Napoli, il rione Sanità ricorda Genny Cesarano: «Ma ora basta spot»

Otto anni fa Genny fu ucciso a 17 anni in piazza Sanità

La cerimonia nella Basilica di Santa Maria della Sanità
La cerimonia nella Basilica di Santa Maria della Sanità
di Dario De Martino
Giovedì 7 Settembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 8 Settembre, 07:22
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«Non è vero che ci sono due Napoli. La città è una sola e non può più perdere i suoi figli». Le parole di Antonio Cesarano risuonano nella Basilica di Santa Maria della Sanità. La coincidenza è inquietante. Il giorno dei funerali di Giovanbattista Cutolo cade nell'anniversario della morte di Genny Cesarano. Otto anni fa Genny fu ucciso a 17 anni in piazza Sanità. E il padre, di fronte alla morte di Giò Giò si dice «ancora più indignato» di fronte a «spot e passerelle». Per questo il papà di Genny chiede «fatti». Lo dice anche chiaramente al sindaco di Napoli Gaetano Manfredi che ha partecipato all'evento organizzato nella Chiesa al centro di piazza Sanità, lì dove Genny è stato ucciso. E i fatti, per il papà di Genny, non stanno nell'arrivo in città «dell'esercito» ma «di un esercito di assistenti sociali e maestri di strada». E nonostante la disillusione, dice ancora: «Credo ancora che le istituzioni possano fare qualcosa per la città».  

Dopo la celebrazione per Genny Cesarano, officiata dal parroco della Sanità don Luigi Calemme, in chiesa è iniziato un momento di riflessione organizzato dalla fondazione Polis. Le parole di Antonio Cesarano formano un coro insieme con altri due padri di ragazzi vittime di violenza. Giannino Durante, il papà di Annalisa Durante, uccisa nel marzo 2004 a 14 anni, rivolge un appello forte: «Lo Stato, la Regione e il Comune si uniscano.

Altrimenti ci ritroveremo in un altra Chiesa a ricordare un altro ragazzo».

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Chi si batte, in silenzio, da tre decenni per un cambiamento della città è Gaetano De Pandi. «Le nostre parole possono suonare vuote rispetto al dolore di chi ha perso un figlio. Per questo dobbiamo fare i fatti», risponde il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi agli interventi dei tre genitori. Per Manfredi, però, «non dobbiamo dire che nulla è cambiato. Questo significa darsi un alibi e vanificare il sacrificio di queste giovani vite e delle loro famiglie». 

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