Scampia, il rettore Matteo Lorito: «Vinta la sfida, investiamo in formazione»

«Il modello Napoli Est funziona, i giovani sono la risorsa del Sud»

Il rettore Lorito
Il rettore Lorito
di Giuseppe Crimaldi
Giovedì 9 Maggio 2024, 11:00 - Ultimo agg. 17:22
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«Abbiamo bisogno delle periferie e dei loro giovani. La Campania è, in proporzione, la regione più giovane d’Italia e bisogna essere pronti a scommettere sulla loro vita e sul loro futuro professionale».

Matteo Lorito è appena uscito dalla parrocchia della resurrezione di Scampia, dove ha partecipato - insieme al vescovo Mimmo Battaglia e al procuratore Nicola Gratteri - ad un incontro con un migliaio di ragazzi, studenti di cinque scuole del quartiere. Ed è raggiante. Dopo San Giovanni a Teduccio, la Federico II ha puntato sull’area settentrionale della città, sporcata dall’immagine di Gomorra: dimostrando che sì, si può fare, si può credere nel sogno dello sviluppo. Dall’ottobre del 2022 qui è attiva la nuova sede universitaria con il complesso che ospita i corsi di laurea triennale e magistrale delle professioni sanitarie. 

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È soddisfatto dell’incontro? 
«Scampia è una comunità sulla quale abbiamo investito tantissimo.

Qui sono venuti il Presidente della Repubblica, abbiamo portato due Premi Nobel, e qui stiamo aprendo nella Facoltà di Medicina laboratori e ambulatori. Scampia è un quartiere vivo, dove la stragrande maggioranza di gente è onesta e pulita. La nostra tabella di marcia non rallenta, e anzi procede spedita». 

La cultura, l’insegnamento, ma non solo. Come si traduce tutto questo in un volano di sviluppo per questi territori per troppo tempo considerati irrecuperabili? 
«Investendo sul capitale umano dei giovani. Ai ragazzi, oggi, ho raccomandato di dare valore alla loro vita. I dati ci indicano che siamo entrati in un inverno demografico pericoloso. Napoli e la Campania vanno in controtendenza, e bisogna essere pronti a scommettere sulla loro esistenza e sul loro futuro professionale. Qui i giovani sono una miniera d’oro. Oggi abbiamo disperatamente bisogno di questi ragazzi, simboli di un Sud che eccelle. So che i ragazzi oggi ascoltano storie sull’Università, vedono l’edificio, vedono gli studenti venire in ateneo, qui, nel loro quartiere. È importante che i ragazzi del posto non debbano andare per forza in centro città a vedere il palazzo antico per sentire la spinta a iscriversi e costruire un proprio futuro. Questo è il frutto della nostra fatica quotidiana, anche perché tenere aperte queste sedi non è facile». 0

Scampia, e prima ancora San Giovanni a Teduccio, due scelte indovinate.
«Anche San Giovanni è una scommessa vinta. Lì il nostro obiettivo punta alla formazione con le aziende e si può dire che rappresenti ormai una realtà, con un campus dedicato ai rapporti con il mondo del lavoro e della ricerca, ma anche con un modello di interconnessione con altri centri di formazione nel Mediterraneo. Scampia, invece, rappresenta una scommessa sul quartiere. Due realtà che si trasformano in simboli di un Sud che ha risorse, strumenti e capitale umano straordinari. E di questo dobbiamo essere tutti orgogliosi».

Con queste scommesse vinte siete riusciti anche in un’altra impresa: affrancare certe periferie da bolsi clichet che raccontavano della impossibilità di un loro recupero. È così? 
«Assolutamente sì. D’altronde non esiste alcuna periferia irrecuperabile». 

L’appetito viene mangiando. Quali sono adesso i nuovi progetti che la Federico II vuole realizzare?
«Uno è già definito e pronto per la realizzazione, e riguarda il nostro intervento a Caivano, dove abbiamo scelto di iniziare non con dei corsi di laurea, ma con delle “accademie” capaci di garantire corsi di perfezionamento destinati ai non laureati. Partiamo dalla gestione del verde: una grande opportunità che in sette-otto mesi garantirà la formazione necessaria a garantire tante professionalità. Poi c’è il secondo progetto, che è anche il nostro grande sogno».

Quale? 
«Napoli Est. Un’altra grandissima occasione di sviluppo: con l’intera area della ex Manifattura dei tabacchi e tutte le sue aree limitrofe. Un piano che è in linea peraltro anche con il grande progetto degli enti territoriali. Qui vogliamo realizzare grandi laboratori di ricerca. Il capitale umano lo abbiamo: tocca a noi saperlo sfruttare».

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