Pompei, pezzi trafugati e restituiti:
una mostra sulla «maledizione»

Pompei, pezzi trafugati e restituiti: una mostra sulla «maledizione»
di Susy Malafronte
Mercoledì 16 Novembre 2016, 08:50
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Pompei. Affascinanti, di valore incalcolabile. E maledetti. Gli oggetti rubati e restituiti agli uffici della Soprintendenza nel corso dei decenni da turisti pentiti (e anche un po' spaventati) diventano protagonisti di una mostra. Il titolo dell'allestimento è significativo: «Il corpo del reato».

Pietre, tessere di mosaico, anforette: c'è di tutto nella collezione dei souvenir proibiti che la Soprintendenza, su progetto del direttore del «Grande Progetto Pompei», il generale dei carabinieri Luigi Curatoli, ha deciso di mettere in vetrina nell'Antiquarium della Pompei antica a partire dal 16 dicembre, nell'ambito degli eventi del cartellone natalizio. Souvenir tornati al legittimo proprietario perché ritenuti portasfortuna, in qualche modo maledetti: una «maledizione» che per la città sepolta dall'eruzione del 79 dopo Cristo ha funzionato come un potentissimo antifurto.

Da almeno trent'anni i responsabili della Soprintendenza di Pompei registrano il ripetersi di questo singolare fenomeno: agli uffici di Porta Marina, ma anche all'azienda di soggiorno ed agli alberghi di Sorrento e Napoli, arrivano con cadenza più o meno regolare plichi contenenti reperti trafugati durante la visita agli scavi.

Nelle lettere allegate si chiede scusa per il gesto, e puntualmente si snocciola il rosario dei problemi avuti al ritorno a casa. C'è chi ha perso il lavoro, chi ha avuto incidenti stradali, chi ha scoperto allergie. Una leggenda «nera», quella che gravita intorno a Pompei, molto radicata, che affonda le radici nel suo triste destino di città distrutta in modo drammatico.

«Dopo aver a lungo riflettuto sul gesto compiuto ho deciso di restituire il pezzo rubato: dal momento dell' ingresso dei frammenti archeologici nella mia abitazione per i componenti della mia famiglia sono cominciati i guai», è il tenore delle lettere. Molti si firmano, molti preferiscono mantenere l'anonimato. Il giovane Albert Casagrande, inglese di origine napoletana, rubò un frammento di un intonaco decorato da una domus e da quel giorno la sua vita si è diventata in incubo: ha perso entrambi i genitori in un incidente aereo, ha perso il lavoro e la moglie lo ha lasciato. Un anonimo spagnolo, invece, scrive che il tassello di mosaico trafugato ha scatenato la «malasuerte».

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