Il Presepe dei Banchi: mercanti, usurai e debitori tra Benino e Ciccibacco

Lo straordinario allestimento nel cortile della Fondazione Banco di Napoli

Il Presepe nel cortile della Fondazione Banco di Napoli
Il Presepe nel cortile della Fondazione Banco di Napoli
di Vittorio Del Tufo
Domenica 21 Aprile 2024, 10:00
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«Può darsi il caso che il denaro manchi a un infelice cittadino e nel frattempo tempi crudeli lo opprimano: per questo servizio accumuliamo ingenti quantità di monete. Dopo aver deposto un pegno, diamo ciò che ci si chiede»

(Iscrizione sulla facciata della Carità, una delle due statue di Pietro Bernini che adornano il portale d'ingresso del Monte di Pietà) 

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Nei primi decenni del 500 il divario tra molto poveri e molto ricchi era immenso, i quartieri degli “ultimi” della città erano un tappeto di stracci, la ricchezza era concentrata nelle mani di poche famiglie: tutti gli altri, lazzari e disperati, si dividevano i resti. Nei primi decenni del 500 Napoli era la seconda città europea dopo Parigi; il suo porto commerciale era uno dei maggiori del Mediterraneo. Le strade erano affollate da nobili, commercianti, marinai, ma anche da tanta gente che cercava di sopravvivere espletando lavori saltuari e giornalieri. Quei cittadini non sapevano a quale santo rivolgersi per sbarcare il lunario. Per meglio dire: i loro “santi” erano gli usurai, che rischiavano di portarli dritti all'inferno. Proprio con l'obiettivo di sollevare dall'usura le fasce più deboli di cittadini nacquero in quel periodo i primi Banchi della città, gli antenati delle moderne banche.

Consultando i documenti dell'Archivio Storico del Banco di Napoli, un'autentica miniera di informazioni, apprendiamo che con il passare degli anni i banchi incominciarono ad accettare in deposito somme di denaro impiegate in prestiti con interessi e si convertirono in istituti di credito. Gli enti di beneficenza si arricchirono e, per supplire alla scarsità del denaro in circolazione, dettero vita all'uso della “fede di credito”, che iniziarono ad avere valore di atto pubblico e a sostituire, almeno in parte, la moneta metallica. Lo Stato si rivolgeva ai banchi pubblici per finanziare guerre, per pagare i rifornimenti dei viveri per la popolazione, per effettuare i lavori pubblici, i poveri vi ricorrevano per impegnare i loro beni, i ricchi, invece, per depositare denaro e preziosi».

Le sedi dei banchi pubblici napoletani erano collocate in alcune delle più suggestive zone del centro storico di Napoli, da via Toledo a piazza Castelnuovo, da San Biagio dei Librai a piazza San Domenico Maggiore, da via Tribunali a piazza del Mercato.

Nel teatro a cielo aperto del centro storico, gli antichi Banchi Pubblici diventano altrettanti palcoscenici dove nella cosmopolita società della Napoli del 500, capitale del viceregno spagnolo, si riconoscono usurai, ammalati incurabili, mercanti, orfani, carcerati per debiti insoluti, fanciulle pericolanti, cortigiani e funzionari del dazio; e insieme a questi gli uomini le donne e tutti coloro che si adoperarono per offrirvi assistenza, sostegno e servizi.

Un singolare ed affascinante presepe racconta quegli anni immaginando ancora in piena attività gli otto antichi Banchi napoletani. È il Presepe dei Banchi, ambizioso progetto della Fondazione Banco di Napoli (presidente Orazio Abbamonte, direttore Ciro Castaldo) con il Museo Cartastorie: è esposto nel cortile di Palazzo Ricca, sede della Fondazione, ed è stato realizzato dall'Associazione Presepistica Napoletana con l'obiettivo di ricostruire in ogni dettaglio le scene di vita quotidiana che si svolgevano davanti ai Banchi pubblici tra il Cinquecento e il Settecento, tra vicoli, slarghi, rampe, bassifondi, botteghe e taverne. Un autentico teatro della memoria viva nel quale, accanto alle figure tradizionali del presepe napoletano - la Sacra Famiglia e i Re Magi, Benino e Ciccibacco, il pescatore e la Zingara - emergono i volti spesso scarnificati, eppure dignitosi, della società napoletana di quel periodo; un archivio tridimensionale di storia, arte, cultura, religiosità e tradizione e in quanto tale custode di un patrimonio identitario unico da custodire e valorizzare. Curatore dell'allestimento è Vincenzo Nicolella, direttore artistico dell'associazione presepistica napoletana. 

Il Sacro Monte e Banco della Pietà è il primo, per fondazione, degli otto banchi pubblici napoletani. La sua attività, come Pio Monte dei pegni, risale al 1539. Erano gli anni di Carlo V, sul cui impero «non tramontava mai il sole», e del suo luogotenente napoletano, il mitico don Pedro del Toledo, l'artefice della trasformazione urbanistica della città. Erano gli anni della cacciata da Napoli della comunità ebraica, tradizionalmente dedica al prestito di denaro anche perché altre attività le erano precluse. Fu allora che alcuni gentiluomini napoletani, tra i quali Aurelio Paparo e Nardo di Palma, decisero, per combattere l'usura, di concedere prestiti gratuiti su pegno a persone bisognose, cominciando a ricevere anche depositi e dando così vita, nella seconda metà del secolo, all'attività bancaria. Un modello-Napoli che sarebbe stato presto replicato altrove. Per il trasferimento nella sede definitiva - in via San Biagio dei Librai 114 - bisognerà attendere il 1597, quando il banco comprò da Delizia Gesualdo, vedova di Girolamo Carafa, il prestigioso edificio di Spaccanapoli.

Il presepe napoletano è un contenitore in cui è possibile leggere la stratificazione nel tempo della società napoletana e delle vicende che si sono alternate coinvolgendo a vario titolo ogni suo strato. Così, accanto al Monte di Pietà, ecco il Monte e Banco dei Poveri nacque dall'iniziativa di alcuni avvocati e uomini di legge della Gran Corte della Vicaria. Nel 1585 il Monte fu autorizzato a fare attività di banco e nel 1599 si uni, definitivamente, ad ulteriore compagnia dal carattere filantropico-religioso, la Compagnia del Santissimo Nome di Dio. Dopo una breve permanenza nelle chiese dei Santi Apostoli e di San Giorgio Maggiore il Monte dei Poveri trovò la sua definitiva sede a Palazzo Ricca, acquisito nel 1616. Opera principale del Monte era l'aiuto e l'assistenza ai carcerati per debiti.

La Casa Santa dell'Annunziata offriva un servizio di deposito già dal tardo 400, ma la sua natura di banco pubblico fu riconosciuta nel 1587. Il Banco aveva la funzione di supportare le attività della Casa Santa. In realtà si trasformò in uno dei maggiori banchi del Regno e la sua gestione si distanziò man mano dagli obiettivi di tutela e cura degli Espositi. Nel 1702 il banco falli e chiuse i battenti. La sua sede fu sempre contigua a quella della chiesa dell'Annunziata. Il Banco del Popolo nacque per sostenere le attività della Casa Santa di Santa Maria del Popolo e dell'annesso ospedale degli Incurabili. Il principale compito del banco fu dunque quello di supportare finanziariamente il funzionamento dell'ospedale.

Il Banco di Sant'Eligio era collegato alla Casa Santa e Ospedale di Sant'Eligio. La sua finalità era quella di sostenere il funzionamento dell'ospedale e, trovandosi contiguo all'omonima basilica in Piazza Mercato, sostenere la comunità di mercanti e artigiani della zona. La sua gestione si caratterizzava per prevedere nel governo del banco un rappresentante dell'arte dei calzolai, a simbolo della partecipazione del certo mercantile e artigiano nella guida dell'istituto. Il Banco dello Spirito Santo, invece, nasce dall'azione della confraternita dei Bianchi, il cui principale compito divenne quello dell'assistenza alle giovani orfani o «pericolanti», cioè a rischio di condizione peccaminosa. 

Secoli di storia prendono forma e vita nel cortile di palazzo Ricca, in una singolare e straordinaria contaminazione di religiosità e tradizione popolare, con la ricostruzione puntuale di ogni dettaglio architettonico dell'edificio o del luogo dove operavano i banchi. Scene di vita quotidiana che fanno da corollario a quella della Natività con la Sacra Famiglia al riparo sotto il portale del Palazzo Ricca. Debito omaggio all'attuale sede della Fondazione Banco di Napoli che ospita il teatro a cielo aperto della nostra memoria. 

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