La fascia di capitano del Napoli al braccio del brasiliano nella prossima partita contro l’Atalanta - ecco il gesto che ci permettiamo di suggerire - può essere un modo per supportarlo in una battaglia di civiltà e non farlo sentire solo in un mondo dove in tanti adesso magari lo guarderanno quasi con sospetto, come se avesse raccontato una bugia (e non si sa con quale scopo). Napoli e il Napoli credono a Juan Jesus. E non soltanto loro, perché la sentenza di due giorni fa rischia di fare giurisprudenza e di condizionare la battaglia contro il razzismo che tutta la società, non soltanto il calcio, deve portare avanti con vigore e trasparenza. La prova di quanto accaduto al 13’ del secondo tempo di Inter-Napoli - se proprio il giudice sportivo Mastrandrea ne cercava una - era nello sguardo tra l’ira e la mortificazione del brasiliano, in quelle parole dette all’arbitro La Penna: «Mi ha chiamato negro, questo non è giusto». La giustizia, alla fine, non è stata giusta.
Sono state anche le parole ripetute ieri in un comunicato di 28 righe, in cui con lucida amarezza e assoluta determinazione Juan Jesus ha criticato il verdetto, immaginando che probabilmente in futuro ci sarà chi si tutelerà in maniera differente dalla sua - non ha voluto fare interrompere la partita - «per porre un freno alla vergogna del razzismo che, purtroppo, fatica a scomparire». Il giocatore ha legittime perplessità sulla sentenza: «Vai via nero, sei solo un negro: come si può ritenere questa frase offensiva ma non discriminatoria?». E altri suoi dubbi emergono su quanto accadde poche ore dopo Inter-Napoli, sul cambio di posizione di Acerbi - dalle scuse alla negazione dell’offesa - avvenuto «in ritiro con la Nazionale». Perché quel riferimento alla mattinata trascorsa dall’interista a Roma prima di essere rispedito dal ct Spalletti a casa in attesa di un’inchiesta che si è rivelata farraginosa e di una sentenza perlomeno discutibile?
Sembra strano, come si legge nella ricostruzione di Pino Taormina su queste pagine, che quella sera i due giocatori non siano stati ascoltati negli spogliatoi dagli inviati della Procura federale.