Il vino nell’arte: dai versi di Alceo
alla pittura napoletana dell'800

Il vino nell’arte: dai versi di Alceo alla pittura napoletana dell'800
Lunedì 27 Marzo 2017, 10:15 - Ultimo agg. 10:25
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Vino, arte, cinema, scienza, cultura ed economia. Sono stati gli ingredienti di un appuntamento quanto mai suggestivo del Sabato delle Idee interamente dedicato al vino, in tutte le sue declinazioni storiche, artistiche, antropologiche, filosofiche, economiche e scientifiche.

 

«Il ruolo centrale che il vino e la vite hanno avuto nello sviluppo della civiltà nei territori della “mezzaluna fertile” e del Mediterraneo si sono da sempre tradotti in una grande fortuna di questi temi anche nell'arte figurativa, nelle immagini» ha detto Pierluigi Leone de Castris, direttore della Scuola di Specializzazione in Beni storici artistici dell’Università Suor Orsola Benincasa. E ha ricordato: «Nell'antichità il vino, la vite e l'uva sono associati al tema della vita, della nascita, della rigenerazione, del tempo, del lavoro dell'uomo, ma anche del piacere e dell'ebbrezza. La Bibbia dice che Noè, uscito dall'arca e con la terra sconvolta dal diluvio, “piantò una vigna” – e dunque la vite è la prima pianta con cui rinasce la Terra –; mentre i versi del poeta greco Alceo insistono sulla necessità del carpe diem, sulla brevità del piacere, ma anche sul legame del vino con la natura, le stagioni, il ciclo della vita e sulla sua capacità di rallegrare l'uomo e lenirne i dolori. Cogliamo bene tutto ciò nelle più antiche raffigurazioni del vino e della vite, dai rilievi e le pitture egizie con scene di vendemmia, a quelli greci e magno-greci con scene di coltivazione, di raccolto o più spesso di banchetti e libagioni».

«Il vino – ritenevano gli antichi – ha però anche la proprietà d'inebriare l'uomo e insieme di accostarlo al divino. Esso viene in qualche modo divinizzato attraverso la figura di Dioniso, e questo processo apre le porte a un nuovo modo di concepire i frutti della vite: non solo legati al tempo, alle stagioni dell'uomo e della terra, ma consegnati piuttosto all'eternità. Sin dall'origine della rappresentazione del vino e dell'uva, dunque, all'aspetto narrativo, descrittivo della natura e della quotidianità, si sposa un aspetto simbolico. Questa trasformazione tocca il suo apice nel mondo cristiano. Nei vangeli il vino diventa il sangue di Gesù, simbolo non più solo della vita, ma anche del sacrificio e della morte di Cristo, e, per questa via, della salvazione del genere umano. L'arte dell'Occidente cristiano si muoverà, di qui in avanti, su questo doppio registro. Natura, paesaggio, lavoro dell'uomo, recupero anche dell'Antico, della tradizione classica, e insieme rappresentazione simbolica, allegoria cristiana; raffigurazioni dell'Ultima Cena ma anche immagini ad esempio del paesaggio rurale – come nella vigna ben coltivata dipinta da Lorenzetti nei suoi Effetti del Buon Governo in Palazzo Pubblico di Siena (1338) – o anche dei mesi dell'anno e dei lavori dell'uomo, con la vendemmia e la preparazione delle botti a rappresentare la stagione autunnale» ha aggiunto de Castris.


«Questo - ha ripreso il docente - il doppio binario dell'immagine del vino nell'arte, nel Medioevo ma anche in età moderna; con una prevalenza, tuttavia, fra '4 e '500 e specie nell'età della Riforma e della Controriforma, per le immagini simboliche del sacrificio di Cristo: da quelle più semplici al Cristo-vite di Lorenzo Lotto nell'oratorio di Trescore (1524) o alla bizzarra iconografia del “torchio mistico”, del Cristo il cui sangue viene spremuto e dato da bere a tutti. In quest'epoca, tuttavia, e poi fra '6 e '700, non mancano i settori dove la fortuna del vino nell’arte non dipende più dal messaggio cristiano e dall'interpretazione simbolica. Ad esempio nella pittura e nella scultura legate al tema del recupero della tradizione classica, e nelle rappresentazioni dunque di Bacco, di Sileno, di baccanali, molto amate da umanisti, cultori della classicità, aristocratici e collezionisti, da Jacopo Galli ad Alfonso d'Este.
Oppure nel genere del ritratto, dove talora compare, a qualificare il personaggio e i suoi costumi, un bicchiere di vino; nella natura morta, dove abbondano le uve e i calici; e infine nella scena di genere, dove il vino e l'ebbrezza vengono talora rappresentati con intenti moralistici e caricaturali, talora e più spesso come elementi fondamentali - assieme alla musica, al gioco e al sesso - di una vita basata sul piacere ma non necessariamente condannata.
Al di là di questi differenti approcci al tema dell'eccesso e del vizio, occorre dire che è questa linea più laica, quella di un ritorno dell'immagine del vino al suo ruolo nella vita quotidiana, il lavoro e anche il piacere, che caratterizzerà l'arte europea al passaggio tra l'età moderna e quella contemporanea. I dipinti napoletani di Vendemmia di Hackert e Celebrano, a cavallo fra '7 e '800, e, ormai fra '8 e '900, le scene d'osteria o le tavolate imbandite, ricche e povere, di Catel, di De Nittis o di Morbelli, ci danno bene il senso di questo recupero deciso dell'immagine del vino come elemento di socialità, di gioia, di tepore e, in buona sostanza, di vita
».

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