Legno, un patrimonio sottoutilizzato: i numeri e le opportunità in Italia

Nonostante la seconda ricchezza boschiva in Europa, l'Italia importa l’80% del tessuto vegetale. Fabio Renzi, segretario generale di Fondazione Symbola: «Serve una gestione innovativa»

Legno, un patrimonio sottoutilizzato: i numeri e le opportunità in Italia
di Marco Barbieri
Mercoledì 8 Maggio 2024, 16:46 - Ultimo agg. 9 Maggio, 07:39
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Diciamo innanzitutto che l’Italia è già abbastanza verde.

Il nostro patrimonio boschivo, in Europa, è secondo solo alla Spagna, e conta circa 12 miliardi di alberi, più di 200 a cittadino. In termini di superficie vuol dire che circa il 40% del nostro territorio è coperto da boschi e foreste. Di più. Il rapporto State of Europe’s Forests 2020 documenta che, solo nel periodo 1990-2020, la superficie forestale italiana ha registrato una crescita annuale media pari allo 0,9%. Questa percentuale di incremento è quasi tre volte la media europea (0,3%).

«La superficie forestale complessiva negli ultimi 80 anni si è triplicata, dal 2005 al 2015 si è espansa di circa 53mila ettari all’anno, soprattutto a discapito dei terreni agricoli e pascolivi abbandonati nelle aree montane e rurali, dei terrazzamenti e delle storiche opere di idraulica forestale su cui scarseggia la manutenzione, fondamentali per la difesa dal rischio idrogeologico, lungo le contrade, intorno alle città, negli spazi interstiziali e degradati e periurbani» ricordano due ricercatori dell’Università di Padova, Davide Pettenella e Nicola Andrighetto. Quindi il processo di espansione e riconquista degli spazi da parte del bosco, non è frutto di una politica lungimirante di tutela e “rinaturalizzazione” del territorio, «bensì il risultato del progressivo spopolamento e abbandono colturale e gestionale del territorio in particolare delle aree rurali, montane e interne del Paese».

I nodi

E questo è il primo problema: il bosco che avanza e cresce somiglia più al cupo protagonista di tante fiabe a tinte fosche, piuttosto che al campione di un’arcadia mitica e improbabile, in cui la Natura si libera dell’uomo, considerato come negativo fattore di disequilibrio e condanna. E invece, senza l’intervento dell’uomo e della sua gestione il bosco fa solo paura. E procura danni. Fabio Renzi, segretario generale della Fondazione Symbola, cita la relazione che in Emilia Romagna venne fatta all’indomani della disastrosa alluvione del maggio dello scorso anno: «Il rapporto chiarisce come non sempre all’aumento di copertura forestale corrisponda una maggiore capacità drenante delle acque, anzi, l’aumento di densità arborea riduce la resistenza meccanica e la capacità di ancoraggio delle radici, favorendo e non contrastando fenomeni franosi, ribaltando ceppaie, soprattutto in boschi cedui abbandonati, mortalità di alberi e polloni che va ad alimentare il trasporto solido delle lave torrentizie, a mettere in pericolo infrastrutture lungo i corsi d’acqua».

Come una mano che trascina la tovaglia e tutto quello che c’è sopra.

Il bosco è una risorsa, ma deve essere gestita. Per difendere il territorio e per creare opportunità di crescita economica. «La prima priorità riguarda la gestione innovativa del patrimonio forestale – si legge in un recente documento della Fondazione Symbola – per renderlo più protettivo e più produttivo dando così vita a una filiera italiana del bosco, delle foreste, del legno-arredo e delle costruzioni e a cascata delle biomasse per fini energetici. Una prospettiva promettente per il nostro Paese che ha un notevole margine di crescita visto che importa dall’estero ben l’80% del legno, primo importatore al mondo di legna da ardere, pur essendo terzo in Europa, dopo Germania e Svezia, per soluzioni abitative in legno, terzo al mondo nell’export dell’arredo, dopo Cina e Germania, e secondo per saldo commerciale dopo la Cina».

Il settore del legno per l’edilizia ha un fatturato che sfiora i 700 milioni di euro, collocando l’Italia al quarto posto nell’Ue con una quota di mercato superiore all’8%. Il valore della produzione complessiva della macro-filiera italiana del legno si attesta sui 39 miliardi di euro, che, complessivamente, rappresenta circa il 4,5% del fatturato manifatturiero nazionale. C’è un grande futuro del legno: nei pannelli riciclati l’Italia è già leader mondiale; le paste di fibra legnosa possono ormai sostituire molte soluzioni affidate alla plastica, nella legna da ardere c’è grande spazio di crescita. «Nelle zone montane, dove la copertura del bosco arriva al 70% della superficie – aggiunge Renzi – bisogna rilanciare il presidio attivo dell’uomo. I progetti che stiamo realizzando nell’Appennino centrale, nell’area del sisma del 2016-2017, con la Struttura commissariale guidata da Guido Castelli, sono un laboratorio per tutto quel 66% di Italia che sta in montagna. Ci sono quattro progetti di filiera del legno che possono essere modello di collaborazione tra pubblico e privato per ridare futuro a uno dei materiali più utilizzati nel passato. Il legno avrà nuova vita».

Le risorse 

Eppure, il tasso di utilizzazione delle risorse forestali italiane è ancora basso. Secondo i dati del ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste (Masaf) il prelievo legnoso è stimato al 24% dell’incremento di volume, contro una media dell’Europa continentale che raggiunge il 54% dell’incremento annuo. A partire da una copertura forestale equivalente, la produzione di legno in Germania è oltre 10 volte quella dell’Italia. La superficie annualmente sottoposta a utilizzazione è inferiore al 2% e il prelievo legnoso nazionale nell’ultimo decennio viene stimato in valori di poco superiore a 9 milioni di metri cubi annui, di cui il 60% risulta costituito da legna. 

Una miniera sottoutilizzata, malamente gestita (anche per la parcellizzazione delle proprietà: il 63% dei boschi italiani risiede su terreni di privati cittadini) e poco monitorata. Concludono Pettenella e Andrighetto: «Un esempio che vale per tutti: gli effetti della tempesta Vaia del 2018 in Trentino, il singolo caso più significativo di danno al capitale naturale dell’Italia nella sua storia recente, non hanno avuto nessuna valutazione di carattere economico a livello di sistema statistico nazionale». 

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