Il Napoli alla prova buccia di banana

Il Napoli alla prova buccia di banana
di Maurizio De Giovanni
Sabato 31 Gennaio 2015, 23:43 - Ultimo agg. 23:45
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C’è poco di buono, nelle bucce di banana. Una volta terminato il proprio ruolo di involucro protettivo dell’ottimo frutto, che viene divorato con gusto approfittando appunto della maneggevolezza che proprio la gialla scorza consente, la buccia viene gettata via perché non serve più. E siccome qualche screanzato non mette, nel gettarla via, la dovuta cura, accade spesso che la buccia di banana di ritrovi al suolo, magari proprio al centro della strada. È allora che la buccia offre il peggio di sé: diventa un vero pericolo, rendendo scivolosissimo il cammino dei distratti e fornendo insperato lavoro a tutti i reparti di chirurgia ortopedica dei dintorni.



Sono terribili, le bucce di banana. Terribili per chi non pone la giusta attenzione nel procedere verso il sol dell’avvenire con un precario e spesso ingiustificato ottimismo derivante, per esempio, dall’aver percorso un pezzo di strada a una velocità che non si sperava di poter mantenere, dato il cammino faticoso in salita del primo pezzo di via.



E tuttavia qualcosa di buono ce l’hanno, le bucce di banana: sono ben visibili, perché sono gialle striate di nero come un segnale di pericolo, evidenti sul nero dell’asfalto del marciapiedi. Certo bisogna guardare a terra, per vederle: ma se sarà capitato diverse volte di scivolarci e cadere, camminare col naso all’insù è davvero da fessi.



Alle porte della trasferta di Verona, sponda Chievo, il Napoli si ritrova ad avere un futuro che fino a un mesetto fa sembrava al di fuori della capacità di sognare dei più ottimisti tra i tifosi. Grazie a un semifilotto di vittorie, intervallato solo dall’assurda partita coi soliti bianconeri, e alla corrispondente involuzione di gioco e di tenuta atletica della Roma, è ora a soli sette punti dai giallorossi (che hanno pareggiato ieri sera con l’Empoli in casa) e in possesso, e questo è un vantaggio non da poco, di una bella vittoria per due a zero nello scontro diretto. Significa che se si recuperassero, durante il lunghissimo cammino residuo, questi sette punti e per esempio si pareggiasse o si perdesse con un gol di scarto nella gara di ritorno all’Olimpico, sarebbero gli azzurri ad approdare all’ambitissimo traguardo del passaggio diretto alla fase a gironi della prossima Champions. Significa che, in quella fantastica eventualità, i probabili partenti per altri lidi ci penserebbero due volte, prima di esprimere la volontà di lasciare squadra e tifosi al loro bel destino. Significa che, sempre se accadesse, il Vesuvio diventerebbe un luogo desiderabile per calciatori ambiziosi di mettersi in vista, e di entrare in una società finanziariamente solida che paga gli stipendi con puntualità.



Tuttavia sette punti (con una partita in più da giocare: potenzialmente quattro) sono assai meno di quella dozzina che erano un mese fa, ma pur sempre tanti tenendo presente che, appunto, lo scontro diretto del ritorno sarà in trasferta. Poco male, si dirà: gli azzurri di quest’anno dimostrano più volentieri, lo dicono i numeri, la propria forza in trasferta. Vero: soprattutto per i punti gettati al vento contro le cosiddette piccole, quando si avrebbe dovuto vincere a mani basse e invece per amnesie difensive, balbettamenti a centrocampo e occasioni gettate al vento in attacco si è pareggiato o addirittura perso.



È qui che si configura la questione della buccia di banana. Il colore della maglia del Chievo ricorda molto questa pericolosa scorza, e l’attitudine degli azzurri a scivolarci sopra. Peraltro i veronesi non sono in condizione di giocare per il pari al Bentegodi inguaiati come sono, al terz’ultimo posto e con poche ragioni d’entusiasmo: questo magari consentirà qualche spazio in più rispetto alle barricate col contropiede, che il Napoli soffre tanto.



E tuttavia non è del Chievo che il Napoli deve aver paura, ma di se stesso. Di quella strana capacità di spezzare il sogno quando si ritrova sulla soglia del salotto buono, e ha un’irrazionale, incomprensibile paura di entrare. La Roma è alle viste, e perde i pezzi (tristissima la vicenda di Strootman, al quale ogni sportivo vero ha il dovere di augurare un veloce ritorno al terreno di gioco e una ritrovata condizione fisica e di salute) avendo anche ceduto Destro, e scontando l’assenza di Gervinho e Keita per la coppa d’Africa. È il momento di affondare il colpo, accorciando il divario in attesa del recupero di uomini chiave come Zuniga e soprattutto Insigne. È il momento di stare attenti a dove si mettono i piedi, perché la differenza enorme tecnica e tattica che c’è coi clivensi non dà luogo a dubbi. È il momento di cominciare a vincere queste partite, perché gli scontri diretti con le concorrenti, Roma a parte, saranno tutti al San Paolo e anche perché puntare con decisione al secondo posto è il modo migliore per poter sperare di raggiungere il terzo, traguardo minimo ammesso per poter continuare il famoso progetto di crescita. Occhi a terra, quindi, e attenzione. Ora non si può più scivolare sulle bucce di banana.
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