiche che il gruppo sviluppa, gli equilibri da incastrare. Anche dal punto di vista morale ed umano. La conoscenza delle persone va sempre approfondita. Non si può avere lo stesso atteggiamento con tutti. Così come, per conquistare ed affermare la personalità, è necessario avere atteggiamenti che non facciano perdere di credibilità».

C'è stato un momento della stagione in cui ha pensato che la sua esperienza ad Avellino stesse giungendo al capolinea?
«I momenti difficili ci sono stati. Il più pesante la contestazione a Potenza dopo soli 20 minuti di gioco. Lì ho avuto la percezione che qualcosa non andasse più. Ho analizzato quella situazione generale con tutti, con il mio staff, con i ragazzi. Io che ho sempre chiesto il massimo impegno, la massima disponibilità però non potevo fermarmi. Lo dovevo innanzitutto a me stesso».

L'inizio del girone di ritorno è coinciso con la flessione più evidente. Si rimprovera qualcosa in quel periodo?
«Sicuramente ci sono state nell'arco della stagione delle situazioni in cui abbiamo avuto fretta. E in cui anche io ho commesso qualche errore. A gennaio abbiamo fatto delle scelte che hanno richiesto del tempo per dare i frutti che ci attendevamo».

Che peso specifico ha avuto il secondo posto?
«Innanzitutto metterlo nel mirino è stato determinante per il fattore ambientale. Non era scontato. Affrontare i playoff con la nostra gente al fianco può darci un bel vantaggio».

Esperienza, freschezza atletica, ambiente caldo: qual è la ricetta per andare avanti nei playoff?
«Stare bene fisicamente e mentalmente è fondamentale, motivo per cui abbiamo staccato per qualche giorno dopo Crotone».

Da calciatore ha avuto tanti allenatori importanti: da Spalletti a Pioli, da Conte a Mazzarri. Ce n'è uno a cui si ispira di più?
«Ho cercato di prendere da ciascuno ciò che si avvicina di più al mio modo di essere. Ai calciatori va trasmessa la propria personalità. Se fai un copia e incolla si accorgono che stai provando a trasmettere qualcosa che non è tua. E non sei più credibile».

Quanto conta la gestione delle emozioni in un gruppo di 25 elementi durante un'intera stagione?
«I calciatori sono esseri umani con le loro emozioni. Non sono robot. Spesso lo si dimentica. Fanno tanti sacrifici, rinunciano a vivere la vita di un ventenne anche se si tratta di ragazzi che guadagnano di più dei loro coetanei. E poi, con il tempo, è lo stesso tempo che ti restituisce il conto».

Gli addetti ai lavori ritengono che il suo sia il miglior attacco di tutta la serie C. È d'accordo?
«Sono i più forti non solo per i gol realizzati ma anche per l'atteggiamento mostrato. Un esempio su tutti: Marconi. In allenamento, in campo, c'è sempre. Avere a disposizione attaccanti forti mi ha aiutato nelle rotazioni anche se qualche volta ho esagerato. E non ho alcuna vergogna a dire che ho chiesto scusa ai diretti interessati».

Sgarbi l'ha sorpresa?
«Sgarbi è maturato con grande velocità. Lo seguivo sin dai tempi della Primavera del Napoli ma non mi aspettavo che riuscisse a fare cose così importanti in questa piazza in così breve tempo».

Cosa pensa del suo gruppo?
«Che ha valori importanti. Ci sono personalità forti, qualcuno va gestito, qualcuno va seguito: ma il gruppo è unito».

Chi preferirebbe incontrare, una squadra del nostro girone o una novità?
«I playoff sono un altro torneo. Quindi ogni squadra è diversa, anche quelle che abbiamo già affrontato. È importante arrivarci bene».

Pazienza ad Avellino può aprire un ciclo?
«Abbiamo posto solide basi per farlo. C'è un progetto. Ma il focus ora è sui playoff».

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