Marcello Colasurdo morto, addio all'icona neofolk e all'ultimo poeta della tammurriata

Il calvario del musicista che aveva 68 anni

Marcello Colasurdo
Marcello Colasurdo
Federico Vacalebredi Federico Vacalebre
Mercoledì 5 Luglio 2023, 13:53 - Ultimo agg. 6 Luglio, 15:01
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Non ce l’ha fatta, il re della tammurriata non c’è più. Marcello Colasurdo se n’è andato a 68 anni, sfiancato nel fisico dalla malattia. Ha lottato come il leone che era, finalmente assistito anche dalle istituzioni, oltre che dagli amici di sempre, anzi dai «compagni».

Era afflitto da un grave diabete, retinopiatia diabetica, gli avevano amputato la gamba destra fino al ginocchio, la vista lo aveva abbandonato dopo una caduta in casa ed un trauma cranico. Ma aveva tenuto duro, aveva ritrovato una quotidianità degna di questo nome, poi le sue condizioni si erano aggravate, gli era stata amputata anche la gamba sinistra, era entrato in coma e... ieri notte, al Cardarelli, il suo cuore non ha retto più.

Domani la cerimonia funebre a Pomigliano d’Arco, la sua Pomigliano d’Arco. Nato a Campobasso il 16 aprile 1955, si era trasferito qui a 10 anni, diventandone un simbolo.

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Colasurdo ha scritto la storia del folk revival italiano con il Gruppo Operaio di Pomigliano d’Arco ‘E Zezi, che dall’esordio nel 1975 con un lp come «Tammurriata dell’Alfasud» ad oggi hanno tenuta viva la voce di una comunità stretta tra industrializzazione e deindustralizzazione, due volte - o forse molte più - violentata nel nome del progresso.

 

Era la voce della Zeza, il pugno chiuso al termine di «’A Flobert», il vocione che si faceva strada in cortei e manifestazioni di lotta, prima ancora che nei dischi e nei concerti. Nel ‘98 si era staccato dal gruppo, scegliendo la strada da solista con una paranza e collezionando collaborazioni (Nccp, Daniele Sepe, 99 Posse, Almamegretta, Modena City Ramblers), ma anche apparizioni cinematografiche (da «Immacolata e Concetta» di Piscicelli a «L’intervista» di Fellini).

La sua tammorra è stata centrale anche negli anni Novanta del movimento studentesco della pantera, risuonando in cortili occupati senza mai mancare alle feste tradizionali delle sette Madonne, passando dai concertoni alle aie con la stessa immancabile certezza: «Meglio ‘na tammurriata che ‘na guerra». Icona neofolk, pronto ad accompagnare i femminielli di Montevergine come le proteste degli operai di quella che un tempo si chiamava Alfasud, ovunque ci fosse da fare musica, dovunque ci fosse una buona causa lui c’era.
Ciao, Marcello, ciao.

E sempre meglio ‘na tammurriata che una guerra.

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