Giugliano, nella villa confiscata al clan la biblioteca della legalità

I due immobili intitolati a due vittime innocenti della camorra: Alberto Vallefuoco e Raffaele Granata

Il gruppo per la festa dell'apertura delle nuove attività nelle ville confiscate
Il gruppo per la festa dell'apertura delle nuove attività nelle ville confiscate
di Serena Palumbo
Sabato 4 Maggio 2024, 01:11 - Ultimo agg. 08:31
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«La mafia uccide, ma il silenzio di più», si legge su un cartellone rosso retto da un bambino di dieci anni. A fianco le sue compagne di classe ne mantengono un altro «Ora tocca a noi». Dietro altri mostrano il volto di Giancarlo Siani e la scritta «Non c’è libertà senza legalità».

Sono gli alunni delle scuole di Giugliano che ieri hanno partecipato alla restituzione alla collettività di due edifici confiscati alla camorra nel loro Comune. Ora lì una biblioteca e una foresteria intitolate alle vittime di mafia.

Due ville di via Ripuaria che da covo del boss sono diventate simbolo di legalità. Ma prima del 2016, data della loro confisca, rappresentavano un simbolo. Quello del sodalizio tra il clan Petrone di Napoli e il clan Mallardo di Giugliano. Costruite con il beneplacito dei reggenti criminali giuglianesi, le case della fascia costiera erano diventate le residenze estive di Raffaele Petrone, reggente del clan Cimmino-Petrone. I pochi chilometri da Napoli consentivano al boss di trascorrere le vacanze nell’area flegrea tenendo sempre uno sguardo sui suoi malaffari tra il Vomero e l’Arenella. Occhio vigile fino al 2016, quando la Dia di Napoli lo arrestò all’età di 72 anni, ritenendolo figura egemone del clan Caiazzo – Cimmino.

Le condanne per lui furono associazione per delinquere semplice finalizzata a falso e truffa, estorsione, rapina, contrabbando, incendio, furto, appropriazione indebita e reati contro la pubblica amministrazione.

 

Da ieri quelle ville con le pareti rosso pompeiano non hanno più fuori la porta il nome del boss. Ma quelli di due uomini. Innocenti e onesti. Vittime di quella stessa camorra che prima lì abitava. Indelebili su due targhe ora si leggono Raffaele Granata e Alberto Vallefuoco. Il primo freddato dai sicari dei Casalesi l’11 luglio 2008 mentre apriva le porte del suo lido balneare di Varcaturo. Raffaele si era opposto al pagamento del pizzo. Il secondo, Alberto Vallefuoco, con la camorra non ci aveva mai avuto a che fare. Eppure il ventiquattrenne di Mugnano fu raggiunto a Pomigliano D’Arco da quattro colpi di arma da fuoco, mentre era in pausa pranzo da lavoro. Le confessioni di un pentito stabilirono che la morte di Alberto era stata un errore. Lui e i suoi colleghi erano stati scambiati per tre appartenenti al clan Cirella.

Ieri mattina una cerimonia ha segnato il definitivo cambio d’uso di quelle mura. Dall’illegale alla legalità che passa per la valorizzazione territoriale e la cultura. «Entrambe sono state affidate a delle associazioni – spiega il sindaco di Giugliano Nicola Pirozzi -. La prima alla Cidis Onlus e la seconda alla Pro Loco Domitia/Legambiente Giugliano. In una delle ville si realizzerà una foresteria, volta allo sviluppo di un turismo sostenibile. Nel secondo stabile una biblioteca sociale».

 Presenti l’assessore regionale Mario Morcone, il presidente Anci Campania Carlo Marino e il consigliere comunale delegato ai beni confiscati, Francesco Cacciapuoti.

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