Mister Geox: «Abbiamo sottovalutato Donald»

di Nando Santonastaso
Sabato 21 Gennaio 2017, 23:35
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Mister Geox è tornato da Davos - era uno dei pochi italiani presenti al meeting svizzero - più preoccupato e perplesso di prima. Trump, la Brexit, la debolezza dell’Europa: per Mario Moretti Polegato, fondatore e presidente del colosso multinazionale delle calzature e del life style, 30mila dipendenti diretti e indiretti, presente in più di 100 Paesi, Usa compresi, lo scenario che si profila all’orizzonte sul piano globale non offre molto di rassicurante. «E guardi, non parlo solo dal punto di vista dell’imprenditore: quello che sentiamo e vediamo dovrebbe interrogare tutti, famiglie e risparmiatori italiani in testa», dice con l’abituale franchezza. 

Le parole del nuovo presidente degli Stati Uniti sul “comprare americano” sono rimbalzate anche a Davos: che impressione ne ha avuto intanto sul piano umano?
«A Davos io vado ormai da 12 anni. Abbiamo sempre parlato della globalizzazione come occasione storica per accrescere le opportunità di sviluppo culturale, economico e di benessere per le popolazioni di tutto il mondo: stavolta no, quest’anno a Davos abbiamo avuto la percezione di un mondo decisamente diviso. Gli americani con il loro patriottismo hanno annunciato in sostanza di voler chiudere o limitare le importazioni per favorire la loro crescita, incuranti delle pesanti conseguenze negative per chi esporta come l’Italia; i cinesi vogliono invadere il mondo anche con la loro cultura e si pongono come player di una frontiera per loro inedita come<HS9>quella del libero mercato; e gli inglesi rinunciano al libero scambio nell’area del libero scambio più grande del mondo».

Trump è in buona compagnia, pare di capire...
«Quando il neo presidente americano ha annunciato quello che aveva promesso in campagna elettorale, si capisce benissimo che non siamo più a livello di ipotesi ma di scenari credibili. Se la più grande potenza economica del mondo ci vuole chiudere spazi e possibilità di libera circolazione delle merci e delle persone vuol dire che siamo di fronte ad una preoccupante svolta epocale: dovremo iniziare a dire ai nostri giovani che il sogno della moneta unica o della possibilità di andare liberamente da un Paese all’altro sta per finire».

Fenomeno irreversibile, presidente?
«Mah, io credo che un po’ tutti abbiamo sottovalutato Trump. Ma attenzione, questo non significa che dobbiamo rassegnarci al peggio. Tutt’altro. Io resto convinto che ogni progresso abbia bisogno di questo genere di scosse. Nel senso che problemi come la disoccupazione o la trasparenza delle banche restano con tutto il loro peso all’attenzione di questi nuovi governatori. Dovranno farci capire come intendono affrontarli e possibilmente risolverli».

Il fatto è che l’Italia, ma non solo, conta poco o nulla in questo nuovo centro decisionale.
«È vero, non siamo noi italiani a dettare le regole del mondo. Ma, anche qui, facciamo attenzione. Fino a qualche anno fa in India per avere un telefono dovevano aspettare 5 anni e alla fine potevano riceverlo solo i ricchi. Oggi basta avere 30 euro e si comunica con tutto il mondo. Un italiano che vuole comprare un oggetto può farlo dove vuole lui perché è libero di scegliere quello che gli piace, grazie agli anni di libera circolazione delle merci che abbiamo vissuto. Ecco perché le nuove regole non possono stravolgere le conquiste già acquisite».

Ma lei che guida un gruppo multinazionale con interessi anche negli Usa cosa pensa che accadrà per il suo business?
«Noi abbiamo costruito come Geox un’azienda che non è quella tradizionale italiana, fondata cioè soltanto sulla qualità del prodotto e sulla capacità dell’imprenditore. Oggi siamo una multinazionale presente in 100 Paesi e tra le prime tre realtà mondiali nelle calzature e nel life style. Il nostro mercato americano non è così grande come quello europeo in termine di quantità di prodotti venduti e credo che se certe misure dovessero essere adottate dalle autorità americane influirebbero poco sulla nostra attività. Ma ovviamente mi auguro che non vengano mai prese anche se nessuno in questo momento è in grado di capire esattamente di cosa si tratta».

Avere l’Europa alle spalle farebbe comodo ma a quanto pare così non è...
«L’Europa si trova in questo momento in una situazione delicata. A Davos i rappresentanti inglesi hanno con molta determinazione confermato che andranno via e hanno fatto perfino gli auguri all’Ue per il futuro. Io non so come faranno a mantenere la leadership nei confronti degli altri competitors globali, penso alla Cina e agli Stati Uniti, ma il punto non è questo. È che di fronte a questo scenario occorrerebbe un’Europa forte, capace di non farsi schiacciare da Pechino o dall’America di Trump, capace di difendere l’euro e una politica bancaria e della Difesa comune. Purtroppo oggi c’è qualcuno che si sente già tedesco, nel senso che pensa all’Ue solo come espressione della Germania: così non andremo da nessuna parte».
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